Ho sempre avuto un debole per l'acqua; l'elemento più presente e utile per la sopravvivenza che l'uomo abbia mai scoperto sulla Terra. Amo il modo in cui l'acqua passa dall'essere fredda ad essere calda in poco tempo. È come se per un momento fosse apatica, senza emozioni, ma appena viene a contatto con qualcosa di passionale si riscalda, cullando insieme a se tutte le diverse specie che vivono al suo interno. Sembrerebbe l'elemento meno pericoloso al mondo. Quando osserviamo un mare calmo, il nostro animo si rilassa, osservando l'acqua ondeggiare avanti e indietro, come se stesse cercando di far addormentare chiunque la stia guardando. Ma, l'esatto momento in cui meno ce lo aspettiamo, è quando l'acqua attacca, distruggendo tutto al suo passaggio. Quelle onde lente che ci portano ad addormentarci, appena percepiscono le nostre debolezze, ci assalgono senza timore e sensi di colpa, sbaragliando ogni essere vivente che non riesce a tenerle testa. Scaglia contro noi esseri umani, che l'abbiamo sottovalutata, piogge acide, tsunami, causando catastrofi naturali irreparabili, portando con se, nel profondo delle sue viscere, centinaia oppure migliaia di morti. L'acqua è sempre lo stesso elemento nella tavola periodica, che riesce a spegnere il più grande degli incendi, è quell'elemento che pietrifica la lava quando a contatto con essa. Ho sempre provato una certa ammirazione per l'acqua, più forte del fuoco, che definirei in modo poetico, il suo amante. Fuoco e acqua, due elementi che uniti insieme, sono impossibili da sconfiggere. Mi è sempre piaciuto definirmi la sorella dell'acqua, bella e regale come lei, fredda e apatica allo stesso modo, ma non calda e passionale a contatto con altri. Quel aspetto dell'acqua è ciò che meno mi caratterizza. Forse in passato, quel carattere ammaliante dell'acqua sarebbe potuto appartenermi, ma adesso non più. Il mio cuore, da quando Noah è morto, è rimasto freddo, impassibile davanti a chiunque abbia incontrato nel mio cammino verso il successo. In questo momento, seduta in un bar a bere il mio solito caffè mattutino, mentre osservo le persone passarmi accanto non provo niente; apatia totale. Finisco di bere il mio caffè macchiato, alzandomi dalla sedia, infastidita da tutti questi movimenti attorno a me. Pago ciò che ho preso, uscendo dal piccolo bar, entrando in macchina. Schiaccio il pedale, lasciandomi alle spalle un'infinità di macchine parcheggiate una accanto all'altra. Stamattina prima di uscire di casa ho avvertito Melissa che non l'avrei vista in azienda questa mattina. Ho deciso di raggiungere la signorina Aceveds nel suo ufficio e di darle il contratto firmato di persona. Ho bisogno di discutere con lei. Sarà la mia socia d'ora in poi, ed è per questo che dovrà imparare ad obbedire agli ordini. Seguo le indicazioni datemi dal navigatore che ho acceso sul telefono, avvicinandomi in poco tempo all'azienda. Osservo l'edificio che si innalza davanti ai miei occhi, decisamente più piccolo di quello in cui lavoro io, entrando senza troppi problemi nel parcheggio riservato a coloro che lavorano qui. Alcune macchine della polizia sono poste ai lati della strada principale, controllando l'edificio. Corrugo la fronte, insospettita della loro presenza. Stringo le chiavi della macchina in un pugno, sentendo riaffiorare il senso di ingiustizia che mi fecero provare quei dannati poliziotti quando denunciai Noah.Flashback
L'ennesimo pugno, l'ennesimo schiaffo e l'ennesimo insulto. Le stesse situazioni continuano a ripetersi senza che io o qualcun altro possa fare niente. Ogni volta che Noah torna a casa, o è ubriaco, oppure molto stressato riguardo al lavoro, che sfoga tutta la sua frustrazione su di me. Mi definirei ormai, una bambola; una di quelle bambole nelle mani di una bambina, alla quale giocattoli del genere non piacciono, che per mostrare ai suoi genitori la sua indignazione, maltratta la povera bambola, strappandole i capelli, cavandole un occhio, oppure staccandole gli arti. Fortunatamente mio marito non è ancora giunto fino a quel punto, ma se non agisco ora, molto presto sarò già nell'aldilà. Senza il permesso di Melissa, esco di casa, cercando di procurare meno rumore possibile. Raggiungo il garage, apro il basculante, e brandisco la bici accantonata a lato. Monto con fatica su di essa, patendo ancora delle botte subite ieri. Pedalo con la stessa grazia di un elefante fino alla stazione di polizia, facendo imprecare alcuni autisti. Chi avrebbe mai pensato che quella via di scampo, che speravo mi avrebbe salvato dalla mia famiglia è diventata invece una via verso l'inferno. Lancio la bici per terra, entrando nella stazione di polizia, dopo essermi guardata attorno minuziosamente, sperando che nessuno delle persone che conoscono Noah, siano nei paraggi. Cerco con lo sguardo un agente di polizia per denunciare mio marito. "Mi scusi, sono venuta qui per sporgere denuncia" un agente si ferma, guardandomi dall'alto verso il basso con superiorità. I lividi che avevo sul viso li ho coperti con un leggero strato di trucco, cercando di rendermi presentabile davanti alle persone che a differenza mia hanno la possibilità di uscire di casa e di vivere la loro vita al meglio. Si rivolge a me con tono sgarbato e annoiato, mentre si guarda le unghie sporche delle mani <Per qualche motivo vorrebbe sporgere denuncia?> almeno prova un certo rispetto verso di me, penso notando io modo in cui mi parla "Mio marito" quelle due parole sembrano attirare la sua attenzione. Irrigidisce le spalle squadrate, osservandomi con sguardo duro <Riguardo a cosa?> sotto la sua espressione minacciosa, inizio a sentirmi sempre più piccola, non ritenendo più che la mia decisione sia stata garbata. "L-lui, abusa d-i m-me...". Annuisce, incrociando le mani davanti al petto, più interessato di prima <Potrei sapere il nome per favore?> "Noah Strandford" Non capisco se sia forse il fatto che abbia precedentemente balbettato, oppure che non l'abbia guardato negli occhi quando parlavo, ma non mi prende sul serio. La sua risata, una risata di scherno, risuona per tutta la stazione di polizia, facendomi rimpicciolire sempre di più. Una mano tiene la sua pancia coperta dalla divisa blu, l'altra nel frattempo sbatte contro il suo ginocchio ripiegato. Confusa, mi torturo le pellicine che ho sulle dita delle mani, cercando di non pensare agli sguardi che ho addosso. Un altro agente, poco più alto di lui, si avvicina a noi. <Che succede Jhonas?> il poliziotto, che a quanto pare si chiama Jhonas, si ricompone, appoggiando, la mano che aveva sulla pancia, sulla spalla dell'altro <Questa qui, è venuta a sporgere denuncia...> non riesce a finire di parlare a causa delle risate che riscuotono il suo corpo. - Hey, sporgere denuncia per cosa? E nei confronti di chi? - la voce possente dell'agente di cui ancora non conosco il nome, richiama Jhonas. "A quanto pare Noah Strandford sta abusando di lei" Lo sguardo contorto dal trattenere le risate, dell'agente che ha raggiunto me e Jhonas da poco, è il segnale di cui avevo bisogno, per arrivare alla conclusione che nessuno qui mi avrebbe mai aiutato. A quanto pare mio marito ha molta influenza su queste persone. Indietreggio lentamente, incredula per ciò che sta accadendo davanti ai miei occhi, sentendomi inutile e presa in giro, per qualcosa che sto subendo. Sono una vittima di molestie che non viene presa sul serio, solo perché colui che mi sta facendo del male è una persona di sesso maschile che per mia fortuna è Noah Strandford, l'uomo più potente del mondo, a cui nessuno andrebbe mai contro, per paura delle ripercussioni che le loro azioni potrebbero causare. Scappo letteralmente da quel posto, riprendendo la bici che avevo lasciato sul lato della strada, allontanandomi da li. Non avendo la minima intenzione di tornare a casa da quel mostro, pedalo senza fermarmi per le strade trafficate, perdendomi nel caos. Avrei dovuto pensarci, prima di ribellarmi contro mio marito. Avrei dovuto sapere che non me l'avrebbe fatta passare liscia. Avrei dovuto sapere, che la punizione che avrei subito per questo "capriccio", come lui lo chiama, sarebbe stata più pesante e offensiva delle altre.
Fine Flashback
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Who wins? (girlxgirl)
RomanceMiray Tanner, CEO di una delle più grandi aziende automobilistiche del mondo. Conosciuta da tutti per la sua capacità di mantenere in piedi la sua impresa, una volta di suo marito.Tutta la sua vita gira attorno a menzogne, ad un marito morto di cui...