CAPITOLO 25

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Un weekend via, ecco cosa mi è stato suggerito. Giorni via dalla mia solita quotidianità e dalla presenza di Amirah, per rimettermi in sesto, e ovviamente sedute di terapia che devo seguire per almeno un mese. Diana ha deciso di lasciare Hana a New York e di raggiungermi alle Hawaii, a detta sua perché vuole farsi una vacanza senza avere la sua ragazza a tormentarla, ma la verità è che vuole assicurarsi che non faccia niente di troppo azzardato. I sensi di colpa che la stanno graffiano in continuazione per ricordarle che non c’era quando ho avuto un crollo nervoso, non la lasciano in pace.
“Mi spieghi il senso di venire a metà Gennaio qui?” chiede la polinesiana guardandosi attorno. “È soprattutto, perché questo hotel?”
È un edificio in mezzo alla natura. Il materiale in legno con cui è stato costruito, ci permette di sentire le gocce di pioggia che scendono con prepotenza dal cielo, andando a sbattere sul soffitto. Un tonfo che a Diana non piace perché non le permette di riposare in pace, ma che a me non dispiace affatto. Meglio essere accompagnata durante la notte dai rumori della natura che stare ferma immobile sul letto nel silenzio più assoluto. Forse Diana questo non lo capisce , ma non posso biasimarla, non avendo vissuto la maggior parte della sua vita a rincorrere rumori e risate, non sa cosa voglia dire vivere sempre alla ricerca di vita. Con la mancanza dei miei genitori in casa, da piccola passavo la maggior parte del tempo a fare quello, creare rumori per rendere tutto meno angosciante.

Flashback
Rientro a casa da scuola, con la speranza nel cuore che il rumore delle macchine che si muovono per le strade possa penetrare anche tra le pareti della mia abitazione. Chiudo la porta alle spalle, chiudendo anche gli occhi sperando e sperando. I rumori vengono lasciati fuori, per gli altri da sentire ed apprezzare.
Un altro giorno in cui una bambina di quattordici anni deve subire il silenzio di una casa che freme per produrre qualcosa, anche un verso che indichi di essere viva…un rumore che però vuole che venga causato da adulti e non da una bambina.
Salgo le scale…solitamente nei libri viene sempre detto che quando ci si passa sopra, il peso del corpo gli fa produrre un rumore, uno scricchiolio che molti odiano e di cui si vogliono liberare, ma ricordo anche che, quello succede solo se le case sono fatte in legno, e questa non lo è. Certo non siamo ricchi, tutti i soldi vengono spesi in altro, non ho tanto da mangiare, non ho vestiti, non ho un cane e non ho giochi, ma ho una casa resistente che però odio.
Neanche il vecchio letto su cui dormo produce rumore, le molle del materasso sembrano voler rimanere in silenzio a vita.
Tutto in questa casa zittisce…le ante della cucina quando vengono aperte non dicono niente, neanche una parola, i cassetti fanno rumore solo se li chiudo con forza, anche loro restano zitti quando possono.
Più e più volte provai ad aprire tutte le finestre, ma invano. Neanche un rumore aveva intenzione di entrarvi. I gatti che miagolavano per le strade, non appena passavano davanti a casa, smettevano, salivano sulla finestra per sbirciare dentro e poi scappavano.
In quel ciclo infinito di silenzio, iniziai a crearli da sola quei rumori che tanto bramavo.
Prima saltavo per casa con addosso le ciabatte, poi iniziai a correre avanti e indietro, venendo seguita da uno scalpiccio che mi faceva sorridere, ma più correvo, più mi stancavo, e a quel rumore si univa quello del mio respiro affannato. Lasciai perdere in fretta quei modi, iniziando ad aprire e chiudere i cassetti con insistenza. Rimanevo ferma ore e ore a ricreare lo stesso movimento e lo stesso rumore, in un limbo senza fine. Poi passai ai quaderni, girando le pagine prima a destra e poi a sinistra… passai allo sbattere le mani contro il muro, al spostare gli utensili in cucina, allo spegnere e accendere la luce fino a quando non bruciavo le lampadine…
Trovavo pace solo quando iniziava a piovere. Quello era l’unico rumore che la casa non riusciva a trattenere fuori.
Uscire di casa non è un’opzione, se i miei genitori tornano e non mi trovano, non sentirei rumori per più di qualche ora, forse anche giorni.
Come gli altri giorni, mi ritrovai a crearli da sola i rumori… accendere l’acqua per poterla sentire scorrere sul lavandino, accendere il forno per sentirlo lavorare, prendere il ghiaccio e rigirarlo dentro ad un bicchiere… metodi che piano piano finirono per annoiarmi e stufarmi.
Silenzio…
Fine flashback

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