CAPITOLO 3

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"Amirah Aceveds CEO della A.A. enterprise. Figlia di un muratore di Miami e di un’infermiera nell'ospedale principale della medesima città. Ha due fratelli, entrambi più piccoli di lei, che frequentano uno l'università al primo anno, e l'altra è alle superiori. È nata a Miami il 20 Ottobre 1997, ha vissuto maggior parte della sua vita nella sua città natale, prima di trasferirsi a New York all'età di diciotto anni per intraprendere la carriera imprenditoriale. Sta attualmente studiato online in una delle più prestigiose università del mondo; Cambridge university" Leggo il fascicolo riguardante la ragazza dagli occhi verdi, cercando qualcosa che possa farmi dubitare delle sue capacità, ma niente. La sua vita è perfetta, così come dovrebbe essere quella di qualcuno che vuole mostrarsi completamente al mondo intero. Devo dire di essere rimasta soddisfatta del suo modo di parlare e di condurre la sua azienda. Nel colloquio che abbiamo avuto qualche giorno addietro mi ha mostrato le invenzioni e ciò che vorrebbe raggiungere in futuro. Una donna davvero carismatica e ambiziosa, pronta a mettere a repentaglio tutto ciò che ha di sicuro per vedere le sue idee fiorire. È un rischio diventare soci con un'azienda appena formata, ma è un rischio che sono pronta ad accettare. Amirah Aceveds un giorno diventerà una degli impresari più grandi del mondo, anche più famosa del mio ex-marito che, per quanto mi abbia fatto del male, abusando di me, ha rivoluzionato il settore imprenditoriale. Lascio andare il fascicolo su Amirah, riprendendo in mano, per la milionesima volta, il contratto mandatomi da lei, rileggendo il tutto, analizzando dettagliatamente ogni parola. Alzo la cornetta del telefono per comunicare con Melissa, necessitando del suo aiuto. <Si signora? Desidera qualcosa?> "Vieni nel mio ufficio. Subito!" mi siedo stanca sul divano, chiudendo gli occhi. Qualcuno bussa alla porta, ma sapendo già che è Melissa non mi muovo. "Entra pure!". Un rumore di tacchi risuona per l'ufficio, fino a quando non cessa. Apro gli occhi trovandomi di fronte Melissa con la fronte corrugata <Si sente bene? Vuole che le porti qualcosa?> sorrido per la sua premura scuotendo la testa "No Melissa, mi serviva solo un consiglio" il suo sguardo sbalordita mi fa ridacchiare. Quando sono con lei, la maschera che ereggo di fronte agli altri si abbassa automaticamente, non riuscendo ad essere fredda nei suoi confronti. <Un consiglio? Non mi chiede mai consigli signora> le indico i fogli sul tavolo, spronandola a prenderli. "Mi servirebbe un consiglio da qualcuno esterno e che ragiona per istinto" le chiedo pacata. È stata l'unica persona che mi è stata acanto da quando sono entrata nella villa Strandford, prima come semplice cuoca, poi come amica, infine come mia protettrice e confidente. L'unica in grado di aiutarmi nelle situazioni più difficili e delicate della mia vita. È stata, ed è tutt'ora la mia ancora di salvezza. Non riuscirò mai a ringraziarla completamente per tutto ciò che ha fatto per me. Ha agito per conto suo, non chiedendo niente in cambio, ha fatto tutto guidata dalla bontà del suo animo, anche senza neanche conoscermi. Passeranno gli anni, ma rimarrò sempre in debito con lei. La faccio sedere accanto a me, lasciandole il tempo di leggere il contratto. Osservo il suo profilo aspettando che finisca, perdendomi nei ricordi.

Flashback
È la prima volta che entro nella villa Strandford, e non so cosa aspettarmi. Noah è accanto a me, con una mano che mi sfiora la schiena, spingendomi in avanti. Apro la porta titubante, non trovando il coraggio di entrare. Vengo letteralmente spinta dentro da Noah, che mi sorride incoraggiante. <Questa sarà la tua nuova casa d'ora in poi. Ti servirà un po di tempo ad abituarti, ma prima o poi ti sentirai a casa> annuisco alle sue parole, continuando a guardarmi attorno affascinata dalla bellezza ed eleganza di questa enorme villa. I colori principali sono tendenti al bianco e al nero, con un accenno di rosso. <Vieni che ti presento le persone che lavorano qui per noi.> non proferisco parola, intimidita da tutta questa ricchezza. Scendiamo delle scale, raggiungendo la taverna, dove trovo una decina di persone chiacchierare felici. Appena notano Noah, si alzando tutti in piedi, stando in silenzio. <Bene. Adesso che abbiamo attirato la vostra attenzione, volevo presentarvi Miray Tanner, la mia futura sposa.> mi salutano tutti con un cenno del capo, a parte una donna con i capelli biondi e gli occhi neri, come due pozze di petrolio, che mi sorride. Ricambio il suo sorriso leggermente imbarazzata, abbassando subito lo sguardo. Uno sbuffo accanto a me, mi fa alzare lo sguardo cercando di capire quale sia il problema. <Devo andare in azienda. Mio padre mi sta cercando. Ci vediamo dopo> mi lascia un bacio sulla guancia allontanandosi. Rimango ferma dove sono, non sapendo come comporti davanti a tutti questi domestici; se essere autoritaria, oppure gentile e presentarmi personalmente a loro. Non ho bisogno di ponderare più a lungo sulle mie azioni che la donna che poco fa mi ha sorriso, si avvicina. <Salve signora. Io sarò la su cuoca. Se desidera qualcosa di particolare da mangiare lo venga pure a dire a me> osservo il suo viso contornato da un sorriso luminoso, sentendomi più rilassata. "G-grazie. Posso sapere il tuo nome?" chiedo timida, non ancora completamente a mio agio. <Mi chiami pure Melissa signora>. È una donna bellissima, probabilmente da quanto posso notare sui trent'anni. Ha una chioma bionda che circonda il suo viso pallido, contornato da delle occhiaie scure, molto visibili sotto la luce artificiale. Quei due occhi scuri come la pece, se ti fissano a lungo, mettono in soggezione. Sembra quasi come se ti maledissero e giudicassero allo stesso tempo. <Vuole che le preparo qualcosa?> anche se affamata, non ho il coraggio di chiederle di farmi qualcosa. Probabilmente capendo in qualche modo il mio dilemma, si congeda in cucina a preparare qualcosa. <Si sieda pure signora. Le preparo subito qualcosa di commestibile.> la su gentilezza è così disarmante, che i muscoli irrigiditi della schiena, si rilassano subito. E come se il mio cuore e la mia anima, si fidino già di lei, come se sapessero che in futuro avrò bisogno della sua presenza accanto a me più che mai.
Fine Flashback

<Dovrebbe accettare signora. Non so molto di numeri ed economia, ma quello che ho imparato lavorando come sua segreteria, è che non si raggiunge niente senza sacrificare> sorrido contenta della sua risposta, non interrompendola, volendo sentire cos'altro ha da dire <Da quel poco che conosco della signorina Aceveds, sembra una ragazza molto ambiziosa e che non si arrende mai, e so che questo è quello che lei cerca nei suoi soci. Potrebbe essere nuova nel campo dell'imprenditoria, ma sono sicura che sarà una rara gemma per la sua azienda. Le tornerà utile in futuro> mi alzo dal divano, osservando dall'alto la città di New York in movimento già da mattina presto, ponderando sulle sue parole. "Accetto." La mia risposta sarà potuta sembrare una decisione affrettata, presa dalla foga de momento, ma mi fido di Melissa. Abbiamo affrontato molte cose una accanto all'altra, e anche oggi, che dirigo tutta quest'amplia società, il suo non ragionare molto sulle questioni e seguire il proprio cuore e le proprie emozioni mi è tornato molto utile. Come dice Orazio, "Carpe Diem"; vivi il momento, non pensando alle ripercussioni che le tue azioni possano avere in futuro. Mi siedo dove ero poco fa seduta, accanto a Melissa, prendendo una penna appesa alla tasca della sua giacca blu, firmando il contratto definitivamente. "Speriamo lei non mi deluda signorina Aceveds. Altrimenti se ne pentirà amaramente..."
***
Dopo aver firmato il contratto, sono rimasta in ufficio un altro po a controllare tutte le scartoffie che non ho avuto il tempo di revisionare negli altri giorni. Tante di quelle stronzate ho letto, che ora ho un mal di testa atroce. Da imprenditori che chiedono un investimento da parte mia per una macchina a due ruote, al passare a proposte di matrimonio che non ho idea di come siano arrivate fino a qui. Dopo aver finito di leggere quelle cazzate, me ne sono andata dritto e a casa. Il tragitto è stato più lungo del solito. Il traffico sembrava non volersi muovere neanche di un centimetro, allungando il percorso dall'azienda alla villa, che dura mezz'ora, di almeno due ore in più. La frustrazione da allora sembra non volermi passare. Anche adesso che sono chiusa in camera mia, con le persiane chiuse e al buio, non riesco a togliermi di dosso tutto lo stress accumulato. Chiamo al telefono Shawn Braun, volendo mettere a punto le nostre invenzioni, essendo che il mio corpo e il mio cervello non sembrano volersi fermare per qualche tempo e farmi riposare. <Signora Tanner, non mi aspettavo una sua chiamata. Ne sono onorato> mi reco in bagno, sbuffando di fronte alla sua poca professionalità, togliendomi il leggero trucco che ho in viso, rispondendo poi al mio socio, o meglio dire, al socio di Noah. Se fossi stata al suo posto, non mi sarei unita alla sua azienda per quanto possa essere buona. Con a capo uno sbruffone come Shawn, quell'impresa che i suoi antenati hanno creato negli anni, crollerà per una sua stupida e futile scelta. "È l'unico arco di tempo libero che ho per il momento" mugugna qualcosa in risposta, sbattendo una porta dall'altra parte del telefono. <Ho parlato con alcuni conoscenti in Giappone. A quanto pare alcune aziende automobilistiche giapponesi hanno avuto la nostra stessa idea di cambiare i cavalli del motore e migliorarli. Dobbiamo batterli sul tempo.> mi mordo il labbro inferiore pensierosa, sdraiandomi sul letto, analizzando la situazione "Che cosa mi consiglieresti?" chiedo, volendo sentire anche la sua opinione, anche se so già come dovrei agire; non che quello che dirà mi farà cambiare idea. <Sposterei la data di uscita dei nostri nuovi motori> sorrido soddisfatta della sua risposta. "Proprio quello che avevo intenzione di fare. Bene allora. Avverti tutti gli altri. I nuovi motori non usciranno più il 24 aprile 2019 Lanceremo la nostra nuova invenzione prima del previsto, cioè tra una settimana, non abbiamo tempo da perdere. Arrivederci signor Braun" chiudo al mio solito la telefonata, non avendo intenzione di ascoltare la sua indignazione. Sicuramente dirà che è troppo presto, che quello che voglio fare sia troppo azzardato e dettato dall'istinto, ma non ho proprio voglia di ascoltare le sue stupide scuse sul perché dobbiamo spostare la data d'uscita a qualche settimana dopo, piuttosto che prima. Spengo il telefono, volendo dormire per tutto il giorno e non pensare a contratti, proposte ed investitori accaniti che vogliono accaparrarsi le migliori offerte e invenzioni sul mercato. Sospiro, immergendomi completamente nel buio della stanza, lasciando che la mente viaggi per pensieri meno complicati rispetto a quelli che mi frullano in testa ogni giorno. Dopo un lasso di tempo indefinito, riesco finalmente ad addormentarmi. Nel sonno, gli incubi prendono il sopravvento. Pugni, schiaffi, bottiglie rotte ed insulti sono ciò che mi accompagnano durante la nottata.

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