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*Buonasera*

Capitolo promesso per oggi in arrivooooo <3 non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate, e come sempre grazie mille per il vostro meraviglioso supporto <3 siete meravigliosi <3 

Al prossimo cap, 

Un bacione grandissimo. 





*****



Akim Rivera

S'era spento da giorni, era diventato come un relitto da rottamare e che ormai non serviva più a nessuno. Liam s'era eclissato totalmente. Tra lavoro, casa e ruolo di padre.

L'unica persona che riusciva a sopportare in una stanza era suo figlio, l'unico essere vivente a cui concedeva qualche sorriso, qualche parola e un po' di calore umano.

Jay non sapeva nulla di quanto fosse accaduto a sua madre, gli avevamo detto che la mamma era dovuta partire improvvisamente per un viaggio, ma che sarebbe tornata presto e con un bellissimo regalo per lui.

Il piccolo aveva pianto, ma poi aveva accettato la cosa, grazie al padre.

Jay e William vivevano in simbiosi ormai da giorni, in pratica il piccolo non lo seguiva soltanto a lavoro, e in quelle ore passava il tempo a giocare con i nonni alla villa.

Liam, non voleva parlare con nessuno, s'era chiuso in sé stesso, rifugiato in un angolo della sua mente, come prima dell'arrivo di Evy nella sua vita, e anche peggio.

Rifiutava tutto e tutti, categoricamente e in malo modo, persino i genitori di Evy facevano fatica a comunicare con lui, a parlargli.

Il padre di Evy era d'accordo sul fatto che non fosse colpa di nessuno il rapimento di sua figlia, se non di quei balordi, ma Liam ovviamente sapeva benissimo a chi addossare la colpa.

A sé stesso.

Era un campione nato per i sensi di colpa, gli piaceva attribuirsi la colpa di qualunque cosa.

Persino in quel preciso momento, mentre eravamo presenti ad una riunione del suo CDA.

I suoi soci parlavano intorno al tavolo riunioni, ma lui era completamente assente. Liam era in un'altra dimensione, su un altro pianeta.

Era praticamente impossibile non notare la sua scarsa partecipazione. Torturava una penna tra le dita, lo sguardo assorto, immerso in immagini riservate solo a sé stesso.

Era stravaccato sulla sua poltrona, i monitor giganti fissati alla parete dietro di lui, che mostravano statistiche di vendita, e rapporti mensili, non catturavano minimamente la sua attenzione.

I sentimenti non dovevano influenzare gli affari, ma sapevamo benissimo che non fosse il suo caso.

"Presidente, lei è d'accordo?" osò chiedere Adams, uno dei nostri soci più potenti e stimati nonché amministratore delegato di una produttiva e ricca azienda nel Sud America.

Liam si riscosse dai suoi pensieri soltanto dopo quel richiamo, sembrò riapprodare sulla terra in mezzo a noi, come se in quel momento avesse fluttuato altrove con la sua anima.

Batté le palpebre confuso, e cercò di capire quanto richiesto, diede un'occhiata ai monitor alle sue spalle, poi al suo iPad.

"Vuole che ripetiamo?" intervenne Keira, seduta accanto a me. Rivolgendosi a lui con tono formale, poiché eravamo in presenza degli altri soci, ma sapevo bene che in quei suoi occhi acquamarina stesse soltanto cercando di capire cosa avesse il suo amico d'infanzia.

Liam posò lo sguardo su di lei, poi su Adams e sul resto dei presenti che lo fissavano un po' infastiditi, dubbiosi e curiosi.

Lui aprì e chiuse la bocca senza emettere alcun suono, si alzò dalla sua poltroncina e scosse la testa: "Non lo so, devo pensarci."

Ti affido ogni cosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora