"Mi aspettavo di più..." affermo uscendo dall'aula seguita da tutti gli altri, inclusa Amirah che però mantiene comunque una debita distanza da tutti noi. La mia rappresentante legale sistema la sua borsa con un sospiro, chiudendola dopo averci messo dentro i fogli che aveva in mano.
"Anche io, ma non mi stupisce. Dopotutto il giudice era un uomo, uno che conosco molto bene e che di fronte a situazioni del genere prende tutto sotto gamba." esclama, mentre ci incamminiamo per uscire dall'edificio. Il tragitto è tranquillo per pochi minuti, venendo subito fermati dalla controparte, che per niente contenta dell'esito non può fare a meno di rigettare la sua frustrazione su di noi.
"Dopo questi due mesi sarà la fine per te Miray...goditeli finché puoi." la minaccia di Joshua entra da una parte ed esce dall'altra, non registrando minimamente le sue parole senza senso e peso.
"Signorina Williams, le consiglio vivamente di tenere a bada il suo cliente." Hana guarda la mia rappresentante legale con occhi neri, allontanandosi semplicemente da Joshua e i miei genitori, uscendo dall'edificio sotto gli occhi increduli dei presenti, lasciandoci con un semplice "Non lo è più." Diana rimane impassibile, senza mai guardarla oppure girarsi ad osservarla mentre spinge le porte del tribunale, lasciando entrare un filo di luce che scompare subito non appena si chiudono dietro di lei.
"Diana..."
"No." la sua risposta arriva veloce e senza indulgere troppo, capendo subito cosa le voglia dire. Lo sguardo freddo, l'espressione completamente neutrale, diversa dalla sua solita fatta di sorrisi e occhi che brillano immensamente ogni volta che guardano Hana. Ora è impassibile, come se di fronte a sé non avesse avuto la sua ragazza ma qualcuno di irriconoscibile e mai visto, un serpente pronto a rilasciare il suo veleno per immobilizzare la preda. Non ho mai avuto l'opportunità di conoscere davvero la donna accanto alla mia migliore amica, mai avuto l'occasione di conoscere la migliore amica di...Amirah. Era sempre molto riservata, lasciandosi andare solo a qualche battuta, mai aprendosi completamente in mia presenza, forse perché semplicemente non si fida di me oppure perché è fatta così, ma ogni volta si nascondeva dietro a quel suo sorriso lucido e apparentemente genuino che riesce a confondere tutti, pure me e apparentemente Amirah.
Rebeka stretta fra le grinfie di mia madre si dimena con gli occhi lucidi, sembra quasi stia cercando di scappare da lei, che non pare intenzionata ad allentare la presa.
"Mi fai male!" il suo pianto di dolore mi fa fermare e osservare la scema che si svolge davanti ai miei occhi.
"Vattene" sibila mio padre, accorgendosi subito dei miei occhi puntati su di loro. Rimango ferma con i piedi piantati fermamente per terra, aspettando che faccia qualcosa di azzardato per poter agire a mia volta e strappare via Rebaka. I suoi capelli che fino a poco fa erano ben tirati indietro e in ordine, ora sono scompigliati, sicuramente a causa dell'eccessivo stress a cui è andato incontro dopo la sentenza. Io continuo passare le mani fra di essi non ha giovato alla sua immagine, ora completamente fuori posto. Se fosse un politico, in questo momento una sua foto scattata in queste condizioni, scatenerebbe il web e i giornalisti, che partirebbero subito con speculazioni di ogni tipo. Per sua fortuna, non è nessuno di importante.
"Non vi permetterò di rovinarle la vita! L'avete fatto già abbastanza con me quando non potevo fare niente per difendermi...quei giorni sono finiti." Rebeka scappa dalle mani di mia madre, correndo verso le mia braccia mentre piange non volendo vedermi andare. Con addosso un vestito decisamente migliore di quelli che indossavo io alla sua età e a quando l'ho vista per la prima volta, trema visibilmente.
"Torna subito qui!" tuona nostro padre, guardando negli occhi una piccola bambina terrorizzata che non muove un muscolo di fronte al suo ordine. La stringo forte, sfidando con lo sguardo l'uomo che ora marcia verso di noi con una rabbia addosso che sembra averlo fatto andare fuori di testa. Non appena mi accorgo del suo braccio che si alza per colpire mia sorella, faccio un passo avanti, contrapponendomi tra i due a subire la sua ira. Lo schiaffo arriva forte, simile a quelli di Noah, seguito da un rumore sordo che mi fa mozzare il respiro in gola; per la prima volta nella sua vita, mio padre, colui che aspettavo in quella casa vuota in cui da piccola vivevo, ha prodotto un rumore che non ho mai smesso di cercare quando ero ancora sotto la sua tutela.
"È troppo tardi..." sussurro tra me e me, ridendo per l'assurdità della situazione; ho trovato qualcosa che bramavo per anni quando non ne sento più la necessità, quando ormai l'unica cosa di cui ho bisogno è solo ed unicamente il rumore del respiro di Amirah sulle mie labbra.
La guancia sicuramente rossa, pulsa con insistenza mentre guardo le scarpe che ho di fronte; lucide e di marca. "Lei non torna a casa con voi." affermo decisa, alzando lo sguardo su di lui, guardandolo dritto negli occhi, aspettando che mi contraddica. Invece di parlare, alza nuovamente il braccio, pronto ad infliggere un altro colpo. Di fronte a quella scena chiudo gli occhi aspettando l'impatto, uno che non arriva mai. Un movimento di aria mi fa aprire gli occhi per capire cosa sia stato a fermare i suoi movimenti. Una schiena coperta da una maglietta attillati che mostra le spalle strette e delicate di una donna. I capelli lunghi che cascano e coprono le sue scapole, mentre il suo profumo si impossessa dei miei sensi. Dalla maglietta noto i muscoli tesi e irrigiditi, con l'unico scopo di tenere fermo quel braccio che invece di farmi del male avrebbe solo dovuto tenermi stretta a sé ed amarmi.
"Questo potevi farlo quando non mi aveva accanto..." da dietro di lei, osservo il modo in cui le sue dita si stringono con forza sul polso di mio padre, che non aspettandoselo fa una smorfia per niente contento dell'interruzione. "Rebeka viene a casa con noi, che a te piaccia o no." afferma, avvicinandosi pericolosamente al suo volto, costringendolo a piegare il braccio. "Non provare mai più a toccarla" sussurra a denti stretti, conficcando le unghie sulla sua pelle che piano piano sta diventando rossa. Preso da una rabbia improvvisa, l'uomo che ormai ho capito di non poter mai più nella mia vita considerare un padre, si divincola dalla presa ferrea in cui è bloccato, volendo questa volta colpire la donna che non sembra minimamente intenzionata a muoversi. Spingo all'indietro Amirah, facendola barcollare nelle braccia di Diana che prontamente la sorregge, mentre lascio che ogni mia sofferenza, dubbio, insicurezza prenda il sopravvento. Colui che sarebbe la mia figura paterna, cade per terra nell'esatto momento in cui le mie nocche fanno contatto con la pelle della sua mandibola. Stordito e preso alla sprovvista scuote la testa mentre stringe le palpebre più e più volte, cercando di capire cosa sia successo. Una mano smaltata appartenente a Sawyer cerca di fermarmi, ma i suoi movimenti lenti in confronto ai miei non servono a niente.
"Questo per tutte le volte che mi hai lasciata sola." un pugno che riesce a stento a bloccare cercando di coprirsi il volto con gli avambracci "Questo per avermi venduta." uno sfogo senza precedenti sotto alle suppliche di Arisa di fermarmi, I tentativi di Jeffrey, Kayden e Diana di portarmi via e i pianti di Melissa. "Questo per aver provato a toccare la mia ragazza!" urlo colpendolo in pieno con tutta la forza e la rabbia che ho accumulato. Mia madre urla, mentre riescono finalmente a farmi allontanare dal suo volto coperto di sangue. Le gocce rosse cadono sul pavimento sotto di lui, che si tocca il viso cercando di capire da dove stia uscendo tutto quel liquido rossastro. Digrignando i denti per niente contento, si alza in piedi con l'intenzione di colpirmi nuovamente, nonostante gli manchi l'equilibrio necessario per avvicinarsi. Viene subito fermato da Kayden e Jeffrey che allontanandosi da me, lo prendono per le spalle con forza, mentre Amirah, prendendo il posto di Diana, mi spinge contro il muro che abbiamo accanto, e senza lasciarmi il tempo di reagire, mi bacia con passione e trasporto. Solo allora, ferma fra le sue braccia che avevo quasi iniziato a dimenticare, sento lo zigomo gonfiarsi ed un dolore incominciare a farsi sentire. Lascio che le sue labbra si impadroniscano delle mie con possessività e anche un pizzico di aggressività, un'emozione che sicuramente fa parte di lei da quella sera alla festa, mentre cerca di trasmettermi la sua di rabbia. In mezzo a tutta quella confusione, sembra essersi persa in quello che sta facendo, mordendo e leccando senza paura di essere vista da qualcuno, troppo intenta a vendicarsi a modo suo. Lascio che faccia quello che vuole. Stringe i miei fianchi con prepotenza quasi a lasciare i lividi sulla mia pelle, spingendo il suo corpo sempre più vicino al mio non lasciando neanche uno piccolo spazio tra di noi, dandomi la possibilità di sentire in ogni modo i suoi ansimi.
"Stai ferma...siamo in un cazzo di tribunale, non vorrai mica tornare dentro a quell'aula, dopo esserci rimasta per ore?" sussurra senza allontanarsi, facendo scontrare il suo respiro accelerato con il mio. Sospiro tentando di calmarmi, mentre mio padre, ora fra le braccia di mia madre si pulisce le ferite che non smettono di sanguinare. Il suo volto è ridotto male, botte colorate che lo cambiano completamente, rendendolo irriconoscibile da lontano. La rabbia prende nuovamente il sopravvento, non appena mi accorgo di Rebeka che piange e singhiozza fra le braccia di Arisa che preoccupata mi guarda. Il bisogno di far provare a quell'uomo che ora mi guarda indignato, lo stesso dolore che ho provato io quando ho vissuto con lui, inizia a farsi nuovamente spazio piano piano dentro di me, un veleno che si sta spargendo per tutto il mio corpo senza possibilità di fermarlo e di trovare un antidoto. Le mani di Amirah sono le uniche cose che riescono in qualche modo a limitare le me azioni, così come il suo sguardo pieno di desiderio, di cui non ne è sicuramente consapevole.
"Hai intenzione di scappare ancora?" chiedo spostando gli occhi sui suoi verdi, cercando di capire cosa abbia intenzione di fare, volendo evitare di guardare i miei genitori.
"Non sono scappata, ma mi hai allontanata." afferma con quello che sembra fin troppo un ultimo bacio. Le sue labbra si appoggiano sulle mie lentamente, come se avesse paura di essere rifiutata assaporandomi con dolcezza mentre mi accarezza il collo, trascinando due dita poco sotto alla mia mandibola, sentendo con i polpastrelli il mio battito.
"Sarà l'ultimo?" chiedo sommessamente, sperando in una risposta che so non arriverà mai da parte sua. Accarezza la guancia gonfia con gentilezza, sfiorando con la punta delle dita un piccolo taglio, causato dall'anello di matrimonio che l'uomo che mi ha colpita ha sull'anulare.
"Si..." ammette, questa volta allontanandosi da me e lasciando ad Arisa la possibilità di avvicinarsi. Osservo i suoi movimenti, mentre Arisa non smette di toccarmi per assicurarsi che non mi sia fatta molto male. Studio il modo in cui le spalle le si irrigidiscono, come tiene gli occhi puntati su chi fino a poco fa voleva metterle le mani addosso e soprattutto come tiene dietro di sé Rebeka, che ancora troppo impaurita afferra con forza i suoi vestiti, trovando subito dopo una mano che la stringe. La piccola si lascia andare ad un sospiro, trovando conforto in quel piccolo gesto di Amirah che non sembra minimamente intenzionata a spostarsi da lì; uno scudo diretto con il nemico a proteggere due sorelle in difficoltà.
Joshua che fino a poco fa è rimasto in disparte, ci passa accanto con una furia omicida. "Una volta fuori, te la farò pagare amaramente." sussurra minacciosamente, seguito a ruota dai miei genitori che non ci degnano di uno sguardo, neanche Rebeka che fino a poco fa volevano tornasse a casa con loro.
"Che cosa pensavi di fare?" domanda chi fino a poco fa era la mia rappresentante legale, per niente impressionata da ciò a cui ha assistito. "Non ho fatto tutto questo per poi vedere te finire in carcere per aggressione" la sua voce è bassa e delicata, ma arriva comunque piena di rimprovero e autorevolezza. Non rispondo, limitandomi ad abbassare lo sguardo e sospirare. "Fate in modo che non debba mai più sentire di voi" afferma prima di uscire dal tribunale.
"Torniamo a casa."
Amirah entra nella villa prima di me, subito dopo Jeffrey ed Arisa che tengono in braccio una Rebeka dormiente. I tre salgono le scale, lasciandoci sole nell'enorme salotto.
"Come sta Amanda?" pongo la domanda nell'esatto momento in cui mi siedo sul divano, sprofondando in esso mentre non sposto lo sguardo da lei.
"Bene. Si sta piano piano riprendendo." risponde infilando le mani nelle tasche dei pantaloni neri che ha addosso, dondolando sui talloni con impazienza. "Non sono ma tua ragazza." afferma improvvisamente, fermando ogni suo movimento. Corrugo la fronte alle sue parole, non capendo a cosa stia cercando di arrivare con quella frase buttata in mezzo a noi senza un senso logico.
"Lo so." affermo sempre più confusa dal suo tentativo di mettere in chiaro la situazione. Mi guarda a sua volta, cercando qualcosa nel mio sguardo, che una volta trovato sembra pietrificarla. "Non ho mai affermato il contrario." continuo accorgendomi che non ha intenzione di dire altro.
"Capisco." sussurra storcendo le labbra mentre un cipiglio si fa spazio sulla sua fronte candida. "È meglio se vado." prima che possa fare un altro passo verso la porta che ha alle spalle, la afferro con delicatezza il polso sottile, girandola verso di me.
"Non farlo." la mia supplica sembra confonderla, tanto che smette quasi di respirare.
"Che cosa vuoi Miray? Che stia con te o no?" la sua domanda mi lascia interdetta. Cosa voglio? La riposta è semplice, non so se sono pronta ad avere nella mia vita una persona che vuole da me più di quello che posso darle.
"Non ho niente da offrirti se non solo sesso. È questo quello che vuoi?" invece di rispondere pongo a lei una domanda, una scomoda e troppo diretta ma vera...questa è l'unica cosa che posso permettermi di darle. Amore? Sarebbe troppo per me, nonostante sappia di amarla. Cosa ci guadagnerebbe? Solo una donna insicura che non riuscirebbe mai a trattarla come si deve.
"È questa l'unica cosa che sei disposta ad offrirmi? Nient'altro nonostante entrambe sappiamo..." sussurra afflitta, lasciando che le lacrime scendano sui suoi zigomi sporgenti e sulle guance incavate dall'ultima volta che abbiamo parlato. La differenza sul suo volto e corpo è Impercettibile ma presente e palpabile ai miei occhi ormai abituati a vederla ogni giorno. Il volto più bianco del solito, pallido come non l'abbia mai visto prima, gli occhi incavati come le guance e le labbra quasi gelide quando ci siamo baciate. Troppo fredde per riuscire a scaldarle in quel poco tempo in cui erano unite alle mie. Il corpo più sottile e fragile del solito, così delicato che anche solo continuare a tenerla per il polso mi fa tremare dalla paura di poterla ferire.
"Non ora." sussurro lasciando andare il suo braccio, consapevole di poterla perdere per sempre. Chissà se tutto sarebbe potuto essere più semplice fra di noi se ci fossimo incontrate in circostanze diverse. Se non dovessi sposare Kayden, se non fossi troppo insicura di me per lasciarmi andare, se Mary non si fosse messa in mezzo...se Amirah avesse detto per prima quelle due parole.
"9 Settembre 2012...è il giorno in cui il padre di Noah ha iniziato a sentirsi male, troppo male per riuscire a reggere per più di tre giorni." affermo ricevendo come risposta uno sguardo incredulo seguito da uno sbuffo.
"Non sono in vena di starti a sentire mentre sputi date senza senso, e poi non...lui non era..." cerca di dire qualcosa, ma si ferma prima che possa proferire altro. Sconfitta e con le spalle incurvate si avvia verso la porta, appoggiando la mano sul pomello, pronta ad andarsene.
"Un ultimo bacio...per favore." supplico stringendo le sopracciglia, volendo sentirla un'ultima volta. Chiudendo con forza le palpebre e stringendo la maniglia fino a far diventare le nocche bianche, torna sui suoi passi avvicinandosi con cautela, baciandomi con labbra tremanti e ancora fredde, troppo fredde per appartenere a qualcuno che sta bene, ma nonostante ciò mi lascio andare al momento, cercando di imprimere nella mia mente la sensazione delle sue labbra sulle mie, del suo corpo così vicino fisicamente ma lontano, volendo per una volta nella mia vita essere egoista. Nessuna delle due è intenzionata a fermarsi, sapendo che dopo oggi, le nostre strade non si incroceranno mai più, se non solo per farci del male nuovamente, forse senza mai più tornare indietro. Un fiume che sfocia nell'oceano allontanandosi sempre di più dalla sua casa, senza via di ritorno, privato da tutti i suoi punti di riferimento.
La scaldo per l'ultima volta fra le mie braccia, riuscendo dopo molti tentativi a far tornare in lei quella luce che fino a qualche minuto fa le mancava. Le guance arrossate e non più infossate, il volto finalmente colorato, gli occhi lucidi sia dall'eccitazione che dalle lacrime che non sono mai scese, il corpo che questa volta trema per l'orgasmo invece che per il dolore, i polsi fermi sopra alla sua testa che cercano di opporre resistenza alle mie mani che stringono con possessività ed urgenza...piccole gocce cadono sul suo petto nudo mentre continuo a spingere dentro di lei senza fermarmi, lasciando che le mie dita vengano avvolte dal suo sesso caldo e bagnato, non riuscendo a non pensare a cosa succederà d'ora in poi. Saremo entrambe due donne sconosciute per l'una e l'altra, fantasmi che girano per le aziende solo per ignorarsi a vita, due donne che collaborano senza mai più rivolgersi la parola. Le lacrime continuano a scendere, evaporando sulla pelle bollente di Amirah così come il nostro amore lo farà. Silenzioso e senza fare rumore lascerà spazio a qualcun altro...la ragazza che ora mi guarda addolorata troverà qualcuno che la amerà come merita, qualcuno che non avrà paura di mostrarla al mondo in tutta la sua bellezza, qualcuno che vorrà vivere per sempre con lei.
Finisco per addormentarmi fra le sue braccia, svegliandomi la mattina successiva senza di lei. Il suo profumo ancora presente sulle lenzuola, il materasso che sembra non voler lasciare andare la forma del suo corpo e le sue carezze che paiono essersi soffermate sulle mie guance tracciate da una scia di lacrime salate scese mentre dormivo; il mio corpo ha sentito la sua mancanza prima che potessi anche solo accorgermi della sua assenza.
La fine dei giochi...la fine di una storia mai iniziata davvero.
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Who wins? (girlxgirl)
RomanceMiray Tanner, CEO di una delle più grandi aziende automobilistiche del mondo. Conosciuta da tutti per la sua capacità di mantenere in piedi la sua impresa, una volta di suo marito.Tutta la sua vita gira attorno a menzogne, ad un marito morto di cui...