Capitolo 38

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"Mi manchi, Emma" disse Luigi.
"Anche tu" risposi sinceramente.
"E allora perché siamo conciati così?"
"È complicato, Gigi..."
"Spiegamelo allora" esclamò lui, alzandosi in piedi.
Rimasi zitta. Nonostante chiunque mi avesse detto di parlargli, che non era giusto averlo lasciato così, era più forte di me. Non riuscivo a spiegargli sinceramente il motivo. Avrei dovuto raccontargli tutto già tempo fa. Ma non ne avevo la forza. Non volevo rivivere quei momenti della mia infanzia. Era ancora troppo doloroso.
"Per favore" mi supplicò, vedendo che esitavo.
Sapevo si meritasse delle spiegazioni. Non ero però pronta a darle a tutta Italia. A volte le telecamere erano veramente troppo invadenti. Rimasi ancora in silenzio, riflettendo su cosa fare.
"Vabe Emma, fai come vuoi" esclamò arrabbiato, avviandosi verso l'uscita.
Lo stavo perdendo ancora, lo sapevo. Ma avevo bisogno di lui. Era diventato parte di me e non potevo permettere che il mio passato mi rovinasse il futuro. Un futuro in cui lui doveva esserci.
"Aspetta" dissi. Si fermò, inizialmente senza voltarsi.
Mi alzai e mi avvicinai a lui, che si voltò lentamente a guardarmi. Mi posizionai davanti a lui e incastrai i miei occhi con i suoi. Aveva gli occhi tristi, probabilmente come i miei.
Mi prese una mano.
"Non avere paura" disse, vedendo che tremavo "puoi fidarti di me"
Accennai un sorriso e iniziai a condurlo verso il nostro tetto, lontani dalle telecamere e dal resto del mondo.

Non disse una parola per tutto il tragitto, rispettando il mio silenzio e limitandosi a seguirmi.
Quando arrivammo, ci sedemmo sul cornicione, con il mondo che si estendeva ai nostri piedi. Ci tenevamo ancora la mano. Iniziò ad accarezzarmela e, involontariamente, mi venne da piangere.
"Emma, non piangere" disse, asciugando con i pollici le lacrime. Ovviamente mi fece piangere ancora di più.
"Non volevo farti soffrire, Gigi"
"Lo so, lo so" esclamò, portandomi il suo braccio dietro la spalla e spingendomi verso di lui.
Mi accoccolai fra le sue braccia. Pensavo mi avrebbe fatto strano dopo tutte quelle settimane di silenzio, fu invece la cosa più naturale del mondo. Fra le sue braccia mi sentivo al sicuro.
A casa. Sapevo di dover parlare. Ne avevamo bisogno entrambi per poter voltare pagina.
"Ho paura di amare" ammisi dopo un po', staccandomi da lui per poterlo osservare in viso.
"Anche io, Emma"
"Non è la stessa cosa, Gigi..."
"In che senso?"
"Io non credo di sapere come si ama"
"Perché pensi questo?"
"Perché nessuno mi ha spiegato cos'è l'amore e quindi non ho niente da darti" dissi.
Mi prese una mano.
"Io non ho bisogno che tu mi offra qualcosa, Emma. Ho bisogno che tu mi permetta di amarti. Perché io lo voglio fare"
"Non è così facile, Gigi..."
"Perché non lo è?"
"Non voglio farti stare male come mia mamma ha fatto stare male mio papà" esclamai, riscoppiando a piangere. Gli raccontai così tutta la storia. Gli raccontai dei miei finti anni felici, di mia madre che tradiva mio padre alle mie spalle, di come la mia vita sia cambiata da un giorno all'altro. Gli raccontai di come mi accorsi di essere stata veramente felice solo quando quella felicità l'avevo perduta.
Lui si limitò ad ascoltarmi, a tenermi per mano e ad asciugarmi le lacrime quando necessario.
"Hai capito, Gigi? Io non posso darti certezze e tu ti meriti molto di più di questo" terminai.
"Così non tieni conto delle mie volontà però" disse "Io voglio amarti"
"Ma non dovresti" risposi.
"Ma non puoi comandare ai sentimenti, Emma. Puoi solo viverli, senza pensare al futuro. Solo al presente. Giorno dopo giorno. Insieme. Io e te."
Rimasi a fissare l'orizzonte. Sapevo che aveva ragione. Stavo più male sforzandomi di stargli lontana, quindi, perché non viverlo semplicemente e naturalmente?
"Okay" risposi.
"Okay" ripetè.
"Okay"
"Okay"
Scoppiammo a ridere. Se avessi mai dovuto descrivere la nostra relazione con una parola avrei sicuramente scelto "okay".
"Senti, Emma" riprese a parlare dopo un po' "anche io vorrei parlarti di una cosa..."
"Dimmi" dissi, ritornando ad osservarlo.
"Quando ci siamo allontanati" iniziò "mi hai detto che sono una persona indifferente..."
"Gigi, ero arrabbiata..."
"Tranquilla. È la verità..."
Lo presi per mano.
"Io ho il diabete, Emma"
Rimasi a fissarlo, guardando i pezzi di puzzle nella mia testa ricomporsi ordinatamente.
"A volte, per evitare che la glicemia mi si alzi, devo lasciare correre. Se le cose non mi riguardano direttamente, o non riguardano direttamente le persone che amo, evito di intervenire."
"Oddio, Gigi, scusami..." esclamai, accoccolandosi a lui.
"Tranquilla, non potevi saperlo..."
"Mi dispiace tanto tanto..." dissi "Quando lo hai scoperto?"
"A sedici anni..."
"Sei forte Gigi, lo sai?"
"Anche tu, Emma..."
"Tanto forte, Gigi..."
"Tanto tanto"

E rimanemmo così, abbracciati, forti insieme.

Partirò da zero con te - le avventure di Luigina e MattinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora