CAPITOLO 10

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Vivere in ospedale per un paio di giorni non è certamente il massimo per una persona come me a cui piace occuparsi di tutto. Essere trattata come una bambina pronta a frantumarsi come un vaso di porcellana in mezzo a dei vasi di ferro, non è quello che il CEO di una grande azienda vorrebbe mai provare. Sfortunatamente per me, mi è proibito alzarmi dal letto se non senza il consenso del mio dottore.
"Melissa, come stanno andando le cose in azienda?" La donna bionda, seduta sulla sedia accanto a me, alza lo sguardo dalla rivista che stava leggendo, guardandomi dolcemente. <Tutto apposto signora. La signorina Aceveds ci sta aiutando moltissimo in questi giorni in cui lei manca. Stiamo solo cercando di capire che cosa abbia causato l'incidente> stringo il lenzuolo bianco con cui sono coperta, chiudendo gli occhi. "È colpa di quel team di incompetenti che ho ingaggiato. Non hanno controllato adeguatamente il veicolo prima che facessi la prova." La chioma bionda della mia segretaria si scuote come delle foglie appese ai rami che vengono spostate da una folata di vento. <No signora. La macchina è stata manomessa> rifletto sulle sue parole, cercando di capirci qualcosa. Chi mai manometterebbe il veicolo? Chi rischierebbe così tanto al fine di eliminarmi? Mi tocco la fronte sentendo un mal di testa incessante. "Ecco perché era lì..." Sussurro realizzando il tutto. <Chi signora? Di chi sta parlando?> Deglutisco osservando il viso preoccupato di Melissa "Joshua...prima che io iniziassi la prova, mentre il team controllava la macchina, lui non era sugli spalti"
Uno sguardo di realizzazione cala sul viso di Melissa <O mio dio...pensa che lui l'abbia scoperto?>
Prendo le sue mani nelle mie, lasciandole delle carezze sui dorsi indurendo lo sguardo "Anche se ha scoperto il tutto, non gli permetterò di farci del male. Ha già provato ad uccidermi, e non ci è riuscito." Si alza dalla sedia andandosi a riempire un bicchiere d'acqua, bevendo tutto in un sorso.
<Che cosa facciamo signora?>
"Ci  liberiamo di lui"
                                                                                         ***
<Sta bene? Quando potrà uscire?>
"La signora Tanner sta bene, potrà uscire appena sveglia, per fortuna il colpo che ha subito alla testa non è stato fatale. L'unica cosa che le potrà recare un problema è il braccio. Deve tenerlo sotto controllo e far in modo di non farlo infettare se non vuole perdere definitivamente il braccio"
In stato di dormiveglia sento delle persone sussurrare cercando di non svegliarmi, e poi una porta essere chiusa, prima di essere avvolta dal silenzio. Un sospiro si sparge per la stanza spoglia nell'esatto momento in cui apro gli occhi studiando la figura dinanzi a me.
"Non dovrebbe chiedere il permesso prima di entrare signorina Aceveds?"
Sussurro con voce roca a causa del sonno, facendola sobbalzare dallo spavento e appoggiare una mano sul petto.
<Non mi sembra di essere nel suo ufficio signora Tanner>
I suoi verdi occhi mi scrutano attentamente con un accenno di provocazione in essi. Di risposta le sorrido sarcastica.
"Forse dovrei comprarmi l'ospedale sai? In questo modo potrò avere una stanza tutta mia. E poi sì che dovrai chiedermi il permesso per entrare"
Una risata roca giunge alle mie orecchie, portandomi a chiudere le palpebre.
<E farci cosa con una stanza? Aggiungerla alla tua collezione di cose personali che un CEO dovrebbe avere?> Faccio finta di pensare alla sua domanda mordendomi il labbro, appoggiando l'indice sul mento. "Si, potrei anche scriverci un libro adesso che ci penso" sbuffa infastidita dal mio comportamento, sedendosi sulla sedia in plastica. <Sei proprio pessima. Se potessi ti lascerei in questa stanza ancora per qualche giorno> alzo un sopracciglio in sua direzione e le rispondo con cinismo "Per far cosa poi, rubarmi l'azienda? Ho lottato troppo per guadagnarmi tutto ciò che ho ora, e non ho intenzione di lasciarla andare così facilmente" il suo sguardo si indurisce visibilmente <Sarebbe una bella idea sai? Potrei unirla alla mia poi e prendermi tutto il merito> inclino il capo cercando di capire se stia parlando seriamente oppure no, quando si piega in due sulla sedia, ridendo senza sosta. Scuoto la testa esasperata dal suo comportamento "Da quando siamo arrivate ad aver una tale confidenza?" Appoggia la mano sul mio braccio, tracciando la flebo. <Quel tuo trucchetto del labirinto mi ha fatto capire che tipo di persona che sei> premo il pulsante accanto al letto chiamando l'infermiera. Le tolgo la mano dal mio braccio, scostando le lenzuola
"Non penso lei abbia capito signorina. Neanche minimamente"
L'infermiera entra nella stanza con l'affanno, guardandomi preoccupata
-Vedo che sta bene signora. Pensavo le fosse accaduto qualcosa. -
"Tutto apposto, vorrei solo uscire" annuisce con un sorriso amichevole sul volto, lasciandomi con un - Vado ad avvertire il suo dottore -
Mi alzo dal letto girando le spalle ad Amirah, aprendo lo zainetto accanto al letto, portato da Melissa, tirando fuori i vestiti.
<Avrò tempo per capire che tipo di persona lei sia signora Aceveds, di questo non si preoccupi. Sono più intelligente e furba di quanto possa sembrare>
                                                                                 ***
Dopo aver firmato tutte le carte necessarie per la mia dimissione, ed avere salutato il dottore, usciamo da lì. Con ai piedi un paio di scarpe comode, scendo le scale con velocità, lasciando dietro una Amirah persa nei suoi pensieri. "Dovresti smetterla di annegare nei tuoi pensieri in mia presenza, è una cosa che mi da fastidio" Alza lo sguardo, scuotendo la testa come per scacciare qualche ricordo sgradevole <Si scusa, è che continuo a pensare al tuo incidente...> Mi fermo in mezzo al marciapiede, rivolgendo le spalle alla strada e alle diverse macchine che passano "Non dovresti, sto bene e sono qui" Si passa una mano tra i capelli spostandoli come suo solito, sospirando <È difficile non farlo. Mi ricordo ancora il tuo corpo inerme all'interno della macchina...non posso fare a meno di sentirmi in colpa> Rilascio l'aria che stavo trattenendo, stringendo entrambe le sue spalle "Senti, sono viva e vegeta, adesso smettila e torna a casa ad occuparti di tutte le scartoffie rimaste, che anche io devo recuperare i giorni in cui sono rimasta in ospedale" scrolla le spalle strofinandosi le mani contornate da anelli. <Hai ragione, forse mi sto preoccupando un po' troppo, sarà meglio che vada. Ci vediamo domani allora, buon proseguimento di serata.> La osservo allontanarsi verso la sua macchina con passo elegante e sicuro sui suoi tacchi, tenendomi il braccio ferito. Con passo cadenzato mi avvicino alla macchina bianca di Melissa parcheggiata qualche metro più in là. Apro con fatica la portiera, sedendomi comoda sul sedile nero in pelle, rilasciando uno sbuffo. <Tutto bene signora?> annuisco stanca chiudendo gli occhi per un momento. "Tutto apposto, devo solo riprendere la mia solita routine" Tengo il braccio fasciato vicino al petto, sostenendolo con l'altra mano, non volendo farmi del male. <La riporto a casa?> Scuoto la testa non volendo tornare a casa a sdraiarmi a far niente "In azienda per favore" lo sguardo incredulo di Melissa mi fa sorridere <Ma...sono le dieci di sera signora, non è un po' tardi? E poi con quel braccio conciato così cosa pensa di fare?> il tono materno e preoccupato che mi rivolge mi fa cambiare idea "D'accordo, possiamo almeno passare di lì per prendere alcuni documenti di cui ho bisogno e poi puoi riportarmi a casa?" Annuisce, accendendo la macchina e dirigendosi verso l'edificio. Le strade buie illuminate solamente dai lampioni, creano un effetto surreale, che accompagnato dal silenzio che c'è nell'abitacolo, mi porta a sospirare. <Ha idea di quello che vuole fare con Joshua?> la voce di Melissa spezza la dolce atmosfera che si era creata poco fa. "Non lo so, ma penso di dover chiedere aiuto a Diana per risolvere la questione"
<Si fida di lei signora?> chiede con voce roca e insicura accanto a me "Ciecamente " la mia risposta secca la fa restare in silenzio con le mani ben fissate sul timone e lo sguardo rivolto sulla strada dinanzi a noi.
Appena arrivate al parcheggio sotterraneo dell'azienda, apro la portiera uscendo dall'auto. "Torno subito, aspettami qui" esclamo con voce medio bassa.
<È sicura di voler andare da sola?> allontanandomi dal veicolo la sua voce arriva come un sussurro. La liquido con un gesto veloce entrando in ascensore, non avendo bisogno di una persona che mi segue ventiquattro ore su ventiquattro . Saluto con un sorriso cordiale il controllore del parcheggio, aspettando che le porte si chiudano. Aspetto paziente che l'ascensore raggiunga l'ultimo piano, giocherellando con la fascia attorno al braccio, strizzando gli occhi stanchi. Appena le porte si aprono, esco dalla non così piccola scatola, raggiungendo il mio ufficio. Spingo la porta socchiusa, entrando con sicurezza. Non degnando di uno sguardo il disordine che incombe nella stanza, raggiungo il tavolo pieno di documenti lasciati incustoditi, cercando ciò per cui sono venuta. Diversi fogli passano per le mie mani, tutti uguali, tranne uno che cattura immediatamente la mia attenzione. Il colore leggermente più scuro rispetto agli altri mi fa arricciare la fronte. Sistemo minuziosamente tutti i dossier su un lato della scrivania, andando a sedermi sulla mia sedia, con in mano il foglio. L'orologio a pendolo appoggiato sul muro segna le 10:30 di sera. Il mio respiro è accompagnato dal semplice ticchettio delle lancette, e dal rumore del foglio che continuo a rigirare tra le mani. Apro il foglio ripiegato su se stesso, leggendo le poche righe scritte in grassetto al centro del foglio.
Lascia perdere.                                                                                                                                                                Ascolta quello che ti dico.                                                                                                                                      Uscirne sarà impossibile.                                                                                                                                         Ripensa a chi hai accanto e a quello che fai.                                                                                                                                          Estraneo o non?                                                                                                                                                                 Niente è come sembra, chi ti tradisce è qui.
Mi alzo di fretta dalla sedia, uscendo dall’ufficio, inoltrandomi nei corridoi bui, per prendere l’ascensore. “Qualcuno è entrato nel mio ufficio mentre ero via?!” sbraito contro il controllore del parcheggio che impaurito scuote la testa frenetico. <Non lo so signora, io non entro mai in azienda, sto sempre qua> digrigno i denti, camminando velocemente verso la macchina. “Sai se qualcuno è entrato nel mio ufficio mentre ero fuori Melissa?” le domando consegnandole il foglio. <Questo cosa vuol dire?> scuoto la testa riponendole la stessa domanda <Non saprei signora, ero quasi sempre con lei in ospedale. Se vuole possiamo chiedere agli altri impiegati domani> Sospiro stressata, rispondendole con un flebile “Ok”. <Cosa vuol dire questo foglio?>  tamburello le dita sul cruscotto riflettendo attentamente sulla sua domanda “Non ne ho la più pallida  idea.  Ci sono solo delle frasi messe a caso e nient’altro.” <La cosa sta diventando sempre più complicata. Dobbiamo farla finita al più presto signora>
“Lo so, ma non dobbiamo affrettare le cose...non possiamo fare passi falsi, non possiamo permettercelo”
<Forse dovrebbe chiedere aiuto alla sua amica Diana se lo ritiene opportuno> mi mordo il labbro inferiore pensierosa, valutando la situazione “Non vorrei metterla in mezzo a qualcosa di più grande di lei...” <Potrebbe esserci molto d’aiuto Miray, ora non è il momento di pensare a cosa sarebbe giusto e cosa non lo sarebbe. Abbiamo bisogno di molte persone dalla nostra parte. Non possiamo fare tutto da sole, sarebbe impossibile.>
“Hai ragione, domani le parlo io e cerco di convincerla ad aiutarci” <Vuoi raccontarle tutto?> chiudo gli occhi stanca da tutto questo, stufa di dove continuare a proteggere le persone che ho accanto da individui che minacciano il nostro equilibrio
“No...non posso”

Who wins? (girlxgirl) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora