5.

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Quella sera Lockhart guardava con malcelata preoccupazione i volti smunti e famelici dei nuovi membri dell'equipaggio che nell'aria umida e fredda trascinavano bestie, caricavano casse e facevano rotolare barilotti sulla passerella diretti al ventre capiente della Wicked Mary, e commentò sottovoce al suo capitano in seconda: «Non siete proprio riuscito a trovare nulla di meglio?»

«Con un preavviso di nemmeno una settimana e a Porto? Temo proprio di no, capitano.» Caine non si scompose rimanendo con la schiena rigida e le spalle ben dritte, lo sguardo placido e attento alla merce legata saldamente a un paranco e calata nel boccaporto aperto sulla stiva.

Nonostante gli anni, James non riusciva a liberarsi dalla vaga sensazione di rispettosa inquietudine che quel colosso gli procurava stando al suo fianco, enorme montagna di muscoli e arguzia. Gli dedicò uno sguardo veloce e annuì pensoso. «Spero non ci creino noie. Se risultassero indisciplinati sarebbe difficile tenere a bada un numero così alto di uomini, che peraltro mi pare anche eccessivo» insistette lui abbassando la voce, senza riuscire a togliersi di dosso quel vuoto sgradevole alla base dello stomaco mentre notava grosse macchie sospette sulle braccia scoperte di un paio di marinai.

A quel punto Caine si girò per guardarlo con un sopracciglio alzato, un lieve sorrisetto a increspargli le sottili labbra e una fitta ragnatela di fini rughe gli si disegnò tra le spesse cicatrici del vaiolo che gli solcavano il volto. «La traversata è lunga, ho valutato con attenzione il numero di uomini per l'equipaggio. Vi preoccupate sempre troppo, capitano.»

La sua voce bassa vibrava piacevole ma Lockhart si fece più accigliato e rispose freddo: «Meglio troppo che troppo poco, Mr Caine.»

Il sorriso di Caine non si scompose, gli fece un breve inchino rispettoso e ribatté tranquillo: «Senza dubbio, capitano.»

Il quartiermastro arrivò trafelato correndo sulle lunghe gambe magre per la passerella, lasciando il suo scrittoio improvvisato composto da un'asse piazzata tra due barilotti di rum, il grosso libro mastro rilegato sotto il braccio. «Capitano, dovremo esserci. Ormai è troppo buio e rischiamo di far cadere cose in mare, finiremo domattina... Certo, con tutta calma, direi» aggiunse sovrappensiero stringendosi nelle spalle con espressione rassegnata e il capitano lo squadrò infastidito.

«"Con tutta calma"?» ripeté in tono brusco.

Tennant gli rivolse uno sguardo eloquente prima di ricordargli: «E dove andiamo senza un dottore?»

James imprecò a denti stretti e si girò verso Caine, fermo in attesa vigile al suo fianco, come una lunga ombra scura, poi lo interrogò in tono vagamente lagnoso: «Vi prego, ditemi che almeno voi avete avuto notizie di Evans.»

Caine scosse il capo con aria corrucciata. «Purtroppo no, capitano. Ho provato a scrivergli come mi avete chiesto, ma non sono sicuro abbia ricevuto alcunché...»

«Gli avevo scritto pure io» lo interruppe Lockhart con un sospiro secco, tamburellando nervoso le lunghe dita sottili sul parapetto mentre con la coda dell'occhio scorgeva la zazzera rossa dello scozzese passargli accanto, quasi completamente nascosto da un barilotto di porto. Lo sguardo di Tennant si fece più penetrante e abbaiò a MacLeod: «Animo con quel vino, ragazzo, non va fatto rotolare ma non devi nemmeno cullartelo al petto come una mammina col bambino, quindi fai andare quelle tue dannate gambe lunghe!»

Si udì un soffocato: «Aye, sir» e il quartiermastro rimase attento a seguire il suo incedere leggermente traballante prima di voltarsi di nuovo verso il capitano con espressione serafica. «Dicevamo? Ah già, non possiamo partire fino a che non arriva Evans.»

«Che ore sono?» James estrasse dalla tasca del suo panciotto un orologio, ignorando Tennant e strizzando gli occhi si mise a scorgere il quadrante, ormai al buio, al che inorridì. «Penserò a come disperarci per il dottore domattina» sentenziò in fretta. «Non è ancora arrivato il giorno né tantomeno l'orario della partenza: fino a che non molliamo gli ormeggi, è troppo presto per dire mai» fu la sua spiccia conclusione congedandosi dai due, poi provò a evitare di mettersi a correre mentre scendeva la passerella e si avviava lungo la strada di pietra scura e levigata verso la sobria e anonima osteria Matosinhos, che prendeva il nome dal quartiere marittimo in cui si trovava.

Col fiatone si richiuse la porta alle spalle quanto più delicatamente possibile, avendo trovato Deirdre a letto che dormiva della grossa. Si sedette sul bordo del logoro materasso e prese a svestirsi con gesti svogliati, la giornata lunga e pesante che tornava a presentargli il conto con tanto di interessi sulle spalle. Era così stanco che gli era persino passata la fame e una volta liberato dall'impalcatura dell'uncino scivolò cauto accanto al corpo caldo dell'irlandese, che russava piano. Con una piccola stretta allo stomaco si dispiacque di non essere riuscito a scambiarci mezza parola da che appena sbarcati quel mattino le aveva intimato brusco di non uscire dalla locanda per alcuna ragione. Si dovevano vedere per cena ma il tempo gli era volato, era stato troppo occupato per controllare l'ora e quando si era reso conto che la giornata era ormai agli sgoccioli era già tardi.

Il grande fisico morbido di lei si muoveva appena sotto le coperte e senza nemmeno rendersene bene conto James scivolò nel sonno, cullato da quel respiro regolare e confortante. Si svegliò di soprassalto dopo quelli che gli parvero pochi minuti, boccheggiando, agitato per un sogno di cui gli era rimasto addosso solo un opprimente senso di sciagura imminente, e ci impiegò un paio di secondi per capire dove diamine si trovasse. Con il fiato ancora corto, si passò una mano sul viso e avvertì le guance ispide umide. Si stese e rotolò su un fianco per cingere a sé Deirdre, ancora ferma dove l'aveva lasciata stesa che gli dava le spalle; fece aderire il petto ancora scosso dai brividi alla sua schiena e infilò il naso nei suoi capelli per aspirarne il profumo familiare, cercando di scacciare lo strascico di quel sogno fumoso ma tetro, che gli attanagliava con particolare ferocia lo stomaco.

«Non riuscite a dormire?»

La voce di Deirdre gli arrivò impastata e arrochita dal sonno, eppure non riuscì a non provare un profondo senso di sollievo nell'udirla, quindi la strinse con più dolcezza passandole piano la punta del naso aquilino sulla spalla, lasciata scoperta dalla camicia da notte, e le mormorò in tono di scuse: «Non volevo svegliarti.»

«Potevate pure arrivare con la cavalleria che non me ne sarei accorta, statene pur certo. No, mi sono svegliata perché ho una sete dell'anima.»

«Vuoi un bicchiere d'acqua?»

«No, ho troppo sonno per andare a prenderlo.»

«Posso andarci io.»

«Sono troppo stanca pure per berlo.» James riusciva a immaginarsi il sorriso che le solcava il viso mentre lo diceva e non poté non sorriderle di rimando nel buio dell'angusta stanzetta dal soffitto basso e scuro con le travi a vista. «Ditemi com'è andata la giornata» lo esortò debolmente, dandogli appena un pizzico sulla mano che indugiava sui suoi seni e lui protestò cercando di dirle che non voleva darle fastidio, poteva continuare a dormire in santa pace. «Suvvia, mi piace sempre tanto la vostra voce, è molto soporifera.»

«Ah, così ti farei dormire?» ribatté piano, inarcando un sopracciglio, divertito.

«Oh, non dite così. Avete un tono che ascolterei per ore, mi rilassa sempre tanto» bofonchiò in risposta, e lui allora le si accomodò meglio vicino e le parlò piano all'orecchio.

«Giornata intensa. Ho sempre un po' il timore che possa sfuggirmi qualcosa per la fretta.»

«È proprio vero quello che i vostri sottoposti dicono di voi: vi preoccupate sempre troppo.»

James si indispettì sentirselo dire per la seconda volta nell'arco di breve tempo. «Sono uno previdente.» Lei emise dei brevi mugugni di vago assenso e lui decise di soprassedere. «Inoltre, sono preoccupato che non ci raggiunga in tempo Evans.»

«Il dottore?»

Annuì assorto. «Un vecchio amico. Sarebbe un grosso problema se non ci raggiungesse in tempo.»

«Troverete... di certo... una soluzione...» la voce di Deirdre si smorzò lentamente e dopo attimi di silenzio, Lockhart tornò a sentirle il respiro pesante del sonno. Le diede un lieve bacio sulla nuca e rimase ancora un attimo a indugiare sulle sue curve invitanti prima di tirarsi a sedere e decidere che per lui il tempo del riposo era finito.

Aveva troppe cose da fare e troppo poco tempo a disposizione.

N.d.A.

Ciao a tutti!

La partenza si avvicina e il Capitano Lockhart è preoccupato che il Dottor Evans, il medico di bordo, non riesca a raggiungerli in tempo.
Per chi avesse letto lo speciale di Natale, il nome Gabriel Evans non dovrebbe suonare estraneo. Riuscirà a raggiungere in tempo la Wicked Mary per salpare con gli altri?
Grazie a chi continua a leggere.

Ne approfittiamo e vi auguriamo un buon fine anno! Alla prossima!
CC

Of Seamen and Maidens - ACQUE SCURE E VENTI CONTRARIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora