15. partenza

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ELU, KUTSAL - 17 NOVEMBRE 4573 DEL CALENDARIO TERRESTRE


Nel silenzio della sala grande dell'Organizzazione, ampia e con un soffitto altissimo pieno di affreschi che raccontavano la storia del loro pianeta, Reina Harvel starnutì. Faceva sempre ridere quando le capitava perché emetteva un suono acuto ma contenuto che la faceva sembrare la caricatura di qualche personaggio per bambini.

Ma nessuno rise. Reina se ne dispiacque subito, notando l'assenza di Diana che era solita animare gli stanzoni dell'Organizzazione. Una volta che l'amica fosse partita per la sua missione presso l'ambasciata al confine con Agiir, attorno a Reina non ci sarebbe stato più nessuno a portare un po' di vitalità nella sua vita fatta di malati e sofferenti.

"Tieni." Roiben Harvel, apparso all'improvviso alle sue spalle silenzioso come un ladro, le passò un fazzoletto con un mezzo sorriso e la guardò soffiarsi rumorosamente il naso. "Ti sei sforzata troppo anche oggi, scommetto."

"Don è bero! È solo abbergia!"

"Non hai mai avuto l'allergia, Reina," la sgridò, facendole segno con la mano di tenersi l'ormai sporco quadrato di tessuto che le aveva prestato.

"Beh, abesso ce l'ho."

Il giovane roteò gli occhi al cielo e le porse il braccio, tirandosi su la manica della giacca bianca che indossava e scoprendosi la pelle chiara. Lui più di altri faceva impressione negli abiti dell'Organizzazione, che esaltavano il suo aspetto un po' da vampiro: viso emaciato leggermente appuntito, senza nemmeno un accenno di barba ad ammorbidirlo, capelli neri come la notte a coprirgli gli occhi ambrati da volpe e pelle chiara che lasciava intravedere l'intrico di vene violacee al di sotto. La sua posizione all'interno dell'Organizzazione non aiutava ad alleggerire l'aria di terrore che lo avvolgeva: come secondo di Valentine Harvel, il Wali di Kutsal, Roiben incuteva un certo rispetto persino negli agenti veterani.

Secondo Reina, però, non era così spaventoso. Lo conosceva da quando era entrata nell'Organizzazione: all'epoca erano due adolescenti cocciuti e con una esperienza abbastanza traumatica alle spalle da convincerli ad abbracciare quella nuova vita e buttare via la vecchia. Roiben non aveva mai parlato del suo passato con nessuno, ma con lei si era permesso di ammettere di avere dei ricordi spiacevoli. A dispetto del suo volto duro, il corvino sapeva ascoltare ed era un tipo molto prudente, qualità che l'avevano subito reso simpatico agli occhi di Reina.

"Oh, noh. Bon bo farei bai, Ben," borbottò lei, scuotendo vigorosamente la testa. "Bon sto così bale, è solo un baffeddore, bavvero!"

"Non era un'allergia?"

Reina arrossì di colpo, nascondendo il viso tra i capelli color grano. Non era proprio capace di mentire, soprattutto a Roiben che per lei era come un fratello: la beccava sempre subito.

"Dai, non fare la scema. Prendila; posso sopportare un po' di muco per qualche giorno."

"Ba bon è giusto—"

"Tu lo fai tutti i giorni. Lo fai per salvare le persone e nemmeno per te è giusto sopportare i loro malanni, ma lo fai lo stesso. Quindi, perché dovrebbe essere diverso se volessi farlo io, per una volta?"

"Berché tu bon sei bella Divisione Bedica!"

"Ma sono tuo amico," le disse con un sorriso, facendo un passo verso di lei. Reina aveva gli occhi celesti che sembravano fatti d'acqua, segno che stava trattenendo le lacrime o, forse, che il raffreddore era peggiore di quanto sostenesse. "E voglio che tu stia meglio."

La ragazza sospirò, abbassando lo sguardo con aria sconfitta. Sollevò tremante una mano, posandola con delicatezza sulla pelle nuda del braccio di lui: immediatamente un reticolo nerastro si diramò nel punto di contatto sia sul braccio di Roiben che su quello di Reina, come una inquietante ragnatela. L'effetto durò pochi secondi, appena necessari affinché lei potesse cedere parte degli effetti della malattia che l'affliggeva al suo amico, prendendo da lui una piccola parte di energia vitale. Uno scambio equo, che rendeva entrambi vittime di un malanno ben più lieve di quello originale.

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