29. colazione

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ACCADEMIA, SIYAH - 18 GENNAIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


La cosa più difficile per Vanessa da quando viveva in Accademia era scendere a patti con la sveglia. Non solo era all'alba, parecchie ore prima del suo orario mattutino abituale, ma veniva anche accompagnata da una terribile musichetta sparata a tutto volume nel campus. La melodia di sottofondo era sempre la stessa, però il direttore ci cantava sopra a squarciagola ogni giorno, cambiando le parole e aggiungendo qualche commento personale. La ragazza ormai era convinta che Ryukai stonasse ogni nota di proposito, al solo scopo di infastidire gli studenti e spingerli ad alzarsi in fretta pur di non doversi sorbire quel supplizio troppo a lungo.

La divisa dell'istituto era semplice e, sebbene a lei mancasse un po' il suo guardaroba pieno di tinte scure, la trovava piuttosto pratica. I pantaloni militari color rame erano fatti di un tessuto elastico e al contempo resistente, pieni di tasche e freschi abbastanza da non farla sudare sotto al sole cocente di Siyah. Sulla maglietta bianca era ricamato il logo della scuola, coronato da un numero di stellette dorate corrispondenti all'anno di appartenenza. Le piacevano soprattutto gli stivali, che trovava comodi nonostante fossero pieni di lacci fino a oltre la caviglia.

Sbadigliando e ignorando gli sproloqui musicali del generale Wakani, Vanessa si vestì con gli occhi ancora chiusi. Liam era sceso dall'altro lato del loro letto a castello e, proprio come lei, non badava granché ai compagni attorno a loro mentre si sistemava. I cadetti uscirono dai loro tendoni in modo disordinato, soprattutto quelli del primo anno: parevano pulcini assonnati, a giudicare dai movimenti rallentati. Alcuni non si erano nemmeno pettinati e l'occhio della Rayon cadde proprio su uno di loro: era un ragazzone alto e ben piazzato, dalla pelle ambrata e una chioma riccia e nera, tratti tipici di Siyah. La bionda diede una gomitata a Liam, attirando la sua attenzione per indicargli il compagno.

"Ehi, guarda quel tipo. Che diavolo gli è successo ai capelli?"

"Senti chi parla," sbuffò lui, squadrandola con aria divertita. "Cos'è, hai lottato col cuscino, stanotte?"

Vanessa soppresse una risata, realizzando di avere una massa informe di nodi acconciata a casaccio con un elastico in cima alla testa. Il pensiero le ricordò la sua infanzia, quando scappava urlando da sua madre ogni volta che lei cercava di spazzolarglieli.

Le reclute fecero il resto del tragitto in silenzio, accompagnati solo dallo scalpiccio dei loro anfibi sul terreno secco e ghiaioso e dall'ansimare appesantito dai mascheroni antigas. Si posizionarono in fila, creando un quadrato perfetto e ben distanziato da quello dei loro colleghi dell'anno superiore. Ad attenderli quella mattina c'era la tenente Hicks, la stessa che li aveva accompagnati in giro per l'Accademia durante il loro primo giorno.

"Buongiorno, cadetti," li salutò la donna. Non portava la maschera, come sempre, e il suo sguardo glaciale si soffermò su ognuno di loro per un breve istante. Persino Vanessa se ne sentì intimidita, tanto da irrigidire la postura militare che aveva imparato. "Cinque giri di corsa, per cominciare. Cercate di non rimanere indietro, mi raccomando."

Gli studenti non si lamentarono, anche se i più giovani avrebbero voluto farlo. Quelli del terzo anno partirono in sincrono perfetto, ormai abituati all'esercitazione del mattino, seguiti a ruota dal più nutrito gruppo del secondo. Mentre li imitava tenendo il loro passo senza sforzo, Vanessa notò ancora una volta che il numero di studenti era sempre meno all'aumentare dell'anno di corso. Sapeva che non era scontato riuscire a diplomarsi: alcuni mollavano prima del tempo, magari perché insicuri all'idea di diventare soldati, mentre altri non venivano proprio ammessi alle classi successive a causa dei loro scarsi risultati o di una cattiva condotta. Diventare ufficiale non era una passeggiata, Reniji gliel'aveva detto.

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