«Mi hai tradito, Tammy, non me lo aspettavo» le sue parole uscirono fuori come un sussurro sulle labbra della giovane.
Così bello eppure così brutale.
Respirò profondamente senza interrompere nemmeno per un secondo il contatto visivo. La ragazza sentiva le dita di lui premere con forza sul suo collo mentre manteneva la presa ferrea ma meno violenta rispetto a quando l'aveva strattonata e spinta con veemenza contro il muro alle sue spalle. I suoi occhi erano intrisi di un'emozione nuova, sembrava odio quanto amore, curiosità quanto menefreghismo. I loro respiri si erano fusi in un'unico affanno imbibito di terrore e desiderio.
Sembrò che l'ambiente circostante fosse stato invaso da una corrente nuova in grado di mutare la situazione. Sembrò quasi che entrambi i giovani fossero caduti dalle nuvole, rintontiti e stravolti. Peter allentò la presa, lasciandola andare. Allontanò lentamente la mano da suo collo, sfiorandole la pelle scoperta. Lei lottò contro l'impulso di portarsi subito le mani sul punto dolente, mantenendo lo sguardo fisso in quello vitreo del ragazzo. Nessuno dei due parlò, ma lui le afferrò dolcemente un polso e la guidò con calma verso una sezione di corridoio che Tammy aveva già percorso non molti giorni prima. Erano diretti verso la camera di lui.
Deglutì, sentendo un forte dolore alla pancia per via della tensione. La mancanza di sonno e la scoperta di un nuovo livello di ansia l'avevano trasformata in una persona che non credeva di essere. Quella campanella di allarme che aveva sentito quel giorno risuonò più forte che mai una volta varcata la soglia della grande stanza. Non volle smettere neppure quando il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, ritrovandosi faccia a faccia con lei che lo stava guardando cercando di dimostrarsi coraggiosa e di scacciare via ogni pensiero negativo dato da conclusioni affrettate.
«Mi dispiace» disse lui. Tammy corrugò la fronte curvando le sopracciglia, più confusa che mai. Non era la prima volta che Peter le chiedeva scusa, ma ora che lo aveva visto in quel modo le cose suonavano un po' diversamente. Suonava un po' diversamente il fatto che le chiedesse scusa e si dimostrasse disponibile ogni qualvolta che lasciava intravedere la sua indole violenta. Non sapeva che cosa non andasse in quel ragazzo, ma non voleva esserne coinvolta fino in fondo. Sapeva bene che ormai era dentro, ma sperava di avere ancora la forza di uscirne fuori.
«Mi devi delle spiegazioni, non delle scuse» avvolse le braccia sotto il petto, guardandolo con serietà. Non aveva paura di lui, e non era neppure arrabbiata; era semplicemente disgustata dalla tanta delusione che provava in quel momento. Lui sospirò e la guardò dolcemente. Le accennò un sorriso ed annuì, mordendosi il labbro.
«Su, vieni» le protese in avanti la mano e lei attese qualche secondo prima di decidere di afferrarla. La guidò poco più avanti, facendola sedere sul letto in modo che potessero trovarsi l'uno di fianco all'altra. «Non me la sarei dovuta prendere con te. Sai bene che davanti alle telecamere devo essere un'altra persona» le strinse con fare paterno le mani tra le sue, accarezzandole. Lei lo guardò serrando le labbra; non credeva ad una singola parola che usciva dalla sua bocca, ma se non si fosse trovata in quella specifica situazione avrebbe penduto dalle sue labbra. Vedeva solo ora quanto potere avesse. Era in grado di controllare anche l'immagine che gli altri avevano di lui, solo manipolandola.
«Non mi interessano le tue scuse» ritrasse le mani. «Voglio delle spiegazioni».
001 sospirò, alzando lo sguardo al cielo per poi tornare a scavare negli occhi color nocciola della giovane, senza sbattere le palpebre nemmeno per un secondo.
«È una storia lunga» i suoi occhi erano fissi dentro quelli di lei, vuoti.
«Ho tutto il tempo» deglutì sentendo un nodo alla gola formarsi e diventare sempre più grosso. Le catene che sentiva alle caviglie diventavano sempre più pesanti e più difficili da sopportare. Sapeva bene che era tutto frutto delle sue ansie, ma vedeva quelle catene sporche e arrugginite contorcersi e sciogliersi attorno a quelle del ragazzo, formando un ammasso di ferro e sangue putrido che sarebbe finito per farli scivolare insieme sottoterra. Alle estremità delle catene c'erano due incisioni per i rispettivi proprietari: 027 e 001. Non solo sarebbero sprofondati, ma sarebbero stati sottratti alla vita come i numeri che erano.
«Bene» un sorriso beffardo si fece largo sul suo viso mentre i suoi occhi si dimostravano impietriti, se non addirittura rammaricati. Era un individuo indecifrabile.
Sembrava quasi che le cose stessero andando diversamente dal previsto, ma sapeva bene anche lui stesso che in qualsiasi modo non avrebbe mai permesso a quella stessa missione di fallire. Sarebbe andato contro tutto e tutti, anche contro sé stesso, perché in quel momento era proprio lui il suo rivale, colui che stava complicando le cose. Ciò che rendeva il tutto più difficile era che non capisse per quale motivo vi fosse un tale subbuglio di emozioni dentro un corpo che non aveva mai provato nulla per ben 24 anni. «Ma ho prima bisogno che tu mi dica chi ti ha messo queste cose in testa».
Tammy lo guardò disgustata, alzandosi. Non aveva intenzione di andare via, ma l'istinto prevalse. Peter si alzò subito dopo di lei, afferrandole il polso. La giovane si voltò cadendo quasi addosso a lui; dovette tendere le braccia e sbattere contro il suo petto per evitare di ritrovarsi addosso a lui. Alzò gli occhi verso di lui, guardandolo dal basso.
«Non andare» disse, e lasciò andare presto la presa non appena vide in lei un espressione di dolore. Non voleva farle del male, eppure non aveva senso, lui non aveva mai avuto alcun riguardo verso cose del genere, era da sempre stato privo di etica. Perché con lei doveva andare diversamente? «Ti dirò tutto ciò che vuoi sentire» si sedette nuovamente, attenendo che lei facesse lo stesso. Per la prima volta la trama non andava secondo il copione che aveva steso.
«Da quanto tempo sono qui?» chiese lei, cercando di risultare inflessibile. Si morse l'interno guancia e squadrò ogni dettaglio sul viso del ragazzo.
«Poco più di un mese» disse. «Oggi è il 4 ottobre» la luce negli occhi di Tammy si spense. Iniziò a tremare, tutto ciò a cui non aveva voluto credere si stava rivelando vero.
«No, no, no...non può essere...» abbassò lo sguardo sulle sue mani, muovendole. Erano così strane, mobili. Sembrava non le appartenessero, come se fino a quel momento non avesse avuto nessun arto. Si sentiva un'altra volta esterna al suo corpo. «Che cosa mi hai fatto? Perché-» tremò, sentendo delle lacrime di nervosismo bagnarle il viso arrossato. Lui le si avvicinò di fretta, accarezzandole una guancia mentre con l'altra mano le stringeva delicatamente la nuca.
«Io non ti ho fatto niente» i suoi occhi erano dilatati, lucidi, come se fosse toccato da quella domanda. «Io ti ho protetta» la sua voce uscì fuori innaturale.
«N-No» pianse. Era terribilmente spaventoso il modo in cui la stava guardando in quel momento, e ciò che la spaventava di più era il non essere in grado di capire cosa stesse provando.
«Si, Tammy. Io ti ho sempre protetta, in tutto questo tempo io ho fatto in modo che nessuno ti facesse mai del male» le prese il viso tra le mani, avvicinandola a sé. «Potevo lasciarti stare, potevo lasciare che ti facessero tutto quello che volevano, ma no, io l'ho impedito» i suoi occhi si dilatarono ancora di più ed iniziò a tremare anche lui. Una piccola lacrima scese dal suo occhio destro bloccandosi proprio sotto la palpebra. «Avrei potuto farti tutto quello che volevo, ma non l'ho fatto. Tu non mi conosci, Tammy, non sai di cosa sono capace, non sai quello che ho fatto» rise nervosamente senza sbattere ciglio «Io ti ho protetta da me quando avrei potuto farla finita subito».
«Non riesco a capire...» la sua voce uscì flebile come un sussurro. Troppe emozioni litigavano tra loro e troppi pensieri volevano avere la meglio. La sua mente era un casino, non riusciva a capire quale pensiero fosse realmente suo e quale fosse stato infiltrato da Peter. Ancora una volta pendeva dalle sue labbra, in opposizione a tutto ciò in cui credeva.
«Ti sto proteggendo anche adesso, Tammy» le strinse il viso tra le mani premendo i pollici sul suo collo, facendola sussultare. La lasciò subito andare scuotendo la testa, poi le volse nuovamente quello sguardo indecifrabile, mostrandole un sorriso dolce. «Ti ho chiesto di dirmi chi ti ha detto queste cose perché significa che mi hanno scoperto. Il dottore mi separerà da te, ci sta già provando. Ha capito ciò che sto facendo per te, ha capito di noi. Se qualcuno ti ha parlato male di me allora sta lavorando con lui, e io devo impedirlo, devo accertarmi che non sospettino nulla» le strinse nuovamente la mani tra le sue, ma queste volta lei non si allontanò, era troppo sconvolta per parlare.
«Perché non me ne hai parlato prima? Perché mi hai nascosto la verità se volevi proteggermi?» chiese. Lui sospirò, accarezzandole le mani dolcemente.
«Io avevo paura. Avevo paura che scoprissero ciò che stavo cercando di fare, e non pensavo fosse importante. Non pensavo avesse senso rischiare di dirti la verità se poi c'era in gioco la tua incolumità» si fermò per un istante a fissare il vuoto, per poi guardarla nuovamente negli occhi «La tua famiglia non ha mai smesso di cercarti»
Sentì le lacrime annebbiarle la vista. No, non gli credeva, ma quello era proprio ciò che aveva bisogno di sentire, il suo collegamento alla vita vera, l'appiglio alla realtà oltre il laboratorio...
«Perché dovrei fidarmi di te?» chiese. Non aveva assolutamente intenzione di giocare al suo gioco, di fidarsi, ma fargli credere il contrario le avrebbe potuto fare comodo.
«Hai ragione a non farlo» le accarezzò i polsi. «Farò in modo di cambiare le cose».
STAI LEGGENDO
Under 001 - Stranger Things
FanficCome sarebbero le cose se nel momento in cui Undici creò il sottosopra fosse nato un distaccamento temporale parallelo? Una parte di 001 resterà intrappolata in un tempo diverso, dove nel quale riesce ad evitare la sua sorte maledetta, ritrovandosi...