17. segreto

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ELU, KUTSAL - 21 NOVEMBRE 4573 DEL CALENDARIO TERRESTRE


"Anche se abbiamo obiettivi diversi, vediamo la questione nello stesso modo, Valentine. Non vedo perché non dovremmo collaborare in questa lotta comune per la sopravvivenza. Spero che valuterai seriamente la mia proposta."

La voce digitale di Alexei Melnyk rimbombava nello studio, riprodotta per l'ennesima volta grazie all'holoring bianco che la custodiva. Valentine Harvel conosceva a memoria ogni singola parola: aveva ascoltato quella registrazione troppe volte per dimenticarsene. Ogni volta il suo volto dai lineamenti morbidi si incupiva, le folte sopracciglia nere aggrottate nella sua ormai tipica espressione pensierosa.

Il patto che aveva stretto con il governatore di Zeka diversi anni prima era molto semplice: un'alleanza in cambio della promessa di non rivelare il terribile segreto dell'Organizzazione.

Valentine sospirò, appoggiandosi contro lo schienale imbottito della sedia e chiudendo gli occhi per un istante. Non rimpiangeva di aver accettato quelle condizioni, ma lo infastidiva l'idea di essere stato messo a nudo così facilmente da uno come Alexei. Inoltre, sospettava che lo zekiano gli avesse rivelato informazioni false all'unico scopo di convincerlo a cedere. Dubitava che fosse davvero in possesso di una astronave Mekah e ancor di più dubitava delle sue reali intenzioni: Alexei era calcolatore per natura e il suo potere accentuava questa caratteristica; perciò, per Valentine era assurdo credere che le sue azioni fossero dettate dal desiderio di incontrare i loro progenitori alieni.

Sbuffò, irritato al pensiero di essersi fatto fregare così facilmente quando lo zekiano gli aveva parlato di loro quella volta. Era certo fosse anche quello un test, un modo per sedurlo e al contempo studiare il suo attaccamento alla civiltà Mekah. Purtroppo, era caduto in quella trappola con tutte le scarpe.

Cosa desiderasse davvero il governatore di Zeka era per lui un mistero che lo tormentava la notte. Valentine avrebbe tanto voluto studiarlo: quanto della sua persona era frutto del suo potere di Piegamente e quanto della sua reale intelligenza di essere umano? Übermensch come lui, capaci di sfruttare il proprio cervello al punto tale da sembrare dei supercomputer viventi, erano davvero rari e il Wali di Kutsal ne era affascinato oltremisura. Cosa aveva portato l'evoluzione della sua famiglia a generare proprio quel potere? Erano state mutazioni? Di che tipo? Quali poteri si erano combinati per ottenere quelle capacità? Avrebbe potuto ottenerne di simili anche lui, con i suoi esperimenti?

Il tipico pizzicore ai polpastrelli che lo aggrediva in quei frangenti disegnò una smorfia di fastidio sul suo volto barbuto, costringendolo a grugnire per il disappunto. Quando si perdeva in quei pensieri era sempre troppo difficile contenere il desiderio di realizzare ogni singola idea che gli passava per la testa. Trovare le risposte alle domande che lo ossessionavano da più di quattrocento anni era il suo chiodo fisso, anche se col tempo aveva perso pezzi di sé.

"Wali, hai un momento?"

Non si era accorto che qualcuno aveva bussato. Si riscosse, emergendo come da un sogno profondo e sbattendo le palpebre per schiarire la sua visuale appannata.

"Certo, alikar, entra pure."

Roiben Harvel usava sempre i termini formali per rivolgersi a lui. Della cerchia più ristretta di agenti, lui era l'unico a trattarlo in quel modo, a chiamarlo Wali. Valentine si era chiesto più volte se fosse solo un modo di tenere le distanze o se il giovane uomo fosse semplicemente molto rigoroso e ligio alle regole: in fondo, tutti gli altri lo chiamavano per nome, soprattutto chi lavorava a stretto contatto con lui.

Così, anche Valentine aveva preso il vizio di chiamarlo con il suo appellativo gerarchico.

Il corvino entrò nell'ufficio con passo tranquillo, la sua divisa bianca ad esaltare in modo quasi esagerato il suo pallore inumano. La 'H' rossa sul cuore era l'unica nota di colore in lui, che sembrava uscito da un film in bianco e nero fatta eccezione per i suoi occhi dorati. Valentine gli sorrise, ricordando sua madre con una punta di malinconia: la donna era stata selezionata per gli esperimenti dell'Organizzazione per via delle sue abilità di Asso, ma la sua bellezza asiatica l'aveva colpito sin da subito ormai quasi trent'anni prima.

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