«Cosa è urgente?» chiese Tammy, guardandosi intorno. Faceva talmente buio che vedeva con difficoltà i due ragazzi seduti di fronte a lei.
«Non sei al sicuro» fu il numero 8 a parlare, lo capì dalla voce. Era più roca ed aveva un tono distrutto e dispiaciuto. «Devi fare attenzione, o tutto questo finirà.»
«Io voglio che finisca» disse Tammy, quasi sussurrandolo.
«Temo tu non abbia capito» iniziò «morirai.» la giovane lo guardò sgranando gli occhi, ma lui non se ne accorse. Rimase in silenzio per un attimo, non sapeva cosa dire, come rispondere. Dentro di lei sapeva già molto bene che sarebbe successo, una parte di sé aveva perso le speranze nel momento in cui aveva messo piede in quel laboratorio, temeva che non sarebbe mai riuscita a tornare alla sua vecchia vita, a sopravvivere.
«Perché me lo stai dicendo?» chiese lei, confusa. La sua voce era spezzata. Nacque un silenzio tagliente tra di loro. Uno di quei silenzi che distrugge l'anima, che affligge. Tammy deglutì, era pronta ad insistere. Non riusciva a capire perché dopo tutto quel tempo stessero cercando di parlare solo ora.
«Perché sono stato io a consegnarti a lui» fu il numero 15 a parlare. C'era qualcosa di strano nella sua voce. Lei guardò verso di loro, nonostante non potesse vederli bene. Li stava fissando, o almeno stava fissando il punto in cui credeva si trovassero. Il vuoto sembrava così confortevole.
«Io non... non capisco» sussurrò, con un nodo alla gola che si faceva sempre più stretto, facendole mancare il respiro. Sentì uno dei ragazzi spostare in avanti la sedia sulla quale era seduto, sbattendo contro il piccolo tavolo che li separava.
«Ti ha venduta al diavolo, Tammy. Non c'è nient'altro da capire» disse 8. Si portò le mani sul viso, respirando pesantemente. Si voltò verso il compagno e poi tornò nuovamente a guardare lei. «Non devi fidarti di nessuno qui. Niente è come sembra. Ti avrà sicuramente fatto credere di essere solo un inserviente, ma sono tutte menzogne. É lui il capo del laboratorio, il capo del progetto. Gestisce tutto lui; lui ci spia, ci osserva, ci studia e sta cercando di radunare sempre più bambini e ragazzi da modificare» disse. "Modificare?" pensò lei, e in qualche modo entrambi la sentirono, come se lo avesse detto ad alta voce. «Modificare, sì. E se non ci riesce ci toglie di mezzo. Ci uccide» la ragazza rabbrividì a quelle parole. Cosa voleva dire? Lei non aveva niente di speciale, lo sapeva bene, eppure tutti continuavano a studiarla come se da un momento all'altro dovesse succedere qualcosa. Ma non succedeva mai niente... sarebbe stata quella la sua condanna?
«Perché dovrei fidarmi di voi?» chiese lei, cercando di mantenere la calma.
«Perché lo abbiamo visto succedere, un milione di volte. E tu sarai la prossima» disse 8. In tutto questo l'altro ragazzo stette in silenzio; respirava pesantemente e manteneva lo sguardo avanti. Si chiese se potesse vederla o se avesse del tutto perso la vista. Quando Tammy cercò di parlare tornò la luce, e subito i ragazzi si alzarono, nella speranza che lui non potesse vederli. Ma lui era già lì, sul ciglio della porta, con le mani conserte sul suo bacino mentre guardava proprio nella sua direzione. Era da tanto che non lo vedeva, e sentì il suo corpo quasi cederle. Peter le accennò un sorriso e si fece avanti. La stava fissando con quel suo solito sguardo glaciale ed impenetrabile, i suoi occhi incavati e le labbra leggermente curve in un sorriso privo di essenza. Camminava a passi svelti, e sembrava che lasciasse una scia di terrore. I due ragazzi che le erano venuti a parlare si incamminarono nella direzione opposta, cercando di non incrociare né lo sguardo di lei né quello dell'uomo vestito di bianco che la stava mangiando con gli occhi. Si fermò proprio davanti al piccolo tavolo, guardandola dall'alto.
«Devi venire con me, Tammy» le disse dolcemente, allungando la mano verso di lei. La giovane la afferrò e lo seguì. Come poteva essere possibile che fosse lui a capo di tutto? Sembrava così docile e disposto ad aiutarla. Nonostante tutto, nonostante gli incubi, sembrava un angelo.
«Dove stiamo andando?» chiese lei, guardando verso il bel giovane mentre percorrevano il bianco corridoio.
«È successa una cosa» continuava a guardare avanti, camminando di fretta. Tammy dovette faticare un poco per stare al suo passo. Non ne capiva il motivo ma si sentiva spesso molto stanca, come se fossero passati mesi dall'ultima volta che aveva camminato. «Credono che tu non sia ciò che cercano. Hanno detto che non vogliono pesi morti» le sue labbra tremarono. «Vogliono ucciderti, Tammy, devo impedirlo a tutti i costi.» si fermò, afferrandole il braccio. I suoi occhi chiari scavarono dentro quelli scuri di lei. La ragazza sbiancò, cercando di rimanere impassibile. Non sapeva di chi doveva fidarsi. Sembrava così buono, così disposto ad aiutarla. Possibile che ogni cosa che diceva fosse rigirata a suo favore? Strinse le labbra e riprese a camminare, con lei dietro, incerta. Si fermò dinanzi ad una porta, per poi aprirla. Era una stanza ampia con una sedia, un tavolo, un letto ospedaliero rialzato e uno strano marchingegno pieno di fili, collegato ad una di quelle macchine che servivano a monitorare le funzioni psichiche. Tammy non era mai entrata lì dentro. Attraversò il ciglio della porta insicura, cercando di rimanere il più fredda possibile. Tutto avrebbe voluto tranne che lui vedesse come si stava sforzando a decidere ciò a cui doveva credere. Lui si sedette dietro il tavolo, invitandola a sedersi su quella specie di letto/poltrona. Lei obbedì, ed attese che lui le collegasse i fili e le posizionasse quello strano aggeggio sulla testa.
«Cosa mi stai facendo?» chiese. Non aveva ancora accettato di trovarsi in quel laboratorio. Stava vivendo un incubo terribile, dal quale era impossibile svegliarsi. Il ragazzo sospirò, guardando verso il basso.
«Devo accertarmi che abbiano torto» disse, tornando a sedere. Collegò il macchinario per studiare le sue funzioni psichiche e questo iniziò ad emettere degli strani suoni e a stampare dei fogli che la giovane non riusciva a vedere.
«Quindi?» chiese lei, spaventata. Peter sospirò, guardandola dispiaciuto.
«Io non gli credo» le disse. «Ma non so cosa fare per dimostrarglielo. Devi aiutarmi» la guardò con occhi affranti.
«C-Cosa devo fare?» tremò. Mille brividi percorsero ogni singola parte del suo corpo. Sentiva la testa pronta a scoppiarle. Non voleva piangere, ma era così difficile. Lui si alzò, sedendosi di fianco a lei al bordo del letto. Prese le sue mani tra le sue, stringendole.
«Ho bisogno che mi dimostri che abbiano torto.» Il suo sguardò cambiò per qualche secondo, apparendo corrotto. Sembrò quasi che per qualche istante i suoi occhi si fossero tinti di rosso, ma quando scosse la testa tornò apparentemente normale, gentile.
«Ma non so come» pianse lei. Non voleva morire. Tutta quella situazione le metteva ansia, la atterriva. Lui le accarezzò la guancia, asciugandole una lacrima con il polpastrello.
«Potrebbe esserci un modo..» sospirò «ma non sono sicuro che per te vada bene» manteneva il suo sguardo imperturbabile su di lei, scrutandola a fondo. Lei deglutì, sentendo il nodo alla gola farsi sempre più stretto.
«Qualsiasi cosa se potrà farmi sopravvivere» non ne era tanto sicura. Non aveva idea di cosa si potesse trattare, ma in quel momento il suo istinto di sopravvivenza prevalse sul suo orgoglio e sulla sua paura. Si sentiva stregata da quel ragazzo, senza nessun motivo apparente. Il parassita dentro di lei si faceva sempre più grande, schiacciando quella parte che tanto lo odiava e disprezzava. In qualche modo si sentiva al sicuro. Era fottuta. Sentirsi al sicuro con un diavolo travestito da angelo... era forse questo quello stava succedendo? Non sapeva più cosa credere ormai, i suoi pensieri erano stati corrotti e si stava perdendo. Stava perdendo tutto ciò di sano e puro che rimaneva di lei. Deglutì con forza, e il tremolio che l'aveva accompagnata fino a quel momento scomparve. Peter sorrise, e le si avvicinò. Fece scivolare la mano che le stava accarezzando la guancia sulla sua nuca, stringendola. Avvicinò lentamente il suo viso a quello di lei, stringendo ancora di più la presa per fare in modo che si avvicinasse a sua volta. La distanza tra i loro volti si ridusse al minimo, tanto che divenne difficile ad entrambi distinguere la frequenza dei loro respiri, uniti in un solo sussurro. Tammy iniziò a respirare pesantemente, sentendo il suo petto fare su e giù. Il suo cuore batteva all'impazzata ed era fuori controllo. Tutto era fuori controllo. I loro nasi si sfiorano, e per un attimo restarono fermi così, con gli occhi fissi gli uni dentro gli altri. Acqua e terra, pioggia e sabbia, un misto glaciale tra le loro sfumature concentrate in un unico tornado di emozioni. Le si avvicinò ancora, sfiorandole le labbra umide con le sue. La giovane riprese a tremare, sentendo i battiti del suo cuore sfondarle il petto. Non riusciva più a pensare, non si sentiva vigile. Se solo fosse stata completamente cosciente lo avrebbe respinto, lo avrebbe gestito. Si sarebbe chiesta quale potesse mai essere l'utilità di quel gesto, lo avrebbe forse impedito. Ma non era niente di tutto questo, non era in sé. Peter fece scorrere la mano sulla spalla di lei, accarezzandola. Posò l'altra mano sul letto per sostenere il peso del suo corpo per non finirle addosso, sfiorandole il fianco. Fu come se qualcun altro prese il controllo di Tammy, scacciando via ogni briciolo di ribellione e odio, e si avvicinò a lui. Le distanze, seppur piccole, si ridussero in un bacio. Lui le morse delicatamente il labbro inferiore, passandole una mano tra i capelli per avvicinarla ancora a lui, come se non gli bastasse. Il suo intento era solo quello di baciarla, di far finire il suo DNA dentro di lei, di farla entrare a contatto diretto con il DTH. Era l'unico modo che non fosse moralmente discutibile. Eppure lui morale non ne aveva, non aveva mai avuto. Qualcosa di strano stava ribollendo dentro di lui e allo stesso modo dentro di lei. Quello che Peter non aveva realizzato era che non era solo il suo DNA a finire dentro di lei, ma anche viceversa. In quel momento sentì di volerla attirare ancora di più, che un solo bacio non bastava, e a lei andava anche bene. Le loro lingue danzarono all'unisono mentre i loro corpi bramavano di più. Il giovane le strinse la vita con l'altra mano, gettandosi addosso a lei come se pochi minuti prima non avesse pensato di impedirlo, e lei gli strinse la camicia con le mani, tastando il suo torace. Tra ansimi e respiri pesanti si lasciarono andare, mantenendo gli occhi fissi gli uni dentro gli altri. Peter si morse il labbro, senza allontanarsi del tutto. Tammy ansimò, socchiudendo gli occhi. Che cosa era successo? Nessuno dei due se lo sarebbe mai aspettato, specialmente lui. Aveva ottenuto quello che voleva, ma a che costo? Non sapeva se sarebbe servito, se i suoi calcoli erano corretti. Avrebbe semplicemente aspettato un giorno, poi l'avrebbe tolta di mezzo se nemmeno quel tentativo avesse portato a risultati certi.
«Ecco fatto» disse lui. Aveva fatto in modo che del DTH puro entrasse a contatto con il suo organismo, ora non doveva far altro che aspettare la sua reazione.
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Under 001 - Stranger Things
ФанфикCome sarebbero le cose se nel momento in cui Undici creò il sottosopra fosse nato un distaccamento temporale parallelo? Una parte di 001 resterà intrappolata in un tempo diverso, dove nel quale riesce ad evitare la sua sorte maledetta, ritrovandosi...