CAPITOLO XXIII

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POV Grace

Al mio risveglio, mi ritrovo con la mano destra ammanettata alla ringhiera di un letto. Sembra essere la camera da letto del figlio di Zemo. O più semplicemente mio cugino. "Oh andiamo" esclamo notando le manette. Provo a rimanere calma e studiare un piano di fuga.

"EHY! BRUTTI STRONZI. MI AVETE DAVVERO LASCIATA QUI AMMANETTATA? SE RIESCO A LIBERARMI GIURO CHE VI AMMAZZO CON LE MIE MANI!" urlo, ma nessuno risponde. Neanche Wade. Non sono in casa.

Potrei rompermi il metacarpo e liberarmi, ma quanto dovrei aspettare affinchè le ossa si ricompongano? Escluderei la chiave. Sicuramente Zemo se l'è portata con sè. Serve qualcosa di lungo e appuntito. Dove posso trovare una cosa simile? Non indosso mai fermacapelli o roba simile. Penso dovrò iniziare ad abituarmi perchè potrebbero essere utili in situazioni come queste.

Fermi un attimo. Questa è la casa di Zemo. Deve avere qualche nascondiglio da qualche parte. Anche lui ha dei nemici e deve difendersi in caso.

Ma non permette a nessuno di avvicinarsi a questa stanza. Se nasconde qualcosa non è di certo qui dentro. Sul comodino non vedo nulla che possa aiutarmi così apro i cassetti ma niente neanche lì.

Improvvisamente arriva un'idea. Mi levo il reggiseno senza levarmi la maglia. Devo riuscire a sfilare il ferretto al suo interno. Dopodichè ne utilizzo la punta per smanettare nella fessura dove andrebbe inserita la chiave e finalmente libera. "Ogni tanto essere donna ha i suoi vantaggi".

Tutto questo sforzo tende a riaprirmi la ferita al braccio e comincio a sanguinare. "Ci mancava solo questa". Cerco il mio zaino dove all'interno ho quello che mi serve per disinfettare e fasciare la ferita.

Una volta sistemato il braccio lascio la casa dirigendomi verso l'unico luogo da cui posso cominciare a cercare i miei genitori. L'orfanotrofio in cui sono cresciuta.

Ora conosco i loro nomi. Dovrebbe essere più semplice trovarli sapendo da dove avviare le ricerche. Cerco l'istituto su internet.

Arrivata sul posto l'istituto non era solo chiuso ma sembrava abbandonato da ormai molto tempo. Nonostante questo decido di entrare per scoprire qualcosa in più.

Molte cose sono esattamente come le ricordo. La sala comune dei ragazzi e delle ragazze, la mensa, la sala ricreativa. Tutti i ricordi riemergono. Ricordi che avrei voluto dimenticare. Le bambine che mi prendevano in giro perchè ero, e sono ancora, maldestra, perchè ero la più portata nella danza, perchè non avevo amiche, perchè mi piaceva correre anzichè giocare con le bambole.

Oltrepasso la stanza delle punizioni, dove qui subivamo le peggiori torture fisiche e psicologiche. Una volta una bambina mi rubò la collana, io mi infuriai e per riprendermela mi scaraventai su di lei e dopo avergliela strappata dalle mani le tirai i capelli e la presi a pugni.

Non ne vado fiera, ma non me l'avrebbe mai restituita. Quando ci separarono mi portarono lì dentro e mi immersero la testa nella vasca piena di ghiaccio e la tiravano fuori poco prima che esaurissi l'ossigeno. E questo si ripetè per quasi un'ora. Avevo solo 7 anni.

Durante l'allenamento di pugilato un bambino colpì un altro fino a fargli perdere i sensi. Se nessuno lo avesse fermato, lo avrebbe ucciso. Così lo allontanai colpendo quel bambino allo stomaco e fui di nuovo punita. Questa volta mi beccai l'isolamento ma in una stanza completamente buia e senza finestre, così che non potessi capire quando fosse giorno e quando notte. Penso passai circa una settimana lì dentro. Terrorizzata dal buio.

Arrivo finalmente davanti all'ufficio. Non ci era mai stato permesso di oltrepassare quella soglia o saremmo andati incontro ad un destino ben peggiore delle punizioni. Infatti girava voce che un bambino ci era riuscito ma non fece più ritorno.

WHITE WOLF AND BLACK FOXDove le storie prendono vita. Scoprilo ora