Capitolo 33

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Il mio viso pieno di gioia era rivolto alla targhetta dalla cornice nera che avevo sulle gambe. Feci attenzione a non farla scivolare mentre la nostra macchina sfrecciava su dossi e altri ostacoli. Dal finestrino accanto a me entravano i raggi del sole che facevano brillare un nastro d'oro con stampato il mio nome accuratamente scritto in caratteri vecchio stile.

Dopo anni di preparazione, avevo raggiunto il primo posto in uno dei concorsi pianistici più prestigiosi della nazione. Negli ultimi mesi, il pianoforte aveva preso il sopravvento sulla mia vita al punto che gli unici posti in cui andavo erano la scuola e sullo sgabello del pianoforte. Avevo persino fatto ascoltare a Zack le mie registrazioni, non che avesse saputo come darmi un feedback oltre a "sei davvero molto brava."

Dopo la competizione, mia madre sembrò essere meno arrabbiata con me. Almeno, così pensavo. Almeno mi aveva regalato un sorriso quando ero salita in macchina. Anche se non aveva detto esattamente di essere orgogliosa, potevo dire che non fosse delusa.

Quando arrivammo a casa, Daniel era tornato da un'altra delle sue attività. Mia madre iniziò  preparargli la cena mentre appendevo la targa. Nonostante il silenzio di mia madre, io ero orgogliosa di me. Era questo l'importante, no?

Andai dritto al piano di sopra per lavorare alla mia scrittura, un premio per me stessa per essere essere arrivata prima. Scrissi per ore finché la pelle tra le dita in cui tenevo la penna non diventò ruvida e le mie dita rigide.

Già di buon umore, la mia felicità aumentò quando Zack mi scrisse dicendo essere qui. Uscii di soppiatto raggiugendolo in fondo alla strada con il suo pick-up. Indossava una camicia grigi, jeans neri, una catena d'argento sul collo che si abbinava al suo orecchino e il mio braccialetto al polso, sembra così incredibilmente bello che era come se la gravità mi attirasse verso di lui.

Lo avvolsi subito tra le braccia, sentendo il suo petto duro contro la mia guancia. L'unico suono era il forte battito del suo cuore. Si chinò, prendendomi il viso tra le mani in modo familiare, e mi spinse contro il suo pick-up, baciandomi come se fossi aria e senza di me non riuscisse a respirare. Si premette contro di me volendo sentirmi ancora di più contro di lui. Le mie dita accarezzarono il retro del suo collo e si aggrovigliarono tra i suoi capelli mentre mi accarezzava la vita sotto la mia maglietta.

"Hai sempre un buon odore," sussurrò contro la mia pelle mentre mi baciava il collo.

La mia mente si svuotò. "È um... vaniglia. Shampoo." Sorrise contro la mia pelle e mi diede un bacio delizioso sulla guancia, poi sull'angolo del labbro, fino a posarsi sulle mie labbra. Le sue labbra iniziarono a muoversi contro le mie più appassionatamente di quanto fossi abituato e l'autocoscienza improvvisamente mi inondò. Le mie labbra ancora su di lui.

"Cosa c'è che non va?" chiese piano, le sopracciglia aggrottate.

"Semplicemente... non so come... baciare," confessai goffamente come se non si fosse accorto di come avesse fatto tutto il lavoro.

Mi rivolse un sorriso affettuoso e sfiorò le mie labbra con la punta delle dita. "Sei così carina," disse piano. "Metti le tue labbra così," disse e si sporse in avanti. "Usa il labbro inferiore." Mi baciò. "Rilassati e lascia che io faccia il resto."

Ci baciammo di nuovo e le mie preoccupazioni svanirono. Eravamo un puzzle completo. 

Sembrava che fosse stato fatto per me.

••••

Ci sdraiammo nel retro del pick-up, le dita intrecciate, mentre lui si congratulava con me per la competizione e mi raccontava come suo padre gli avesse insegnato a farsi la barba anche se sapeva già come fare. Quando gli dissi che avevo ripreso a scrivere, mi guardò con occhi luminosi come stelle.

••••

Tuto ciò che sale ad un certo punto deve anche scendere.

Stupido Newton e la sua stupida gravità. Stupida scienza. Stupida fisica.

Il mio cuore e il muore umore caddero quando vidi che dove avevo appeso solo due ore prima la mia targhetta ora c'era una foto incorniciata di Daniel mentre stringeva la mano a un uomo che indossa un completo con giacca e cravatta. La calligrafia sottile di mia madre abbelliva il fondo:

Daniel con il Signor Lance Bryant, Clemson.

Forse la mia targa era da qualche altra parte. Pur sapendo che non era possibile, i miei occhi lo cercarono sui muri. Dopotutto, questa non era una competizione qualsiasi. Mi preparavo per questo da quando avevo sei anni.

La trovai sotto il merchandising Clemson di Daniel e le vecchie ricevute di In-N-Out. Mio padre comprava sempre a Daniel In-N-Out durante i viaggi lunghi. Era come se qualcuno avesse preso l'unico pezzettino del mio cuore rimasto e lo avesse ridotto in polvere.

Afferrai la targa e mi precipitai in cucina, dove tutti stavano mangiando del gelato.

"Perché lo avete tolto?" chiesi piano. Solo mio padre alzò lo sguardo.

"Avevamo bisogno di spazio per la foto di Daniel. Il reclutatore di Clemson è molto interessato a lui!" Spiegò mia madre senza un accenno di colpa. In effetti, il suo viso sorrideva con orgoglio verso Daniel, ma lui era troppo impegnato a giocare al telefono con una mano e mangiare con l'altra per accorgersene. 

Lacrime bollenti riempirono i miei occhi e rigarono le mie guance. "Perché?" sputai. "Perché fare una cosa del genere?"

"Non è un grosso problema. Smettila di frignare," disse Daniel, alzando gli occhi al cielo.

"Certo perchè non riguarda te," sbottai. "Tutto quello che fai è lodato in questa casa! Sono stanca di questo. Sono stanca di essere trattata come se fossi meno importante, come se non avessi importanza. Mamma," cominciai, girandomi per guardarla con fermezza. "Mi piace il cibo piccante. Voglio andare alle partite di calcio e voglio fare shopping con te e voglio che tu, per una volta, sia orgogliosa di me, come madre e figlia." La vidi che avrebbe voluto interrompermi, quindi alzai la voce. "E papà, puoi smetterla per un secondo di pensare al football e parlare con me?! Voglio avere una relazione con te e odio il modo in cui la maggior parte dei ragazzi della squadra ti conosce meglio di me. So che sei capace di farlo perché ti ho visto abbracciare Daniel e Jaden... Sai, a volte voglio un abbraccio anch'io." La mia voce si spezzò. "Voi due... mi avete dato molto ma mai quello di cui avevo bisogno. Sono stanca di sentirmi sola quando sono con voi, di sentirmi un estranea, come se potessi scomparire e a nessuno importerebbe nemmeno. Come se foste più felice se succedesse. Sono vostra figlia, quindi perché... perché nessuno qui mi ama?"

La mia famiglia rimase in silenzio. Non avevo mai alzato la voce prima e nonostante fu bello sfogarsi, provai anche una fitta indescrivibile di senso di colpa. Cercai di ricordare che se avessero ascoltato prima, non avrei dovuto farlo.

Mia madre iniziò a urlarmi contro in coreano, era molto arrabbiata. Urlò di come la odiassi e di come io l'avessi descritta in quel modo cattivo. "È quel tuo ragazzo! Sapevo che non avrei mai dovuto avere una figlia. Guardati, ti butti addosso a ragazzi senza futuro. Tuo fratello non avrebbe mai-"

"Smettila," la interruppi. "Ho finito. Dal momento che non mi ascolterai mai, farò quello che voglio." Salii di corsa in camera mia nonostante mia madre mi stesse urlando di tornare giù. Piansi, presi a pugni i cuscini e urlai fuori dalla finestra.

Nell'istante in cui la mia testa colpì il cuscino, mi addormentai.


S/A.

Amelia 👏👏

Non so voi, ma per me è già stata molto gentile

Prossimo capitolo subito in arrivo ❤️

The Coach's Daughter ▪︎ ✔️ (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora