Le due donne tornano tenendosi a braccetto mentre discutono di qualcosa che solo loro due sono a conoscenza.
“Andiamo?” chiede Diana lasciando i soldi sul tavolo, mettendosi il cappotto sulle spalle. Hana lascia andare Amirah, unendosi a Diana che la aspetta a braccia aperte. Le due escono abbracciate e sorridenti nelle strade fredde di New York. Aspetto che Amirah si vesti, porgendole un braccio che afferra insicura. Usciamo seguendo le altre due, e veniamo accolte da un vento forte e gelido che ci fa rabbrividire.
“Sono stufa di questo freddo” sussurra tra di denti Amirah.
“È troppo presto per lamentarsi dell’inverno, siamo solo a inizio Dicembre” la riprende bonariamente Hana, ancora stretta alla sua ragazza.
“Lamentati quanto vuoi” le bisbiglio piano per non farmi sentire. Come riposta sorride, stringendomi il braccio per ringraziarmi. Camminiamo per qualche minuto, continuando a parlare tra di noi e divertendoci. In quasi tutta New York ci sono addobbi appesi, tra luci, pupazzi e alberi, pronti per il Natale.
“Dove stiamo andando?” chiede Amirah tremano leggermente dal freddo.
“Da nessuna parte, stiamo girando a casa. Una passeggiata non fa mai male” risponde Diana, ridacchiando con Hana che le lascia un bacio sulla guancia. Sbuffo scuotendo la testa, lanciando un’occhiata ad Amirah che non smette di tremare. Sto per chiedere di tornare a casa, quando Diana indica qualcosa in lontananza, dall’altra parte della strada.
“Non è lì che abbiamo visto Rebeka?” chiede abbassando la mano, girandosi a guardarmi alla ricerca di una conferma da parte mia.
“SÌ…è da giorni che la cerco, ma è come se fosse scomparsa all’improvviso” rispondo delusa, incurvando le spalle e abbassando il capo.
“Di chi state parlando?” chiede Hana corrugando le sopracciglia. Diana le sussurra all’orecchio la risposta, facendole cambiare espressione. Una carezza sulla schiena mi fa sospirare, un tocco gentile e familiare.
“Ho provato a cercarla, ma nessuna traccia di lei”
“Pensi le sia successo qualcosa?” sussurra apprensiva Amirah, anche lei preoccupata per la piccola nonostante le abbia parlato per poco.
“Spero di no” la discussione viene chiusa lì, nessuno ha il coraggio di andare avanti a porre domande di qui non so la risposta.
“Dovrebbe nevicare, non piovere in questo periodo” cambia argomento Diana. Le sue mani guantate si protraggono verso l’alto, guardando le gocce d’acqua scendere e scontrarsi con la lana. Il vento continua a soffiare con prepotenza sui nostri corpi, tanto che decidiamo sia arrivato il momento di tornare in un posto chiuso. La strada, come i nostri vestiti, iniziano a bagnarsi piano piano, gocce che scendono dal cielo e cadono sull’asfalto, inscurendolo.
“Amirah, tu sali in macchina con Miray e ci vediamo in azienda, quella della tua amata non la tua” Hana le da una pacca sulla spalla dopo aver esclamato quella frase, per poi rincorrere Diana che è già salita in auto. Come loro, anche noi vi entriamo, riparandoci dal freddo e dalla pioggia imminente.
“Ho visto che eri un po’ turbata poco fa al bar, è andato tutto bene l’incontro?” chiede con gentilezza prendendomi la mano che non è appoggiata sul volante. Stringo piano, estasiata dal calore che emana il palmo della sua mano.
“Niente di cui ti devi preoccupare Amirah. Ho rifiutato categoricamente…anche se non è stato facile allontanarlo dall’azienda” rispondo picchiettando inconsciamente le dita sul suo braccio coperto.
“Ok, meglio così, non abbiamo bisogno di persone incompetenti” fermo il movimento della mia mano, stringendole il braccio in una morsa gentile.
“Abbiamo?” chiedo guardandola di sfuggita. La sento prendere un respiro profondo, cercando di trovare una risposta, probabilmente spaventata dalla reazione che potrei avere.
“N-non volevo insinuare niente” balbetta.
“Mhm, non mi piace quando sconosciuti si riferiscono alla mia azienda come la loro…ma tu non sei nessuno” dico timidamente. Amirah intreccia le nostre mani, accarezzandomi il dorso con il pollice.
“Va bene così?” chiede insicura. Annuisco semplicemente, avvicinando la sua mano alle mie labbra lasciandovi un bacio. Fu un bacio sporco, fatto di menzogne e risentimenti. So che prima o poi tutto verrà a galla, il passato, il presente e il futuro si uniranno in un unico arco temporale in cui sarà impossibile riconoscere il vero dal falso. In quel momento però, seduta in auto tenendo la mano di Amirah, decisi di godermi gli attimi che passerò con lei, senza dubbi, paure e ripensamenti.
“Dove vanno loro due?” alla domanda sbuffo ridendo. Vorrei fare una battuta, ma decido di evitare. Continuo a guidare, tenendo d’occhio l’auto davanti a noi. Le osservo deviare e prendere un’altra strada, decisamente più lunga rispetto a quella che stiamo percorrendo.
“Non saprei, prova a chiamarle al telefono” le lascio andare per permetterle di recuperare il telefono nella borsa, ma il distacco non dura molto, infatti non appena lo trova intreccia nuovamente le nostre mani, con il telefono che squilla appoggiato all’orecchio.
“Dove state andando?” la sento chiedere a chi presumo sia Hana. Non volendo intrudere nella conversazione non appena la sento bisbigliare al telefono e poi ridere, alzo leggermente il volume della musica per lasciarle la sua privacy. Quando chiude la telefonata, ci ritroviamo già nei pressi dell’azienda. Arrivate, opto per parcheggiare di fronte all’edificio. Scendo dall’auto allungando una mano verso di lei. Non appena la afferra, ci incamminiamo insieme. Saluto gli uomini della sicurezza che rispondono con un cenno della testa, lasciandoci spazio per entrare. Il percorso dall’ascensore all’ultimo piano avviene in totale silenzio. Forse imbarazzate, forse insicure di quello che potremmo dire, ma nessuna di noi due spicca parola. Le azioni avvenute la prima volta che ci siamo conosciute, per fortuna o per sfortuna , a seconda della prospettiva, non vennero replicate in quel momento.
“Dove sono finite quelle due?” chiedo salutando con la mano Melissa che ci guarda con occhi sgranati. Sposta lo sguardo dal mio volto alle nostre mani, con il sorriso che diventa sempre più amplio non appena realizza. Tolgo il cappotto, aiutando Amirah a fare lo stesso, per poi lasciarli sull’appendiabiti in un angolo della stanza.
“Sono tornate a casa a prendere dei documenti…ma conoscendo Hana, non mi è sembrata sincera” risponde seduta sul divano. Annuisco comprensiva, porgendole un bicchiere d’acqua che afferra con un debole grazie. “Sai, dovresti ringraziare Melissa. Se non fosse stato per lei, non sarei riuscita a fare il primo passo e scusarmi” confessa deglutendo rumorosamente. Osservo il movimento del suo pomo d’Adamo, che va su e giù lentamente. Mi mordo il labbro inferiore, sotto lo sguardo confuso di Amirah che aspetta una risposta che tarda ad arrivare.
“Si…dovrei” sussurro senza aver registrato le sue parole, ancora intenta a guardarla intensamente.
“Sai almeno di cosa dovresti ringraziarla?” chiede con un mezzo sorriso. Mi avvicino, sedendomi accanto a lei appoggiando una mano sulla sua gamba coperta.
“No” rispondo sincera, stringendole l’interno coscia in una morsa sicura. Invece di ripetere quello che mi ha detto poco fa, prende la mia mano, posizionandola sul suo petto e sedendosi a cavalcioni sulle mia gambe. Le afferro i fianchi coperti da una maglietta sottile, facendo scorrere le mani sotto di essa. La pelle calda del suo corpo mi fa eccitare. Appoggio la testa sulla sua clavicola, rilasciando un sospiro appena inizia ad accarezzarmi i capelli.
“Che succede?” chiede con gentilezza Amirah.
“Che stiamo facendo?” chiedo ancora dubbiosa di tutta questa storia.
“Viviamo” una risposta semplice che aiuta a spegnere le mie insicurezze. Non ferma le sue carezze, lo sconforto sfuma via ad ogni suo movimento, delicato e rassicurante. “È questa la vera Miray Tanner? Gentile e insicura dei suoi sentimenti? Vulnerabile…” uno verso strano fuoriesce dalle mie labbra, simile ad una risata e ad un sospiro.
“Sì…non ti aspettavi fossi così?” chiedo sarcastica. Cerco di allontanarmi da lei, ma mi stringe ancora più forte e più vicino al suo petto.
“Non andartene…non sto cercando di prendermi gioco di te, sono solo curiosa del motivo per cui tu sia diventata così” mormora tra i mie capelli. Da fuori vedrebbero due anime che cercano di unirsi, ma invano, due anime troppo diverse per trovare qualcosa in comune che le possa legare.
“Così come?”
“Infelice, aggressiva nei confronti di chi non ti fidi…e sola” risponde appoggiando la guancia sul mio capo. Storco le labbra ripensando a quello che mi è successo da quando sono nata…dolore, dolore e solo dolore.
“Tante vicissitudini, cose inimmaginabili che non augurerei neanche al mio peggior nemico” Amirah si sposta per guardarmi negli occhi. Posso vedere nel suo verde smeraldo la preoccupazione e l’angoscia al solo pensiero di cosa ho passato. Non sono solo i suoi occhi a trasmettere la paura, ma anche il suo cuore che accelera, i suoi muscoli che si irrigidiscono, le labbra che tremano e le mani che mi stringono più forte di prima.
“Non è il momento di piangere” le dico, facendola poi sedere accanto a me sul divano, nel esatto momento in cui Diana e Hana spalancano la porta sgarbatamente.
“Siete a conoscenza di una parola chiamata “gentilezza”?” la mia domanda sembra entrare loro da un orecchio e uscire dall’altro. Entrambe si siedono sul divano, facendoci stringere l’una all’altra, non lasciando spazio tra i nostri corpi, entrambe esageratamente estasiate per essere tornate fino a casa per dei fogli.
“Che succede?” chiede Amirah quasi spaventata dalla loro esuberanza.
“Stasera usciamo” risponde Hana, con gli occhi che le brillano dalla gioia. Sto per alzarmi con l’intento di allontanarmi da loro, ma vengo fermata da Diana che mi trascina all’indietro per i fianchi.
“E voi verrete con noi” completa la frase la sua ragazza. Sbuffo lasciandomi andare all’indietro sul divano, guardando il soffitto.
“Perché?” domando, già consapevole che da questa situazione non ne possiamo uscire.
“Per divertirci? Che domande” il modo perentorio in cui risponde Diana, mi fa sorridere a al contempo sbuffare.
“Posso alzarmi?” domando sarcasticamente alle due donne che ci tengono in ostaggio.
“Si, ma non azzardarti a varcare quella porta” Hana indica con la mano l’uscita dall’ufficio. Scuoto la testa ormai rassegnata dal loro comportamento. Mentre le tre parlano, apro lo scaffale della scrivania, tirando fuori il fascicolo lasciatomi da Kayden Forbes, rileggendo la proposta. Con una mano appoggiata che sostiene il capo, faccio scorrere gli occhi distrattamente su quello che c’è scritto, focalizzandomi principalmente su una delle condizioni. Quale potrebbe essere il motivo per cui i Forbes stiano azzardando così tanto, da volersi avvicinare a me. Per quanto la mia azienda sia una delle più redditizie del paese e anche del mondo, non è di certo al livello della loro. Sicuramente c’è qualcosa dietro, ma non posso permettermi di non accettare la proposta anche se dovessi scoprire che si nasconde qualcosa di losco. In questo momento tuttavia, il mio obiettivo è cercare di persuaderli nel cambiare certe condizioni prima di firmare l’accordo.
Qualcuno, che presumo sia Diana, mi allontana il braccio che sorregge il capo, facendomi quasi sbattere contro il tavolo, mentre la sua risata rimbomba nella stanza.
“Diana!” la riprende Amirah avvicinandosi per assicurarsi che stia bene. Prima che possa leggere il fascicolo, lo ripongo nello scaffale che chiudo a chiave. La vedo che mi osserva con circospezione, ma faccio finta di niente, rivolgendole un sorriso debole.
“Stai bene?” annuisco frettolosamente, sperando non abbia letto niente.
“Noi tre stiamo andando, ci vediamo stasera?” chiede Amirah appoggiandomi una mano sulla spalla.
“SÌ, certamente”
Aspetto fino a quando abbiano preso tutte le loro cose, per poi accompagnarle fino all’ascensore, salutandole con un cenno e facendo segno ad Amirah che l’avrei chiamata più tardi. Appena le porte si chiudono mi rabbuio, strofinandomi il collo con la mano.
“Melissa…” sussurro il suo nome stanca, provata da tutto. Il suo sguardo ricade su di me pesantemente, come un macigno che ti schiaccia fino a toglierti il fiato e la vita, come una farfalla che sta per appoggiarsi su di te, ma poi trova qualcosa di meglio e si allontana. Sempre gli stessi sentimenti, le stesse paure e insicurezze…tutte cose di cui Melissa è a conoscenza, sentimenti che condivido con lei e nessun altro. Si incammina verso di me velocemente, avvolgendomi in un abbraccio caloroso, dandomi un senso di sicurezza che solo pochi riescono. Nel corridoio vuoto dell’ultimo piano, tra le sue braccia, lascio che le lacrime scendano copiose, bagnando qualsiasi cosa al loro passaggio. I singhiozzi si impossessano del mio corpo tremante, rendendo ancora più visibile la sofferenza e la paura che provo dentro di me.
“Va tutto bene piccola” sussurra parole che conosco a memoria ormai, parole sussurrate troppe volte dalle sue labbra nel tentativo di calmarmi, parole sussurrate da lei quando ero ancora sposata… parole che spero non sentirò più uscire dalle sue labbra. Una vita fatta di momenti difficili, una vita che spero si trasformi in altro, come un bruco che si trasforma in una farfalla, perché si, preferisco vivere per poco ma felice e in pace, piuttosto che a lungo e inseguita da uomini e donne che mi calpestano perché schifati e spaventati.
“Sei come una farfalla, ricordi? Te lo ripetevo sempre” quel lato da bambina che avevo represso a lungo, fuoriesce quando Melissa si rivolge a me con quel nomignolo. Mi lascio andare sul suo petto, lasciandomi cullare dal battito regolare del suo cuore, ripensando a quei pochi momenti di gioia che passavo insieme a Melissa dentro a quella casa.Flashback
Correvo cercando di nascondermi dalla donna che voleva catturarmi, cercando di trattenere la risata ogni volta che la sentivo chiamarmi.
“Dove si è nascosta la mia farfalla?” era strano sentire una donna chiamare una ragazza di 16 anni con quel nomignolo, solitamente viene usato con i bambini, ma in quel momento mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, a quando avevo nove anni, dove invece di nascondermi dalla donna che voleva catturare la farfalla perché la riteneva troppo bella per essere vista dagli altri, scappavo da una donna che la farfalla la voleva uccidere perché invidiosa. In quel momento stavo cercando di cambiare i miei ricordi con qualcosa di più gioioso.
Le altre domestiche mi guardavano confuse e schifate dal mio comportamento, ma loro non potevano capire, solo Melissa aveva dedicato il suo tempo per conoscermi davvero… solo lei poteva catturare la farfalla per amarla. E così fece. Una chioma bionda sbuca da dietro l’angolo, facendomi urlare e poi ridere mentre tento di scappare da lei. Disattenta inciampo sul tappeto, cadendo rovinosamente a terra e sbattendo il gomito in maniera brusca. Vengo tirata subito in piedi, sotto lo sguardo preoccupato di Melissa.
“Stai bene?” chiede preoccupata accorgendosi dei miei occhi bagnati. Ricaccio indietro le lacrime rivolgendole un sorriso.
“Le farfalle non si fanno male” rispondo ricominciando a correre per la casa. “E non si fanno catturare” urlo. In quegli attimi però, non sapevo che la mia vita sarebbe cambiata drasticamente da lì a poco…una ragazza di sedici anni, che voleva sentirsi ancora piccola, sarebbe stata costretta a crescere in fretta per poter affrontare le avversità che le si sarebbero presentate. La farfalla una volta libera, viene catturata dal buio del demonio, unendosi a lui.
Fine flashbackSorreggendomi, Melissa mi riporta in ufficio chiudendosi la porta alle spalle.
“Spiegami cosa ti sta succedendo. È da quando quel Forbes è entrato in azienda che sei così” chiede quasi arrabbiata. Le porgo le chiavi che avevo in mano da quando le tre donne erano qui, indicandole la scrivania.
“Pagina 5”
Prende il fascicolo che fino a poco fa avevo in mano, sfogliandolo fino alla pagina indicata, iniziando a leggere. La guardo alla ricerca di qualche reazione da parte sua, che non tarda molto ad arrivare. Inizialmente si blocca, le mani iniziano a tremare facendo muovere i fogli che provocano un rumore fastidioso, gli occhi rimangono fissi su una frase e poi sbianca visibilmente.
“Mi dispiace… loro sanno” sussurro.
Si risiede accanto a me stringendomi nuovamente, lasciandomi un bacio tra i capelli nel tentativo di rassicurarmi.
“Va tutto bene, calmati. Pensiamo a come risolvere”
“Proverò a fargli cambiare idea… ma sarà impossibile” sussurro con disperazione, abbassando lo sguardo, vergognandomi di averla messa in una situazione del genere. “Ho rovinato tutto con uno stupido errore!” urlo “Non voglio che si ripeta la stessa cosa Melissa… non posso rischiare tutto in questo modo” dico, iniziando a respirare affannosamente sotto i suoi occhi preoccupati.
“Piano piccola farfalla, respira” esclama accarezzandomi la schiena affettuosamente.
“È da tanto che non mi chiami così” ansimo con il cuore in gola, tentando di far diminuire i battiti. Rimaniamo lì, sedute insieme senza fiatare. Troppi pensieri, troppi misteri e troppi guai da dover risolvere. Non mi accorgo di Melissa che nel frattempo si è alzata per prendere un libro dallo scaffale, che mi porge delicatamente; il mio libro preferito son da quando ho sposato Noah. Corrugo la fronte, non capendo il motivo di questo suo gesto, ma lo affermo comunque.
“A cosa mi serve?” domando guardandola con sguardo confuso.
“Per ricordarti che sei tu a scegliere cosa ti piace e cosa no…sei tu a scegliere chi vuoi avere sempre accanto e chi invece è da scartare”
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Who wins? (girlxgirl)
RomanceMiray Tanner, CEO di una delle più grandi aziende automobilistiche del mondo. Conosciuta da tutti per la sua capacità di mantenere in piedi la sua impresa, una volta di suo marito.Tutta la sua vita gira attorno a menzogne, ad un marito morto di cui...