Capitolo 32

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"Perfetto" esclamò, posandomi un bacio a fior di labbra e tirandomi per un braccio "Ora possiamo andare!"

"Gigi dove stiamo andando?" chiesi io vedendo che aveva iniziato a salire le scale dello studio.
"Non fare domande e seguimi" rispose, sorridendomi e tirandomi ancora di più per la mano. Quel ragazzo era diventato il centro di gravità, la mia ancora di salvezza in quel gigantesco mare di infinite illusioni.
Percorse correndo tutti gli scalini e, quando finalmente arrivammo in cima, stavo morendo dalla mancanza di fiato.
"Tutto bene?" mi domandò, probabilmente vedendo che stavo iniziando a boccheggiare come un pesce fuori dall'acqua. Forse mi ero dimenticata di dirgli che soffrivo d'asma...
"Si si" dissi dopo un po', ancora col fiatone "La prossima volta magri avvisami che sarei dovuta salire a piedi su un grattacielo che magari ci pensò due volte prima di accettare la tua proposta..."
"E io che ti facevo una sportiva..." scherzò lui, dandomi due colpetti con la mano sulla spalla. Lo guardai male.
"Dai Emmina, ora non rimettermi il muso... Vedrai che tutta questa fatica ne è valsa la pena!"
"Lo spero per te, Gigino" esclamai in risposta.

Mi riprese per mano e mi condusse per il corridoio che si era aperto davanti a noi appena svoltato l'angolo dell'ultima rampa di scale. Ad una certa iniziò a saltare come Heidi e io, ridendo come una bambina e dimenticando tutte le cose che mi avevano fatta crollare solo pochi istanti prima, lo imitai. Dopo un po' di tempo arrivammo davanti ad una porta e dovemmo interrompere la nostra corsa.
"Eccoci" mi disse lui, posando una mano sulla maniglia.
"Finalmente"
"Mochela che ti sei divertita"
"Proprio..."
"Guarda che correndo espelli dal tuo corpo le tossine e ti riempi di energia positiva"
"Da quando sei diventato la mia professoressa di educazione fisica?" gli risi dietro io.
"Sicuramente sono molto più carino e spronante della tua insegnante" insinuò lui.
"Beh, come darti torto effettivamente..."

Mi fece l'occhiolino ed abbassò la maniglia, spingendo la porta ad aprirsi. Mi si presentò davanti agli occhi una visuale bellissima.
Erano circa le 17.30 del pomeriggio e il sole stava tramontando in bella vista dal tetto dello Studio di Amici.
La luce di quella grande stella, ormai ridotta ad una palla che stava lentamente sprofondando nel terreno, mi accarezzava la pelle e una leggera arietta, dovuta probabilmente all'altezza dell'edificio, mi scompigliava i capelli.
Il silenzio presente era rotto solo dal rumore dei respiri del vento, mischiati in modo sconvolgentemente meraviglioso con quelli di me e Luigi che, insieme, facevano la più bella delle canzoni. Raramente in vita mia avevo udito una musica silenziosa così perfettamente perfetta.
La scena era resa ancora più bella da lui, da Luigi che, con un sorriso ancora più luminoso della luce del sole, era il punto in cui tutti quei bellissimi colori del paesaggio andavano a combinarsi perfettamente.
Lui era insieme gioia e tristezza, rabbia e tranquillità, amore e dolore. Lo odiavo per ciò che era in grado di farmi provare solo con uno sguardo ma, allo stesso tempo, lo amavo perché quel suo sguardo mi seguiva sempre, sostenendomi. Ma in fondo credo che l'amore sia proprio questo, un miscuglio imperfetto di odio e amore. Questo per quanto potessi capirne io dell'amore, quel sentimento stravolgente che faceva compiere alle persone scelte importanti, talvolta dolorose per coloro che gli stanno accanto.

"Vieni" esclamò lui d'un tratto. Vidi che, mentre contemplavo la meraviglia che avevo davanti agli occhi, lui si era seduto sul bordo del tetto, con la testa rivolta verso il sole tramontante, e mi stava facendo cenno con una mano di sedermi al suo fianco.
"Te sei matto" dissi "Soffro di vertigini"
"Dai, ci sono io..."
"Anche volendo non riesco, Gigi..."
"Okay" disse, alzandosi e venendo verso di me.
Mi prese entrambi le mani.
"Ora guardami negli occhi e, come mi hai promesso prima, fidati di me"
"Ho paura, Gigi"
"Di cosa?"
"Di fidarmi" Ed era vero. Quante volte mi ero fidata delle persone e quest'ultime mi avevano spaccata a pezzi.
"Perché?"
"Perché ho paura di perdere anche quel poco che mi resta" dissi io, con la mente indietro nel tempo in tutt'altro posto, un posto molto più buio e triste.
"Puoi fidarti di me, Emmina"
Gli sorrisi e mi lasciai trascinare da lui. Era una forza di gravità alla quale non potevo oppormi e che mi stava scavando sempre più all'interno.
"Okay, ora siediti" esclamò con voce tranquilla, ponendomi le sue grosse mani sulle spalle.
Mi abbandonai a lui e, chiudendo gli occhi per evitare di guardare giù, mi sedetti.
Lo sentii portarsi al mio fianco e dirmi di aprire gli occhi, che ero al sicuro.
Feci come mi disse.
Eravamo in capo al mondo.
Sotto di noi si estendevano strade e case, illuminate dalla stessa luce che illuminava i nostri corpi. Restammo in silenzio per un po', ascoltando il rumore dei nostri respiri che si mischiavano a quello delle macchine che scorrevano sotto di noi.
Ero felice, veramente.
Pensai a quante vite si stessero mischiando laggiù, nel mondo. A quanti amori stessero iniziando, a quanti amori stesse finendo, a quelli che non erano mai stati amori veri.
Ripensai a me, alla mia storia. All'idea d'amore che mi era stata insegnata, a quella stessa idea d'amore che era stata distrutta e che ora stava mutando forma con l'amore per Gigi. Pensai a quanta strada avevo fatto, in quei diciott'anni.
Pensai a quanto fossi orgogliosa di me stessa per essermi rialzata dopo tutte le batoste che avevo preso proprio dalle persone che credevo miei punti di riferimento.
Pensai a quanto in realtà quelle persone non meritassero nulla di me, né il mio amore né, tanto meno, il mio odio. Perdonai quelle persone, quella persona in particolare, perché sapevo che, altrimenti, non sarei andata avanti.
Pensai a Luigi, come solevo fare spesso in quell'ultimo periodo, anche quando lui non era al mio fianco.
Pensai che finalmente avevo trovato l'Harry di Ginny, il Will di Louisa, il Lo di Gioia, il Rigel di Nica, l'Achille di Patroclo.
Il Luigi di Emma.

"Vuoi dirmi che succede ora?" mi domandò lui.
Lo guardai e i miei occhi incontrarono i suoi.
"Ho paura, Luigi"
"Di cosa?"
"Beh, una serie di cose... di non essere all'altezza, di non essere abbastanza"
"E perché lo pensi?"
"Perché nella mia vita ho incontrato fin troppe persone per cui non ero abbastanza"
"Per me sei abbastanza"
"Lo so"
"E perché non ti basta?"
"Perché non mi sento abbastanza per me..."
"In che senso?"
"Non credo di essere mai stata abbastanza per qualcuno in vita mia..." ammisi con le lacrime agli occhi "Non credo di aver mai rappresentato l'idea di felicità di qualcuno"
"È impossibile" disse "i tuoi genitori, Emma. Tu sei la loro idea di felicità. Così come la mia"
"È qui che ti sbagli, Gigino" e scoppiai a piangere sulla sua spalla.
Gli raccontai tutto ciò che era avvenuto quando ero appena quindicenne, troppo giovane per affrontare una cosa così grande come il tradimento di una figura che ritenevo fondamentale nella mia vita.
Gli dissi che all'epoca sperai diverse volte che fosse tutto un brutto sogno e che mi sarei svegliata il prima possibile da quello schifo.
Ma purtroppo era la realtà.
Questo finché non era arrivato lui. Lui che aveva tinto di colori la tavolozza della mia spenta vita.
Ora, però, avevo paura di non essere abbastanza, di poterlo perdere e, tutte quelle sensazioni, aggiunte allo stress per la scuola e per la mia sempre precaria situazione famigliare, mi avevano fatta crollare.

"Oddio, Emma" esclamò quando finii di raccontare. Vidi che stava piangendo pure lui.
A mio parere non esiste nulla di più vero di quando una persona che ti ama piange con te, così come avevano fatto le mie amiche in quel periodo buio che avevo affrontato.
Con una mano gli scompigliai i suoi morbidi capelli e gli sorrisi, sempre con le guance bagnate dalle lacrime.
"Che deficiente che sei, comunque." esclamò dopo qualche istante di silenzio "non provare mai più a tenerti tutto dentro in questo modo e non provare mai più a pensare di non essere abbastanza. Perché è proprio l'ultima cosa vera in questo cacchio di mondo. Lo so che non è sempre rose e fiori, fidati che lo so bene. Ma a condividere il fardello con qualcuno diventa tutto più leggero..."
"Lo so, Gigi... ma non è facile"
"E invece deve esserlo, con me almeno" esclamò prendendomi la mano e portandosela su una guancia "Io voglio amarti Emma, con tutto me stesso, come nessuno ha mai fatto, come il Piccolo Principe ama la sua rosa.... Lasciamelo fare, ti prego"
"Sai anche tu che non ti merito" dissi. E lo pensavo davvero. Come potevo io meritarmi una cosa così bella?
"Ti sbagli, Emmina" esclamò sorridendomi "sono io che non merito te. Nessuno ti merita"
Sorrisi e lo baciai, sentendo i miei frammenti di cuore rotto incollarsi un pochino di più grazie al dolce sapore delle sue labbra sulle mie.

E, nonostante il sole fosse appena sparito sottoterra, mi sentii più illuminata che mai da quel tipo di bagliore che portava il suo bellissimo nome.

Partirò da zero con te - le avventure di Luigina e MattinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora