63. ritorno

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COMANDO CENTRALE DELL'ALLEANZA, SIYAH - 19 SETTEMBRE 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


Reniji non immaginava che in soli quattro mesi il Comando avrebbe potuto sembrargli così alieno. Non era cambiato niente, in verità, eppure a lui pareva tutto nuovo. L'arredo era ancora lo stesso, i corridoi sempre brulicanti di ufficiali e persino l'areazione era della solita scarsa qualità, appena sufficiente a permettere alla gente di togliersi i respiratori. Il puzzo di sudore misto a qualcosa di agrodolce e leggermente salato lo accolse con lo stesso affetto di una madre che riabbraccia il proprio figlio dopo un lungo viaggio trascorso lontano. Piegò le labbra all'insù al pensiero che quell'odoraccio era solito distorcere i visi dei dipendenti in una smorfia disgustata, mentre a lui faceva quasi venire voglia di ballare dalla felicità.

"Che hai da sorridere?" gli chiese Ryukai.

"Nulla. Sono solo contento di essere qui."

Come per sottolineare quanto fosse felice di essere libero, Reniji inspirò forte dalle narici, roteò piano le braccia e si sgranchì il collo. Quei semplici gesti un tempo erano solo una piccolissima parte del suo riscaldamento giornaliero, mentre ora lo facevano letteralmente scricchiolare. Si sentiva un vecchio pieno di acciacchi, la forza di cui si era sempre fatto vanto talmente ridotta da farlo apparire rinsecchito. Quattro mesi in ospedale l'avevano rammollito più di quanto si aspettasse. Per fortuna le ferite stavano guarendo bene, al punto che ormai poteva permettersi persino di fare un po' di stretching al mattino senza rischiare di far saltare tutti i punti. Lo faceva da solo, premurandosi di non essere visto da nessuno, specialmente da Ryukai. Odiava ammettere di essere fuori forma e, soprattutto, non voleva farlo preoccupare. In fondo, se fosse stato per lui a quest'ora sarebbe stato ancora tappato in una camera asettica, circondato da malati e infermiere apprensive.

"Vacci piano," lo ammonì Ryukai.

Reniji alzò gli occhi al cielo. "Sì, sì, mammina."

Il maggiore non replicò, ma liberò un piccolo sbuffo a metà tra il divertito e il seccato. Dietro di loro, Fralena Hicks si schiarì la voce.

"Le riprese satellitari dell'attacco sono a disposizione in forma digitalizzata come richiesto, generale," disse rivolta a Ryukai. "Potete visionarle nella camera virtuale trentadue."

I due Wakani annuirono all'unisono, poi rallentarono e iniziarono a guardarsi attorno. Fralena capì subito che non avevano idea di dove fosse la camera virtuale trentadue.

"Scala quattordici, terzo piano, corridoio a sinistra."

Ryukai si voltò giusto per rivolgerle un'occhiolino e mimare il gesto di mandarle un bacio, che lei prontamente ignorò. Detestava quando il suo superiore aveva quegli atteggiamenti ridicoli e inadatti al suo ruolo di comando, però era contenta di vederlo di nuovo spensierato come un tempo. Da quando Reniji era finito in coma pareva essersi spento. La cosa l'aveva impensierita più di quanto volesse ammettere.

"Pensate di riuscire a raggiungerla senza perdervi, signore?" domandò la donna quando li vide imboccare il corridoio per la scala quattordici con aria titubante. "Io ho delle mansioni da svolgere in sala briefing. Se vi accompagno rischio di tardare di quasi sette minuti e trentaquattro secondi."

Reniji aggrottò le sopracciglia, stupito dalla precisione dell'orario, mentre Ryukai si lasciò scappare una risatina soffocata. Si girò verso di lei cercando di darsi un contegno ma, anche sfornzandosi, proprio non ne voleva sapere di smetterla di sorridere. Quella donna lo faceva sempre sbellicare. "Hai ragione, Fralena, non preoccuparti. Vai pure. Il mio cadavere ammuffito aspetterà il tuo ritorno, sempre ammesso che riuscirai a ritrovarlo in questo deda— ehi, non avevo finito!"

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