31. chiacchiere

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WIRENET – 13 FEBBRAIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


Attorno a lei c'erano solo puntini celesti. All'apparenza sembravano sferici e componevano una stanza abbastanza angusta. Katrina mosse un braccio verso uno di essi e lo sfiorò, realizzando che si trattava di un minuscolo cubetto digitale. Il suo stesso corpo ne era composto, bit di informazione concretizzati all'interno del mondo virtuale talmente piccoli da apparire tondi.

Navigare in WireNet per lei aveva un significato preciso. Non si trattava di aprire pagine internet dal suo costoso computer, né di digitare senza sosta comandi incomprensibili su terminali scuri. No, per lei significava accendere il suo ElectroSheep modificato, stendersi sul letto ed entrare letteralmente nella rete con tutti i suoi cinque sensi. Non era un avatar quello che muoveva all'interno di quel mondo fatto di dati, bensì una rappresentazione molto fedele di se stessa.

Mosse qualche passo nella stanzetta dove era capitata, guardandosi attorno alla ricerca di qualche dettaglio utile a farle capire come uscirne. Era sempre un labirinto, diverso ogni volta, quello che le dava il benvenuto in WireNet. Lo aveva trovato frustrante all'inizio, ma poi si era abituata: ora, era quasi poetico come la rete cercasse di parlarle sottoponendole nuovi rompicapi. La strada per la conoscenza è sempre tortuosa e piena di miraggi, le aveva detto una volta MINSKY per spiegarle quello strano comportamento. Katrina immaginava che ci fosse anche lo zampino dell'intelligenza artificiale dietro a quei dedali sempre più difficili da risolvere, tanto che si era domandata se stesse cercando di evitarla. Alla fine del percorso era sempre lui che trovava, concentrato a osservare il mare di dati che si estendeva davanti ai suoi occhi digitali proprio come onde fatte di zeri e uni.

Trovò una tazza, poggiata su un piccolo tavolino in un angolo della stanza. Era impossibile capire guardandola di che colore fosse, perché era composta solo da tanti piccoli cubetti azzurri. Era vuota, il che le fece sospettare che potesse essere una sorta di chiave. Non c'erano porte né botole visibili a colpo d'occhio, perciò la ragazza passò lentamente una mano sulla superficie del ripiano alla ricerca di un meccanismo segreto. Le sembrò di percepire un lieve disallineamento verso lo spigolo destro del tavolo, così provò ad appoggiare in quel punto l'oggetto. Non ci fu alcun suono ad accompagnare la sua caduta improvvisa verso il nuovo livello, sebbene un'apertura si fosse appena spalancata sotto ai suoi piedi, inghiottendola nell'oscurità.

Affondava in WireNet in quel modo a tratti mistico da più di un anno e, ormai, era diventata brava a risolvere quei puzzle di difficoltà incrementale. Sbloccò le sale seguenti, sempre più grandi, risolvendo codici e meccanismi senza battere ciglio. Erano complessi, ma in fondo li trovava stimolanti. Spesso non si rendeva conto di quante ore spendesse nel mondo virtuale, impegnata a superare i livelli che la rete stessa – forse anche grazie allo zampino di MINSKY – le propinava prima di raggiungerne il cuore. Era come se WireNet avesse un'anima.

Dopo un lasso di tempo indefinito, si ritrovò in un vero e proprio labirinto tradizionale, fatto di alte pareti composte di numeri che non le lasciavano modo di intuire quale fosse la strada giusta da imboccare. Cercò di orientarsi tenendo la mano destra sempre contro il muro di bit e, dopo qualche tentativo sbagliato, finalmente si ritrovò all'esterno.

La figura di una persona le dava le spalle. Sapeva che si trattava di MINSKY anche se non gli vedeva il viso: l'AI rappresentava se stessa in modo ambiguo, senza adottare in modo sistematico i tratti tipici di un determinato genere o etnia. A volte sembrava più femminile, altre volte più mascolina; giovane, vecchia, alta, bassa, grassa, magra. Era impossibile capire che volto avesse, perché i cubetti che la componevano lì si facevano più radi, come se MINSKY desiderasse non avere affatto una faccia. Katrina all'inizio ne era rimasta tanto spaventata quanto affascinata, arrivando alla conclusione che il suo amico digitale cambiava le proprie fattezze di proposito, per sottolineare come lui potesse essere chiunque.

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