44. infermeria

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ACCADEMIA, SIYAH - 22 MAGGIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


Il pugno di Vanessa si fermò a poca distanza dalla parete color pesca dell'infermeria, cosa che fece sospirare Liam di sollievo proprio dietro di lei. La frustrazione dell'amica era evidente: aspettavano la dottoressa da soli dieci minuti e lei non aveva smesso neanche per un secondo di muoversi per la stanza come un animale inquieto.

"Lo sai, un centimetro di più e avresti rischiato di far crollare l'edificio."

Per tutta risposta la Rayon sbuffò dal naso, raddrizzò la schiena e incrociò le braccia al petto assumendo la sua classica espressione che minacciava rissa. Ancora si ostinava a fissare il muro, dando le spalle all'amico come se volesse evitarlo. Liam l'aveva seguita d'istinto, chiedendo un permesso al maggiore Locke per accompagnarla anche se non ce n'era davvero bisogno, ma ora si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta. Forse voleva rimanere da sola?

"Vuoi spiegarmi che ti prende?" le chiese cantilenando e punzecchiandole un fianco con le dita. Essendo cresciuto con due sorelle maggiori, era abituato a quel genere di scenate, perciò sapeva che cercare il dialogo senza risultare troppo pressanti era la chiave per superarle. Anche se, a dirla tutta, non era proprio sicuro che le tattiche che usava con Lyria e Meliara potessero funzionare anche con la sua amica mezza aliena.

"Che mi prende?" sbottò lei voltandosi di scatto con il fuoco negli occhi, "Liam, sei scemo?"

Non sapendo bene come replicare a quell'esplosione improvvisa, lui si limitò a sollevare un sopracciglio.

"Mi è esplosa la pistola in faccia, cazzo!"

"E quindi? Era la prima volta che sparavi, succede a tutti di sbagliare—"

"Sì, ma non così! Non..."

Vanessa sospirò e abbassò lo sguardo. Non sapeva nemmeno lei come spiegare quella sensazione, quel formicolio sotto pelle che la faceva sentire a disagio ovunque fosse. Si piegò sulle ginocchia, molleggiandosi sui talloni e nascondendo la testa tra le gambe come faceva da bambina.

"Non puoi capire."

Liam alzò gli occhi al cielo, esasperato. Era vero che non la capiva: cosa c'era di tanto brutto nell'aver appena scoperto una nuova abilità? Fosse stato lui, il superumano, a quest'ora avrebbe solamente saltato di gioia. Si accucciò accanto a lei e iniziò a spingerla ripetutamente con l'indice su una spalla, in modo da farla dondolare appena appena da un lato.

"Beh, sì, non posso se non me lo spieghi, Ness."

Anche se aveva parlato con voce complice e rassicurante, la giovane lo ignorò. Liam sapeva che la sua esitazione significava solo che ci stava pensando: la conosceva troppo bene. Guardandola e interpretandone il silenzio, la postura tormentata e la linea dura della mascella, Liam aveva intuito che c'era qualcosa di grosso a sobbollirle nel cervello. L'episodio accaduto al poligono era solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ma erano settimane che Vanessa covava qualcosa di negativo. Era il momento di buttarlo fuori.

"Sono una Übermensch, Liam," disse in un soffio senza alzare il capo. "Una cazzo di mezza aliena con poteri sovrannaturali. E non una qualunque, altrimenti sarebbe stato troppo facile; no, sono pure la stramaledetta figlia di un governatore. Quindi ho sempre... ho sempre saputo di avere una certa responsabilità. Ma non ho mai voluto che questa fosse di tipo politico."

"Non ti ci vedo, in effetti."

La ragazza sospirò. "Perciò ho sempre pensato che, almeno, ho i miei poteri. Che avrei potuto usarli per assolvere a quel compito, in qualche modo... non so, proteggendo tutti dagli zekiani o qualcosa del genere, credo. Per questo mi sono iscritta qui."

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