CAPITOLO 20

272 11 0
                                    

Fradicia da testa a piedi rientro a casa sotto gli sguardi confusi di Jeffrey e Arisa.
“Abbiamo giocato con la neve” rispondo alla domanda che si stanno ponendo silenziosamente.
“Abbiamo?” domanda Jeffrey abbracciato a sua moglie, che sorride radiosa.
“Io, Rebeka e Amirah” dico togliendomi il cappotto e lasciandolo cadere per terra.
“Sembra vi siate divertite” Arisa mi si avvicina avvolgendomi tra le sue braccia e dandomi un bacio sulla guancia.
“Sì, è da un po’ che non mi lasciavo andare”
“È bello vederti così…felice e spensierata come non mai” occhi velati di lacrime mi guardano con dolcezza “Sono fiera della donna che sei e che stai diventando” afferma Arisa, riempiendomi il cuore d’amore e affetto.
“È possibile solo perché ho accanto persone come voi due e Melissa” la donna che ancora mi abbraccia, scuote la testa in segno di negazione.
“Non siamo solo noi” sussurra con il capo appoggiato al mio petto, e data la sua statura, quando alza lo sguardo sono costretta ad abbassare gli occhi verso di lei per poterla guardare.
“Anche Rebeka” le concedo con un breve sorriso. Il sopracciglio inarcato mi fa sbuffare.
“E…?” mi sprona amorevolmente, aspettando una risposta che però non le do la soddisfazione di esclamare.
“Lasciala stare Arisa, quando sarà pronta lo ammetterà a sé stessa” Arisa si lascia portar via da Jeffrey che mi rivolge un sorriso di scuse. Annuisco verso di lui, ringraziandolo per la premura dimostrata, lasciandoli soli, ma non prima di rispondere all’affermazione.
“Non c’è niente che devo ammettere”
                                                                                       ***
“Quella è l’unica condizione che non posso cambiare” la risposta non mi sconvolge, in fondo me lo aspettavo. Nessuno sarebbe tanto stupido da cambiare l’unica condizione che ti permette di non essere buttato fuori dall’accordo.
Tornare a lavoro e dovere affrontare questa questione alle quattro del pomeriggio, non è di certo il modo in cui volevo ricominciare dopo la giornata di qualche giorno fa. Amirah si è fatta sentire con un messaggio, ringraziandomi per il pomeriggio passato con spensieratezza, mentre di Rebeka nessuna traccia. Ogni volta che ci incontriamo, sembra sparire nel nulla per poi tornare come se nulla fosse successo.
Vengo riportata alla realtà da un colpo di tosse.
“Ok, allora abbiamo un compromesso” esclamo stringendogli la mano, guardandolo e cercando di non farmi sopraffare dai ricordi. Sono diversa ormai, non più innocente e piccola come allora, anche se ancora venduta ad un uomo, sta volta per mano mia… Kayden mi saluta con un mezzo inchino e un sorriso smagliante, allontanandosi con passo sicuro. Lo lascio uscire senza seguirlo, prendendo nuovamente, forse per la centesima volta, i fascicoli su di lui. I Forbes non hanno mai fatto niente fuori dal comune. Acquisti, affari e incontri con figure rilevanti nel mondo dell’investimento, tutte azioni che non destano sospetti su di loro e sulle loro attività. Il telefono squilla mentre continuo a leggere, interrompendomi. Un numero sconosciuto compare sullo schermo. Con riluttanza rispondo, sentendo dall’altro lato una voce familiare.
“Signora Tanner, è da tanto che non ci sentiamo” sorrido sedendomi sulla scrivania, sbottonandomi la camicia e accavallano le gambe coperte da una gonna corta, non appena riconosco chi sia.
“Forbes, mi stai chiamando per quello che penso?” la prendo in giro, facendo segno a Melissa che è appena entrata, di uscire e chiudere la porta.
“Proprio così, mi preoccupo per mio figlio, è normale” risponde. Un rumore di tacchi mi fa presumere che sia fuori casa, in giro per New York per portare a termine qualche commissione.
“Potevi farla tu quella proposta Selene, avrei accettato più in fretta” la provoco con un sorriso sincero ma al contempo forzato.
“Cara, ho quasi cinquant’anni ormai, è ora che sia mio figlio a prendere le redini dell’azienda” alla sua frase sbuffo, ridendo e picchiettando le dita sul legno.
“Non mi sarei fatta problemi, questo lo sai”
“Lasciamo la nostra storia alle spalle, è lì che deve rimanere” risponde alla mia esclamazione. Prima che possa rispondere, riprende a parlare “Puoi chiedere alla tua segretaria di farmi entrare? Melissa certe volte è troppo severa” mi blocco, girandomi verso la porta dell’ufficio. Spengo la chiamata, andando ad aprirla, trovandomi Selene in tutta la sua bellezza a guardarmi. La saluto incredula della sua presenza con un abbraccio e un bacio sulla guancia.
“Kayden è appena uscito, se volevi vederci insieme, saresti dovuta passare un po’ prima” sussurro ancora stretta tra le sue braccia. Sempre gli stessi capelli morbidi e lo stesso profumo di magnolia.
“L’ho fatto apposta, vedo mio figlio tutti i giorni, certe volte sa essere pesante” risponde prendendolo in giro bonariamente.
La donna che ho di fronte non sembra essere cambiata per niente negli anni. I capelli una volta castani, ora sono tendenti al biondo, gli zigomi sempre perfettamente ricoperti di trucco e le labbra che sembrano non poter esistere senza uno strato di rossetto.
“Non ci vediamo da molto, mi ero persa questo piccolo dettaglio” la mia affermazione viene posta come un’accusa, una di quelle che Selene non sembra gradire affatto
“Mi piace tenere la mia vita fuori dai media, ci tengo alla mia privacy” risponde disinvolta, andandosi a sedere dietro alla mia scrivania, dove poco fa ero seduta.
“Tanto da nascondere la nascita di un figlio?” chiedo con un tono di voce basso e nuovamente accusatorio. L’atmosfera cambia, Selene si irrigidisce, cambiando completamente espressione. Le mani appoggiate sul tavolo, il busto proteso in avanti minacciosamente e lo sguardo deciso che le rivolgo, non migliorano la situazione.
“Non ti devo niente Miray” sorrido sarcastica, allungandole il contratto firmato.
“No? Leggi cosa c’è scritto”
“Ne sono già a conoscenza” risponde senza afferrarlo. Presa da un’improvvisa rabbia lo lancio per terra alzando la voce, tuttavia il mio poco autocontrollo non sembra preoccuparla.
“Quindi sei stata tu a dirglielo. E io che pensavo avesse scoperto tutto da solo” sibilo sbattendo la mano poco lontano dal suo braccio appoggiato. “Cosa pensi di ottenere minacciandomi?! Mi sono confidata con te nel momento peggiore della mia vita ed è così che mi ripaghi?”
Tradita un’altra volta da una persona che ritenevo sincera. Patetica.
“Non mettere in mezzo i sentimenti Miray, questi sono solo affari” l’indifferenza con cui esclama quelle parole mi lascia alle prese con una sensazione di vuoto inaspettata.
“Hai registrato la mia confessione… come devo fidarmi di te?”
“Quella registrazione ce l’ho io e nessun altro, e così rimarrà fino alla mia morte. Avevamo solo bisogno di un modo per farti firmare”
“Potevi venire a chiedermelo tu, sai che avrei accettato senza troppi problemi” sussurro stanca di questa discussione.
“Lo so, ma ripeto, questi sono affari e tu lo sai. Non c’era altro modo”
Ad interrompere la conversazione è Amirah che entra senza bussare con Melissa alle calcagna che mi lancia uno sguardo di scuse. Selene si alza immediatamente, guardando le due donne alla porta, in particolare una, minacciosamente.
“Nessuno ti ha insegnato cos’è il rispetto?” il tono di voce che usa farebbe tremare chiunque, ma non Amirah, che essendosi accorta del mio stato d’animo raddrizza le spalle guardando la CEO dietro di me e rivolgendole lo stesso atteggiamento.
“Non ero io quella seduta su quella sedia o sbaglio?” per niente contenta della risposta di Amirah, Selene circumnaviga io tavolo, avviandosi verso la porta.
Prima di uscire si gira un’ultima volta dietro.
“Tieni alla larga gli inconvenienti” sussurra a denti stretti, lanciando un’occhiata sinistra ad Amirah, che non a conoscenza di chi sia, non le concede il minimo rispetto.
Non appena si allontana, la donna dagli occhi verdi rilascia un sospiro.
“Cosa è appena successo?”
“Hai sfidato la donna più influente al mondo” rispondo non potendo fare a meno di sorridere.
“Sarebbe?” chiede confusa, avvicinandosi.
“Selene Forbes” strabuzza gli occhi bloccandosi in mezzo all’ufficio, guardandomi come se mi fossero appena sbucate delle corna.
“Quei Forbes?!” annuisco lasciandole il tempo di processare il tutto. Come Selene, anche Amirah, ignorandomi completamente, si va a sedere sulla mia sedia ancora troppo scioccata dalla notizia.
“Accusi Selene di non portarmi rispetto ma stai facendo la stessa cosa?” alla mia provocazione alza gli occhi, incenerendomi con lo sguardo.
“Selene?” domanda senza smettere di guardarmi. Ha già un’idea di cosa potrebbe esserci stato tra noi due, ma vuole sentirlo uscire dalle mie labbra.
“Si…”
“Da dove arriva tutta questa intimità?” continua a domandare, non intenzionata a lasciare la presa proprio adesso.
“La conosco da anni” rispondo scrollando le spalle con grande disinvoltura, facendola innervosire ulteriormente.
“Di che tipo di conoscenza stiamo parlando Miray?” si alza dalla sedia, avanzando verso di me sensualmente.
“Personale…decisamente intima” sussurro non appena si trova a qualche centimetro di distanza.
La sua mano mi afferra i fianchi, premendoli in avanti verso i suoi e facendoli aderire in tutto e per tutto. Le labbra calde e umide si appoggiano sul mio collo, lasciando una scia di baci fino alle clavicola scoperte.
“Di questo genere?” chiede spingendomi all’indietro fino a farmi sedere sul tavolo.
“No…più di così”
Con delle soffici carezze mi sollecita a divaricate le gambe per potersi posizionare tra esse. Mi aggrappo al maglione bianco che ha addosso, avvicinandola maggiormente per lasciarle un bacio vicino alle labbra schiuse.
“Cosa pensi di fare?” chiedo rilasciando un sospiro colmo di piacere, gustandomi il suo tocco sulle mie gambe che le circondano i fianchi in una morsa ferrea. La gonna si alza sempre di più, lasciando intravedere l’intimo sottostante, leggermente bagnato.
“Creare una nostra intimità” sussurra sfiorandomi da sopra le mutande. Mi irrigidisco subito non volendo darle la soddisfazione di vedermi vulnerabile al suo tocco.
“Devi fare più di questo sei vuoi ottenere una reazione da parte mia”
Lo sbuffo che rilascia mi fa sorridere, mentre continuo a prenderla in giro, sapendo che più la provoco, più cercherà di dimostrarmi il contrario. E infatti così accadde.
Allontana le mani dalle mie gambe sbottonandomi completamente la camicia, lasciandola a coprirmi sole le braccia e le spalle. Invece di slacciare il reggiseno lo sposta, liberando il seno dal materiale in pizzo, mordendo e leccando i capezzoli turgidi dall’eccitazione. I baci si spostano, scendendo piano piano verso l’addome e sempre più giù, fino alle cosce ormai completamente scoperte. L’indumento che la separa dalla zona desiderata, scivola via dalle mie gambe come acqua, lasciandomi nuda ai suoi occhi.
“Dovevamo andare piano” sussurro affannata, afferrandole i capelli e spingendola più vicina al mio sesso.
“Non mi sembra tu ti stia opponendo” risponde di rimando. Il respiro che si scontra con il clitoride pulsante e bagnato, mi mozza il respiro. Trattengo con fatica i versi che vorrebbero uscire dalla mia bocca, stringendo sempre più forte i suoi capelli. Se le sto facendo male non lo da a vedere, anzi, ansima fiondandosi ad avvolgere l’organo sporgente.
“Amirah…” il suo nome sussurrato è l’unico suono che mi permetto di lasciar andare. Una sensazione di intenso piacere si propaga per tutto il corpo. Le guance sicuramente arrossate, bruciano in contrasto al seno scoperto e bagnato poco prima da Amirah, che invece viene pervaso dai brividi ad ogni soffio d’aria. Un continuo caldo e freddo che mi fa impazzire.
Un gemito sfugge dalle mie labbra non appena sento un dito affondare a ritmo della lingua che non sembra intenzionata a fermarsi. Due e poi tre. Amirah risale, continuando a spingere con veemenza, per baciarmi. Un bacio famelico, uno di quelli che ti fanno girare la testa e ti lasciano confusa.
“Hai un buon sapore” sussurra leccandosi le labbra con avidità senza mai fermarsi con i movimenti. Avanti e indietro, piega le dita prima verso destra, verso sinistra e poi verso l’alto, colpendo il punto perfetto. Stringo ancora più forte le gambe attorno a lei, fiondandomi sulle sue labbra, in tempo per soffocare un gemito.
“Sto per-“ le parole mi muoiono in gola, venendo colpita da un orgasmo.
Le gambe tremano, il petto si alza su e giù a ritmo del respiro affannato, le labbra gonfie rilasciano piccoli sbuffi.
“Guardami” gli occhi ormai neri e pieni di desiderio di Amirah, mi scrutano attentamente alla ricerca di qualcosa; probabilmente di sentimenti contrastanti.
Toglie lentamente le dita senza distogliere lo sguardo, quasi una sfida, portandole verso la bocca e avvolgendole. Le palpebre ricoprono le sue iridi, e l’espressione tramuta in una di piacere, gemendo.
Appena quel verso lascia le sue labbra, scendo dal tavolo, sistemandomi il reggiseno e la camicia senza tanta fretta, per poi afferrare dei fogli insieme al cappotto, appoggiandolo sul braccio.
“Hai fallito” le dico all’orecchio, prendendo l’intimo lasciato sulla scrivania ed infilandolo nella tasca dei suoi pantaloni, con il cuore che batte a mille, ripetendo nella mia testa l’immagine di lei con le dita in bocca.
Ancora troppo sorpresa dalle mie azioni rimane ferma in ufficio, mentre entro in uno degli ascensori dei dipendenti con un sorriso soddisfatto. Nel momento in cui le porte si stanno chiudendo, Amirah esce puntando gli occhi  addosso al giovane ragazzo entrato insieme a me. Per provocarla ulteriormente, fingo di barcollare all’indietro verso le braccia del ragazzo, con un sorriso perfido. Le labbra si muovono, probabilmente per minacciarmi, ma non la sento.
Finita la sceneggiata, consapevole della presenza silenziosa dell’altra persona nell’ascensore stretto, mi appoggio con una spalla ad una parete, incrociando le gambe sentendo l’interno delle cosce bagnate. Mi mordo il labbro cercando di non sfregare le gambe l’una con l’altra, sospirando.
“Signora, sta bene?” alla domanda del ragazzo corrugo la fronte, ma non appena mi accorgo delle mie condizioni sul riflesso delle porte, non posso fare a meno di ridere.
“Sto bene, non si preoccupi” dico tentando di sistemare i capelli ed uscendo dalla scatola infernale appena è possibile farlo. Accanto a noi si aprono le porte del mio ascensore personale e ad uscirne è Amirah.
Facendo finta di non averla vista, mi incammino verso l’uscita con il ragazzo di poco fa che mi segue a qualche metro di distanza. Sentendo addosso gli occhi della corvina, lascio cadere con finta sbadataggine i fogli per terra, piegandomi per prenderli.
“Signora Tanner!” urla Amirah fermandosi subito dietro di me, perfettamente a conoscenza delle mie condizioni sotto alla gonna.
“Signorina Aceveds, desidera qualcosa?” chiedo con tono professionale, come se fino a poco fa non stessimo facendo sesso nel mio ufficio.
“Ho bisogno di parlarle” sibila nervosa, stringendo le mani a pugno. Annuisco con espressione pensierosa, indossando il cappotto.
“Mi segua”

Who wins? (girlxgirl) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora