Lascio andare il libro di psicologia che stavo leggendo, Una base sicura di Jhon Bowlby, sulla scrivania nel momento esatto in cui Melissa entra nel mio ufficio. Dopo quello di cui abbiamo parlato ieri sera mentre stavamo tornando a casa, sto cercando di capire chi sia potuto essere entrato nel mio ufficio nei giorni in cui ero in ospedale, per cercare il potenziale mittente di quella strana lettera. Accarezzo la copertina del libro mentre guardo attentamente la mia segretaria muoversi per tutta la stanza, posizionando delle sedie di fronte alla mia scrivania. “Chi è il primo?” chiedo già stufa di stare seduta tutta mattina <Ho pensato di farle parlare solo con gli impiegati autorizzati a salire fino a qui signora. Non sarebbe adeguato e possibile farle parlare con ogni persona che lavora nella sua azienda> annuisco d’accordo con lei, facendole un segno con la mano di far entrare la prima persona. <Qui ho preparato un foglio con tutte le persone con cui parlerà quest’oggi> lascia il foglio tra le mie mani avviandosi verso la porta ed aprendola. Un ragazzo giovane, vestito con un completo blu notte, entra con le mani in tasca e a passo sicuro. <Salve signora, sono...> “So già chi lei è signor Michael Smith> mi guarda sorpreso della mia affermazione, sedendosi su una delle sedie di fronte alla scrivania. Si slega la giacca mettendo in mostra la camicia bianca sotto, allentandosi a sua volta la cravatta, prima di incrociare le mani. <Perchè mi ha fatto chiamare signora?> mi appoggio allo schienale della sedia guardandolo fisso negli occhi. I suoi capelli scuri, creano contrasto con i suoi occhi azzurri e la sua pelle chiara. Distratta dal suo aspetto, mi alzo dalla sedia girando attorno al tavolo, camminando verso il centro della stanza. “Quanti anni hai?” la mia domanda improvvisa e fuori luogo lo spiazza. Le spalle irrigidite e il modo in cui stringe i manici della sedia ne sono la prova, molto probabilmente non si sente a suo agio ad avere una persona che si muove dietro di lui e che pone domande del genere. <Ventiquattro, signora> Storgo le labbra, fermandomi di fronte alla vetrata, incrociando le braccia al petto. “Molto giovane, contando che lavora nella mia azienda da quattro anni. Mi domando cosa mi abbia colpito così tanto del suo curriculum da far si che la assumessi” L’unico movimento continuo del mio corpo, è il dito che tamburella sul braccio ricoperto da una camicetta nera di seta, che però si ferma appena sento le parole del ragazzo ancora seduto <Forse il mio fascino...> Giro lo sguardo, che avevo posato sul panorama che si vede da qua su, su di lui. Volendo guardarlo in faccia mentre gli parlo, mi avvicino alla scrivania, appoggiandomi su di essa. Appoggio le mani dietro di me per sorreggermi, mentre guardo alla mia destra, verso di lui. “Il suo fascino eh? Forse dovrei denunciarla di aver cercato di farmi del male, licenziarla e poi possiamo vedere se il suo fascino funziona...” si alza anche lui dalla sedia, posizionandosi di fronte a me <Non ha nessuna prova...non può farmi niente> “Ha idea di con chi lei sta parlando? Potrei mentire, e nessuno lo verrebbe a sapere. Potrei uccidere qualcuno...e nessuno troverebbe mai il corpo. Ho più potere di quanto lei possa mai immaginare” il sorriso beffardo che contornava il suo viso per tutto questo tempo si spegne e viene rimpiazzato da uno sguardo terrorizzato. Questa volta sono io a sorridere cinicamente verso di lui. “Può uscire” Mi giro dall’altra parte continuando con il mio lavoro sulla scrivania, aspettando che se ne vada. Sento una porta aprirsi e poi chiudersi, ma proprio quando penso che Michael sia uscito, una risata maschile rimbomba in tutto l’ufficio. <Ho sentito in giro delle voci dire che lei fosse cattiva nei confronti dei suoi impiegati, ma non penso che lei lo sia, anzi questo suo atteggiamento mostra sicurezza, controllo e soprattutto una grande autostima> un’altra voce si intromette subito dopo <Signora, vuole che chiami la sicurezza?> liquido con un gesto veloce Melissa, continuando ad ascoltare Michael <E, guardando la sua biblioteca, mi azzarderei a dire che lei abbia avuto un’infanzia difficile, e questo mi porta ad avere ancora più rispetto nei suoi confronti e per quello che lei fa per quest’azienda. Da quando suo marito è morto, funziona tutto molto meglio...sono contento di averla al suo posto> Questa volta la porta si apre e si chiude con l’uscita di Michael dal mio ufficio.
<Si sente bene signora?> sciolgo i pugni che avevo stretto vicino ai fianchi , sbuffando <Vuole tornare a casa a riposare?> Sbatto le mani sul tavolo sfogandomi momentaneamente, facendo dei respiri profondi. Dopo aver ritrovato la calma, prendo il foglio con i nomi delle persone con cui devo parlare, andando a sedermi sulla mia sedia “No, fai entrare il prossimo, non abbiamo tempo da perdere, e di certo non mi farò scombussolare dalle sue stupide parole. A quanto pare tutti qui pensano di conoscermi molto bene...”
***
“Sì..sì...grazie per il suo aiuto. La chiamerò più tardi per sapere altro” spengo la telefonata con l’investigatore privato, controllando il foglio con i nomi degli intervistati, rendendomi conto di aver finito. Chiudo gli occhi appoggiandomi allo schienale della sedia, stanca dopo tutte queste interviste. <Vedo che ha lavorato molto...la stanchezza si nota molto sul suo volto> un mezzo sorriso spunta sulle mie labbra appena senta la sua voce roca. “Lei è molto attenta signorina Aceveds” Accavallo le gambe con ancora gli occhi chiusi, senza mai smettere di sorridere “Non che mi aspettassi di meno da parte sua...è sempre stata molto attenta, sin dalla prima volta che l’ho vista di persona. Ne è stata una prova il gioco del labirinto...” <Jhon Bowlby...> “Mhm...cosa?” apro gli occhi non capendo cosa centri il nome che ha appena pronunciato con il mio discorso. <Stavo leggendo il nome dell’autore di questo libro. Una base sicura...non sembra che tu ne abbia bisogno di una, o mi sbaglio?> Trovo Amirah in piedi davanti alla mia scrivania che osserva il libro che ha tra le mani. “Ti sbagli...nessuno ha mai davvero una base sicura su cui può tornare se le cose si fanno difficili” Studio attentamente il suo sguardo esterrefatto, notando come le sue folti sopracciglia si muovono e i suoi occhi verdi mi guardano alla ricerca di qualche informazione. <Non ha mai avuto qualcuno su cui contare nei momenti difficili? E suo marito, lui non era abbastanza?! Sono sicura che lui sia stato molto apprensivo nei suoi confronti, quando stava male> Percepisco un pizzichio di rabbia nella sua domanda, ma nello stesso modo in cui compare, svanisce “No Amirah...no, non ho mai avuto nessuno accanto a me” Appoggia la borsa e il libro che ha in mano sulla scrivania, accomodandosi su una delle sedie utilizzate per fare le interviste <E come ha fatto ad andare avanti da sola per così tanto tempo? Non ha mai pensato di arrendersi e lasciar stare quest’azienda?> Deglutisco pensando a tutti i momenti difficili della mia vita, cercando in qualche modo di farle capire ciò che ho passato senza far trapelare troppo. “Sì…ma ho sempre trovato qualcosa di più grande delle mie paure per andare avanti e non arrendermi. I media pensano di sapere tutto su di me; quello che faccio da quando N-noah è morto...” inceppo sul nome di Noah, non avendo la sicurezza necessaria per pronunciarlo. “Che tipo di rapporto ho con la mia famiglia e soprattutto come faccio a mandare avanti tutta quest’impresa...ma a fine giornata, sto sempre attenta a ricordare a me stessa come sono arrivata fino a questo punto, alti e bassi che siano, ed è allora che decido di non arrendermi” Prendo il cappotto appeso sull’appendi abiti, allungando una mano verso Amirah “Usciamo da qui?” accetta la mia proposta appoggiando la sua mano sulla mia e alzandosi dalla sedia <Ma lei ha delle persone accanto che l’aiutano in tutto...> ci fermiamo avanti all’ascensore, aspettando che le porte si aprano “Smettila” <Cosa? Scusi non volevo intromettermi> Scuoto la testa ridendo entrando nell’ascensore appena le porte si aprono “No Amirah, smettila di parlare in quel modo nei miei confronti e chiamami per nome” Un leggero rossore intinge le sue guance pallide, facendomi ridere ancora di più “Sono riuscita a farti imbarazzare” esclamo portando a ridere anche lei. Nel esatto momento in cui le nostre risate cessano le porte dell’ascensore si aprono, portandoci al parcheggio sotterraneo. “Per quanto riguarda l’avere già delle persone accanto che mi aiutano, mi è facile risponderti che anche qui sbagli. Sì, ho Diana che conosco da molto tempo, ma è da anni che non ci vediamo, e l’ho appena ritrovata. E per quanto riguarda Melissa, lei è la mia segretaria più fidata, ma ciò che ci lega è la necessita di avere qualcuno accanto, non un vero sentimento di amicizia. La prima volta che abbiamo davvero parlato e stato in circostanze spiacevoli” Arriviamo alla mia auto, fermandoci accanto ad essa <Ti dispiace se usciamo a bere qualcosa insieme?> Apro la portiera dell’auto, mentre le rispondo “Non me la sento di uscire fuori stasera, preferirei stare a casa” <Ok...faremo un’alta volta> Percependo la sua delusione le faccio una proposta “Puoi fermarti a casa mia a bere qualcosa se non ti dá fastidio. Nel mentre parliamo anche di come stanno andando le cose con l’autodromo e I progressi dell’auto ” Annuisce con un sorriso avviandosi verso la sua di auto <Ti seguo allora> Appena salgo in auto e accendo il motore, arriva una chiamata da parte di Amirah “Tutto a posto?” chiedo preoccupata non capendo il motivo della sua telefonata <Sì...volevo solo parlare mentre raggiungiamo casa tua> “Ok...se ti fa sentire meglio. Di cosa vuoi parlare Amirah?”
***
Verso del vino rosso nei bicchieri di cristallo, portandoli in salotto dove si trova Amirah comodamente seduta sul divano. “Tieni” le porgo il bicchiere sedendomi accanto a lei. “Come vanno le cose all’autodromo? Da quando è successo l’incidente non sono ancora tornata là” sorseggia il vino, prima di posarlo sul tavolino di fronte a noi. <Tutto bene, la macchina è stata controllata e messa a posto. Abbiamo organizzato un’altra prova> annuisco seguendo il suo discorso “Hai fatto bene. Quando sarà effettuata questa prova?” alla mia domanda la vedo agitarsi. <Ecco...potremmo averla già fatta> corrugo la fronte non aspettandomi la sua risposta “E come avreste fatto?Non c’era nessuno disposto a guidare l’auto a parte me” si morde il labbro inferiore guardandomi insicura <Potrei averla guidata io?> la guardo con sguardo attento e pensieroso, non sapendo come reagire. Appoggio il bicchiere, accanto a quello di Amirah, accavallando le gambe “Ok...e come è andata?” <Bene, la macchina è perfetta. Tutto è andato come doveva andare, nessun problema.> mi sposto i capelli da una spalla all’altra non riuscendo a capire una cosa “Come hai fatto?” inclina il capo da un lato non capendo la mia domanda “Il giorno della prima prova ti chiesi se avessi voglia di salire in macchina con me, ma in quel momento mi risposi di no perché avevi paura dell’alta velocità, quindi mi chiedo, come hai fatto?” la mia voce viene fuori più dura di quanto intendessi, tanto da mettere la ragazza di fronte a me a disagio <Io...ecco...ho paura dell’alta velocità solo quando c’è alla guida qualcuno di cui non mi fido...tutto qui> riprendo il bicchiere che avevo appoggiato sul tavolino, bevendo il tutto in un sorso. Mi alzo da divano dandomi una spinta con le mani, andando verso il bancone degli alcolici che si trova sotto la finestra in salotto “Quindi non ti fidi di me?” mi verso un altro po’ di vino aspettando la sua risposta <No...non intendevo questo, scusa è che i-io...> la interrompo subito non volendo ascoltare le sue scuse “Non devi giustificarti, dopotutto è vero, non puoi fidarti di qualcuno in così poco tempo, soprattutto di una persona come me” mi giro verso di lei, trovandola in piedi che si tortura le mani. Si avvicina lentamente, calcolando i suoi passi. <Non volevo offenderti> “Nessuno vuole mai offendermi o farmi del male, ma alla fine è quello che fanno” Rilascio esausta un sospiro, chiudendo gli occhi “Ma va bene così”
STAI LEGGENDO
Who wins? (girlxgirl)
RomanceMiray Tanner, CEO di una delle più grandi aziende automobilistiche del mondo. Conosciuta da tutti per la sua capacità di mantenere in piedi la sua impresa, una volta di suo marito.Tutta la sua vita gira attorno a menzogne, ad un marito morto di cui...