CAPITOLO 16

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POV Melissa
Tornata a casa dopo un pomeriggio difficile, non riuscì comunque a calmarmi. L’immagine di quella busta e di quel coltello appoggiati sulla scrivania mi rimasero impressi a lungo. Miray continuava a non esprimere la sua opinione, era persa a guardare nel vuoto ed a pensare ad altro. La discussione avuta con Amirah non l’ha di certo aiutata ad affrontare la situazione trovata in ufficio, tanto da non riuscire a concludere nulla.
Un rumore proveniente dal mio telefono mi fa sobbalzare. Un messaggio da un numero sconosciuto. Un peso nello stomaco si fa largo dentro di me. Con mani tremolanti afferro l’aggeggio freddo, aprendo il messaggio. Sentendo le gambe pesanti e deboli mi incammino a fatica verso il divano, lasciandomi andare pesantemente su di esso.
“Come sta la signora Tanner?”
Leggendo il messaggio le spalle mi si rilassano. Capisco subito che a scrivermi sia stata la signorina Aceveds.
“È scossa, ma sta bene” rispondo cercando di non dare tanto peso a quello che è successo tra di loro. Volendo trovare un modo per farle riavvicinare, le mando subito un altro messaggio, chiedendole di vederci per parlare. Attendo una sua risposta che non tarda ad arrivare.
“Va bene, ci vediamo in azienda?” alla sua domanda rispondo in maniera affermativa, rimettendomi la giacca che mi ero tolta. 
Appena arrivo, trovo la giovane donna appoggiata alla macchina con le mani incrociate che mi aspetta. Accosto accanto a lei abbassando il finestrino “Salga pure signorina, usiamo la mia auto”
Ci avviamo uscendo dal parcheggio ormai vuoto a quest’ora della sera, sfrecciando per le strade buie e illuminate di New York. Luci di diversi colori brillano sull’asfalto, creando un’atmosfera diversa dal solito, visibile solo la notte. Passiamo accanto a bar aperti, insegne poco sobrie, uomini e donne che barcollando sui marciapiedi ridendo tra di loro, ristoranti colmi di persone, auto parcheggiate malamente, il tutto per raggiungere un bar più nascosto rispetto agli alti. Diverse ombre ricadono sull’edificio, dandogli un aspetto più tetro e oscuro di quanto lo sia.
“Qui sembrano esserci meno persone rispetto che negli altri, va bene se ci fermiamo in questo bar?!”
Amirah annuisce, aprendo la portiera e scendendo sicura. La raggiungo subito dopo, facendole strada verso la porta del bar. La faccio passare avanti, standole dietro alle spalle, tenendo d’occhio i dintorni. Giungiamo ad un tavolo appartato, sedendoci l’una difronte all’altra. Ordiniamo qualcosa da bere non appena troviamo un cameriere libero, liberandoci delle nostre rispettive giacche.
“Volevi parlarmi di qualcosa di importante Melissa?”
“No, semplicemente avendo visto le condizioni della signora Tanner, ho pensato ti servisse un attimo di calma per non pensarci”
Non appena sente nominare Miray, abbassa lo sguardo avvilita. “Non so cosa sia successo” esclama a voce bassa “Stava andando tutto bene, o almeno così sembrava, poi è successa una cosa e… è andato tutto a rotoli cazzo. Non conquisterò la sua fiducia un’altra volta. Ho mandato tutto a puttane” sussurra tra i denti, stringendo i pugni attorno al bicchiere appoggiato sul tavolo poco fa.
“Conosco la signora e hai ragione, si fida solo una volta e basta, non dà seconde possibilità, ma potresti provarci. Lei non lo ammette, ma a suo modo ci tiene a te. Non te lo dirà mai, ma è così. Lo vedo da come si comporta nei tuoi confronti, dal modo in cui cerca di tenerti alla larga dai problemi che sorgono giorni per giorno con il vostro progetto, da come le importa di quello che provi…devi farle vedere che nonostante tutto e tutti sei e sarai sempre dalla sua parte” Beve un sorso dal suo bicchiere, rimuginando sulle mie parole “Non so come fare” Mi scappa un sorriso davanti alla sua innocenza “È una donna dalle tante qualità, è estravagante, le piace fare le cose in grande davanti ai suoi soci e rivali, ma dentro di lei apprezza le piccole cose, i dettagli”
La musica attorno a noi, copre le nostre voci dagli altri e sfruttando l’occasione decido di parlare di qualcosa di molto importante “Amirah, ci conosciamo da poco ma credo di potermi fidare di te… ricordi quando la signora Tanner ti accusò di averla tradita?” la donna di fronte a me annuisce, assorta in quello che le sto dicendo “Credo di aver trovato chi sia stato. Sai, ci siamo sempre focalizzate sul signor Barton, ma lui non avrebbe motivo di sabotare la nostra azienda visto che farebbe del male anche a se stesso… credo sia in realtà il signor Spouse”
Amirah mi guarda pensierosa, con una mano chiusa a pugno sotto il mento “Perché la pensi così?”
“La lettera e il coltello trovati nell’ufficio della signora Tanner… lui era lì quando sono andata”
“C-come era lì? Miray lo sa?!” chiede frettolosamente prendendo il telefono in mano “Potrebbe essere stato lui a manomettere la macchina… Miray sarebbe potuta morire per colpa sua!” quasi urla dalla rabbia, con il volto rosso e paonazzo, le labbra serrate e le sopracciglia corrucciate. Afferro la mano con cui tiene il telefono fermandola “Niente azioni affrettate” Mi guarda confusa “Melissa, lui potrebbe fare altro, forse in questo momento sa già cosa, come e quando colpire” sibila a denti stretti
“Smettila Amirah” esclamo fermamente “Miray sa badare a se stessa”
“Come? Uccidendolo come ha fatto con il signor Strandford?” La sua domanda mi coglie di sorpresa, tanto che mi immobilizzo “Come pensi di creare qualcosa con Miray se continui a dire certe cose?” la guardo infastidita “Ti fidi un minimo di lei? Dimmi Amirah, hai mai per una volta pensato che non sia stata la signora Tanner ad averlo ucciso?” lo sguardo afflitto e rivolto verso il basso mi basta come risposta “Se è così, non avrai mai qualcosa che va oltre un rapporto professionale”
“Tu non hai mai pensato che sia stata lei a liberarsi di lui?” sussurra con una mano che le copre le labbra
“No” rispondo prontamente e sicura di quello che dico
“Come mai?”
“Perché una persona che fa di tutto per salvare gli altri, e dare loro una seconda possibilità, non si permetterebbe mai di togliere la vita a qualcun altro… per quanto potrebbero meritarselo. Lei non è fatta così, non sa cosa voglia dire rovinare la vita a qualcuno che non sia la sua; in quello è molto brava” rido leggermente, facendo scappare un sorriso anche ad Amirah.
“L’ho accusata di tutto questo la sera scorsa… e non si è arrabbiata. Devo farmi perdonare in qualche modo”
“Ce la farai, anche se non sarà facile” Qualche secondo dopo aver pronunciato quella frase, una donna che riconosco essere la signorina Williams, si ferma al nostro tavolo “Amirah, Melissa, è un piacere potervi vedere fuori da lavoro, vi dispiace se mi unisco a voi?” La donna, che ricordo essere la migliore amica di Amirah, si siede tra di noi con un sorriso sornione “Ero qui con degli amici ma dopo neanche un’ora mi hanno abbandonata” Chiamo uno dei camerieri che gira per i tavoli nel frattempo che le altre due donne conversano tra di loro, ordinando altro da bere.
“Di cosa stavate parlando prima che venissi qui?” domanda Hana curiosa
“Della signora Tanner” rispondo distrattamente
“Cosa di lei?”
“Niente di che, solo quello che è successo tra lei e Amirah” esclamo guardandomi attorno. La mia spensieratezza viene rovinata dalle parole che fuoriescono subito dopo dalle labbra di Hana.
“Di come ieri sera dopo aver fatto sesso lei se ne sia andata e il giorno dopo ha accusato Amirah di essersi comportata male?” Volgo lo sguardo verso la signorina Williams che mi guarda con un sorrisetto
“Oh, non lo sapeva? Pensavo che la signora Tanner le raccontasse tutto…probabilmente voleva nascondere ciò che ha fatto”
“La signora Tanner non mi deve niente, se vuole nascondere qualcosa lo può fare”
“Ha ragione, non deve farlo. Mi permetta però di dire che mi ha delusa… sono sempre stata l’unica a credere che lei fosse innocente, tanto che molto spesso litigavo con Amirah e cercavo di farla ragionare quando la accusava dell’omicidio di sui marito; non mi aspettavo un comportamento del genere da parte sua” sposto gli occhi su Amirah che guarda incredula la donna che ha appena parlato
“Hana…” La interrompo subito, rivolgendomi alla signorina Williams
“Nessuno è incapace di sbagliare, e non nego che la signora Tanner possa essere arrivata a conclusioni affrettate dopo quello che è successo, ma quel suo comportamento non può definire tutta la sua persona” Hana annuisce alzando le mani “Giusto, non dovrei giudicare. Saranno loro a risolvere” esclama indicando la signorina Aceveds che si copre il volto imbarazzata. Il sorriso che mi rivolge mi fa rilassare.
Il resto della serata passa velocemente tra battute e via vai di bicchieri pieni di alcool. Veniamo accompagnati a casa dalla signorina Williams che a differenza mia e di Amirah, è riuscita a controllarsi.
“Non trovo più le chiavi” sento dire da Amirah seduta accanto a me. Una risata le scappa dalle labbra, una di quelle libere e spensierate. La seguo a ruota, appoggiandomi su di lei in cerca di supporto ma invano. Entrambe cadiamo sdraiate sui sedili, una sopra l’altra. “Ora vomito” sussurra successivamente sotto di me stanca. Mi alzo il più in fretta possibile, aggrappandomi ovunque arrivi la mia mano, mettendomi a sedere lontano da lei. “Non ci provare!” urlo seguita a ruota dall’altra donna che è alla guida “Amirah, non ci provare, altrimenti pulisci tu. Non mi interessa se sei ubriaca o no, farai tutto entro domattina!” urla Hana in preda al panico. Amirah la ignora appoggiando il capo sul finestrino freddo “Guida piano” esclama con voce impastata “Forse è meglio se guidi in fretta, così non vomita qui” biascico come risposta, ridendo nel frattempo. Con questi battibecchi giungiamo fino a casa mia, che intravedo nel buio della notte. Anche se confusa per colpa dell’alcool, appena esco accompagnata da Amirah che come me non riesce a reggersi in piedi, intravedo una figura muoversi davanti alla porta di casa. Stringo gli occhi cercando di capire chi sia, capendo sempre di più chi sia piano piano che ci avviciniamo “Miray!” urlo euforica, buttandole le braccia attorno al collo, lasciando andare Amirah “Dovevi venire con noi” continuo a bofonchiare. Sento delle voci lontane, ma la stanchezza prende il sopravvento e mi addormento tra le braccia di Miray.

POV Miray
Lasciare Rebeka a casa da sola non è stato facile, ma nonostante ciò è così che doveva andare. Non conosco i suoi genitori, non so niente di lei e soprattutto non posso farmi carico di una persona in questo momento. Per quanto possa tenere a lei, rimane comunque una sconosciuta. L’unica cosa che posso fare, è tenerla d’occhio da lontano e assicurarmi che non le succeda niente.
Esausta dalla lunga giornata mi sdraio sul divano guardando il soffitto immersa nei miei pensieri.
Irrequieta mi alzo dopo qualche minuto, girando per il salotto. In quel momento decido di voler uscire di casa e di raggiungere Melissa. L’idea di rimanere sola non mi garba.
Arrivo a casa di Melissa in men che non si dica. Scendo dall’auto andando a suonare il campanello. Aspetto e aspetto, ma nessuno risponde. In quel momento un’auto si ferma accanto alla mia e a scendere sono due donne.
La scena che mi trovo si fronte è al quanto esilarante e al contempo preoccupante.
Melissa, ubriaca e fuori di sé, aggrappata ad un’Amirah a sua volta ubriaca, vengono verso di me. Melissa si getta fra le mie braccia. La tengo stretta, consapevole che se dovessi allentare la presa, cadrebbe rovinosamente per terra. Amirah, da dietro le spalle di Melissa mi guarda con sguardo di finto disinteressamento, allontanandosi inciampando nei suoi stessi passi. Hana ancora in macchina, tira fuori la testa dal finestrino salutandoci
“Ciao, ci vediamo domani, mi raccomando Amirah, fai la brava” ridendo come una forsennata alza il finestrino non dando il tempo ad Amirah o a me di poter controbattere, sfrecciano via nella notte.
“Si fa divertente” esclama Melissa dandomi una pacca sulla spalla schernendomi e lasciandomi andare. Amirah rimane ferma con le spalle rivolte verso di me, come se non volesse credere al destino nefasto che le è stato imposto dalla sua migliore amica.
“Ci vediamo Miray. Mi dirai domani perché sei qui” sento la voce di Melissa e poi una porta sbattere e venir chiusa da dentro. Volgo lo sguardo verso l’entrata, non trovando più la mia segretaria. Busso, sperando in una sua risposta ma invano. Costretta a dover portare Amirah a casa sua, mi avvicino a lei senza proferire parola e salendo in macchina aspettando che lei faccia lo stesso. Ancora troppo ubriaca sale e si siede accanto a me goffamente, sbuffando infastidita dal mio sguardo
“Smettila di guardarmi come se fossi stupida”
“Sei ubriaca, è diverso” rispondo senza togliere gli occhi dalla strada ma con un debole sorriso sulle labbra trovandola buffa.
“Trovi tutto questo divertente vedo”
Alla sua esclamazione annuisco, senza smettere di sorridere. Con la coda dell’occhio la vedo appoggiare la testa sull’appoggiacapo guardando verso di me.
“Dovresti guardare la strada, è molto più interessante di me che guido”
“Odio le persone irriverenti e sfortunatamente ce ne sono tante. Cosa faresti se ne trovassi una di fronte a te in questo momento?” domanda improvvisamente, ignorando completamente quello che le ho detto. Confusa le do una risposta sperando che possa essere abbastanza soddisfacente per la sua mente offuscata.
“Se fossero miei dipendenti gli licenzierei, semplice”
“Perché con me non l’hai fatto?”
La sua domanda mi coglie di sorpresa, tanto che cerco di cambiare discorso.
“Non mi hai detto dove vivi, ed è da un po’ che stiamo girando a vuoto” il mio cercare di cambiare discorso non la convince
“Rispondi alla mia domanda prima” sussurra senza staccare gli occhi dal mio profilo.
Rimango in silenzio, non sapendo come rispondere. La sento accanto a me che canticchia aspettando che dica qualcosa, e giungo alla conclusione che tutto quello che le dirò in questo momento, domattina se lo sarà già dimentica.
“Vuoi che sia sincera?” chiedo nella vana speranza che si dimentichi della domanda che mi ha posto.
“Si, completamente sincera, limpida come l’acqua”
Ancora non abituata a questo suo atteggiamento rido scuotendo la testa.
“Rispondi” geme dandomi una schiaffo suo braccio
“Ci tengo” sussurro guardandola negli occhi.
La luce rossa del semaforo illumina i nostro volti, mettendo in risalto i suoi lineamenti e il colore dei suoi occhi.
“Lo sapevo” esclama con un sorrisetto in volto. Prima che il semaforo diventi verde, apre la portiera scendendo dalla macchina, iniziando al urlare
“Miray Tanner ci tiene a me!”
Strabuzzo gli occhi incredula, togliendomi la cintura e allungandomi verso di lei cercando invano di convincerla a rientrare. Le persone che girano per la città e quelle sedute ai bar, la guardano confusi, ma a lei sembra non interessare. Nonostante il semaforo sia ormai verde, scendo dall’auto sotto agli incessanti clacson delle auto dietro di noi. La raggiungo prendendola per un braccio cercando di portarla in sé.
“Amirah, stiamo creando traffico”
Le mie parole sembrano entrare da un orecchio e uscire dall’altro. Tento di trascinarla via, ma da ubriaca sembra acquisire più forza di quando sia sobria. Un gruppo di amici poco lontani che osservano la scena, improvvisamente urlano
“Baciala!”
Amirah si ferma, e improvvisamente, come se le si fosse appena accesa una lampadina, sorride girandosi verso di me. Indietreggio mentre il coro iniziato dai ragazzi aumenta, coinvolgendo tutti i presenti.
“Amirah, ferma. Sappiamo entrambe che te ne pentirai” alle mie parole sembra ricordarsi di quello successo tra di noi. Si ferma e mi guarda. Corruga la fronte come se stesse ricordando l’accaduto e appoggia una mano sul petto, stringendo forte.
“Scusami” sussurra perdendo tutta la spensieratezza di poco fa. Stanca, sospiro porgendole la mano
“Andiamo a casa” scuote la testa in segno di negazione “Non avrei dovuto trattarti in quel modo” il pentimento si percepisce nella sua voce. Consapevole che entro domattina avrà già rimosso tutto dalla sua memoria, decido di non andare avanti con il discorso.
“Mi dispiace Miray”
Lascio perdere le sue scuse, convincendola finalmente a salire in auto e a dirmi dove vive. La accompagno verso casa, con gli occhi che quasi mi si chiudono dal sonno. Lei dorme beatamente accanto a me, il volto rilassato privo di dolore e segni dovuti allo stress.
Non appena arriviamo, cerco di svegliarla, ma mi allontana borbottando parole senza senso. Prendo la sua borsa mettendomela in spalla dopo aver trovato le chiavi di casa. La prendo in braccio cercando di essere più cauta possibile e di non farle male. Apro la porta con difficoltà, chiudendomela alle spalle sempre con fatica. Non faccio caso a come è arredata la casa, salendo le scale non appena le intravedo nel buio. Salgo, cercando di non inciampare nei gradini invisibili, entrando in una stanza. La stendo sul letto togliendole solo le scarpe e la giacca che ha addosso, non azzarda do altro. Entro in un’altra stanza prendendo la coperta che si trova sul letto, andando a coprire Amirah.
Mi fermo a guardarla ipnotizzata dalla sua naturale bellezza. Le piace sovvertire tutto e tutti con i suoi occhi, lo fa anche con me, forse consapevolmente forse no, ma succede. Un animo giubilo come il suo non l’ho mai visto. Mi abbasso leggermente lasciandole un bacio casto sulla guancia per poi andarmene.

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