32 - Exolvuntur temporis (1° parte)

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Fu difficile capire cosa successe in quegli ultimi istanti. Il laboratorio di Hawkins, seppur al principio appartenente ad un distaccamento temporale parallelo rispetto a quello originario, si trovò capovolto nella linea spazio-temporale, come se immerso in un sottosopra.
Quando quella figura misteriosa aprì la porta sia Peter che Tammy si sentirono mancare un battito. La giovane guardò prima il ragazzo che la teneva stretta al suo fianco, e subito dopo colui che invece era fermo al ciglio della porta, non riuscendo a capacitarsi. Di cose strane ne aveva viste da quando era finita in quel posto malefico, ma mai a questi livelli. Davanti ai suoi occhi c'era una figura identica al suo Peter, era addirittura impossibile non confonderlo con lui.
Stessi abiti bianchi immacolati, stesso cartellino con su scritto "Inserviente: Peter Ballard", stessi capelli biondi sistemati all'indietro e stessi occhi di ghiaccio. Forse una differenza c'era, ed era proprio negli occhi. Quelli dell'individuo che si era intrufolato nella stanza erano vitrei, spenti, quasi come se fossero stati disegnati su una carta ruvida. Sembrava quasi non vi fosse vita all'interno.
«È l'ora di riunirti a me, fratello» la sua voce era cupa, inumana, completamente diversa da quella di Peter. Sembrava quasi che la sua gola fosse stata colpita a pieno da un fulmine, e che ciò avesse condizionato il tono della sua voce trasformandola per sempre in un suono rauco e pesante.
Peter spinse Tammy indietro, guardando dritto dentro gli occhi di quello che sembrava proprio il suo stesso riflesso.
Si ricordava bene di lui, ricordava bene chi lo aveva accolto in quel mondo. E ricordava altrettanto bene quella dimensione, era lì che aveva perso i suoi poteri, e ora che li aveva ritrovati quel mostro era tornato.
«Va' via» sussurrò all'orecchio della giovane, che invece non aveva assolutamente intenzione di abbandonarlo lì in compagnia di quella figura tanto inquietante. Quando cercò di contestare sentì gli occhi di pietra dello strano individuo premere su di lei, mentre uno strano ghigno demoniaco si formava sul suo viso di porcellana. Aveva l'aspetto di Peter, ma ora che lo guardava bene, erano completamente diversi.
«Io resto con te» disse Tammy, stringendosi al braccio del giovane, che cercò rudemente di spingerla via.
«Dovresti proprio farla andare via, Henry, da soli siete delle prede più facili» il ghigno si allargò ancor di più in maniera inumana, partendo da una guancia all'altra senza formare alcuna ruga d'espressione. I suoi denti erano imbrattati di sangue e le sue labbra erano anemiche, mentre sotto i suoi occhi delle occhiaie si facevano sempre più prominenti. Peter guardò quasi preoccupato il suo doppelganger, riflettendo sul da farsi.
Lo stava semplicemente minacciando, niente di più. Nulla di preoccupante.
Guardò la giovane con la coda dell'occhio. Non era passato molto tempo da quando si trovarono distesi su quel letto a parlare di tutto e di più, l'una tra le braccia dell'altro.
Prese un respiro profondo e afferrò il polso della ragazza, avvicinandola a sé. Aveva giurato che non lo avrebbe fatto mai più con lei, ma non aveva scelta. Credeva che fosse la cosa migliore.
I suoi occhi penetrarono dentro quelli di lei, iniettandoli di quel suo veleno gelido. Doveva andare via a tutti i costi. Non ne capiva il motivo, ma qualcosa dentro di lui sapeva che solo scappando sarebbe stata al sicuro da quell'essere.
La giovane fu perfettamente manipolata, e senza fare ulteriori domande andò via, passando proprio di fianco a quello che somigliava tanto all'uomo che amava.

L'essere protese la mano in avanti, scoprendo il polso con su tatuato il numero 001, quasi del tutto ricoperto da scottature e cicatrici. Quando inclinò la testa verso destra un pezzo di pelle della guancia sinistra gli scivolò sul pavimento come cenere, scoprendo la muscolatura ustionata.
«È il momento di riunirti a me, Henry» disse. Peter provò un senso di disgusto nel sentirsi chiamare con quel nome. Lui non esisteva più. Lo aveva ucciso con le sue stesse mani.
«Non lo farò» disse. Il ghigno si dissolse, facendo crollare altri pezzi di pelle attorno al collo, scoprendo le venature rosse e gonfie, colme di un sangue luminoso e duro come pietra. Fece dei passi avanti, facendo tremare l'intera stanza. La camicia che indossava si aderì alla pelle, lasciando trasparire del sangue coagulato e la strana muscolatura.
«Non puoi tradire un fratello» il suo volto assunse un'espressione fuori dal comune; sembrava imitare Peter, ma allo stesso modo differirgli completamente donandogli un aspetto sinistro ed infernale.
Il giovane rimase immobile, di pietra all'avanzare dei passi pesanti di quel mostro dalle fattezze umane. Ad ogni movimento qualcosa di lui cambiava, mostrando la sua vera natura. Parte dei suoi capelli era andata completamente bruciata, aderita alla pelle ustionata della testa e di una metà del viso. Da un lato aveva l'aspetto angelico di colui che era sia Peter Ballard che Henry Creel, mentre dall'altro non era diverso da un demonio. Scheletrico e colmo di sangue, frammetti di ossa visibili tra la carcassa di muscolatura carbonizzata e un occhio fermo come vetro tra le carni che lo tenevano immobile tra le palpebre insanguinate e intere ancora per miracolo.
Ma di miracolo non aveva un bel niente.
Più Peter lo guardava, più era convinto di avere davanti a sé un demonio pronto a reclamarlo per l'eternità per la malvagità delle sue azioni. Ora era cambiato, era pronto a rinunciare a tutto per amore e avrebbe anche potuto rinunciare ai suoi poteri se solo Tammy non glieli avesse donati. Era per questo che il diavolo lo stava chiamando a sé, perché aveva annientato la bestia che si annidava nel suo corpo.
Non aveva mai creduto nell'inferno, era da sempre stato razionale, ma in quel momento sentì di doversi ricredere.
«Io non sono come te» disse Peter, mantenendo come sempre la calma e il suo solito sguardo impassibile. Non aveva paura, avrebbe affrontato anche quello, così come lo aveva affrontato la prima volta.
«Ti sbagli» si avvicinò ancora di più «Tu sei me»

2

Tammy  continuò a camminare lungo quel corridoio che si era trasformato in un labirinto. Tutto era buio, era difficile vedere dove mettesse i piedi ed era sicura di aver percorso quella strada per almeno una decina di minuti da quando aveva lasciato la stanza personale di Peter. Più si guardava intorno più notava come quel posto fosse diverso da come lo ricordava. Strane particelle fluttuavano nell'aria ed un odore fetido e marcio le rendeva difficile respirare con regolarità senza coprirsi naso e bocca con la mano.
«Ti sei persa?» una voce echeggiò nell'oscurità, ma era impossibile verificarne la provenienza. Sembrava infatti di trovarsi immersi in acqua, dove i suoni si propagavano in ogni direzione. La giovane si voltò, cercando di capire se chi avesse parlato fosse alle sue spalle, ma non vide nessuno. Si disse di esserselo semplicemente immaginata, ed allora tornò sui suoi passi. Non aveva paura, non più ormai. Aveva ucciso delle persone, e ciò l'aveva scombussolata parecchio, ma ciò l'aveva anche resa consapevole del potere che aveva. Se mai dovesse essere successo qualcosa, avrebbe forse potuto controllarlo, ma mai avrebbe ucciso di sua spontanea volontà, mai.
«Posso aiutarti io se vieni con me» un mano sbucò dall'oscurità, e subito dopo anche il polso con su tatuato quel numero con cui tanto aveva avuto a che fare. Sussultò vedendo Peter uscire fuori dall'ombra con un sorriso meccanico stampato sul viso pallido.
«Dio, Peter, mi hai fatto spaventare» sbuffò tenendo la mano sul petto come a controllare la sua tachicardia. Strinse le labbra ed alzò lo sguardo verso il giovane. «Cosa è successo di là?» chiese, pendendo dai suoi occhi. Curvò leggermente le sopracciglia, confusa da uno strano comportamento del ragazzo; non manteneva il contatto visivo per più di tre secondi.
«Ho accettato, Tammy» si mosse in avanti, e allora lei indietreggiò d'istinto, guardando gli occhi di lui iniettarsi di un rosso vivido come il sangue che stava iniziando a scorrere dal suo naso. Le stava facendo qualcosa. «Ma non c'è posto per te tra noi» protese la mano verso di lei, ma lei la schivò, indietreggiando ancor di più. «Tutto questo tempo con te è stato un'assurdità, un modo per capire quanto disprezzi la gente come te. Non c'è nulla di sacro in te, non c'è nulla che ti possa rendere degna di me. Io sono Dio, e come Dio rimodellerò il mondo, e non c'è spazio per una nullità al mio fianco. Tu non hai niente di speciale, non sei come Undici. Sei sempre stata inutile, Tammy. Mi dispiace dirti che sei di troppo, e ti voglio fuori dalla mia strada», c'era qualcosa di crudele in lui, più simile alla morte che alla vita.
«Peter...» i suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre un nodo alla gola si faceva sempre più stretto.«Allora uccidimi» gemette, sentendosi bruciare le labbra. Trattenne il respiro. Il mondo sembrava essersi fatto così piccolo ora che lo guardava con occhi diversi...
«Grazie della proposta» le si avvicinò lentamente, sorridendo. Quando allungò la mano verso il suo viso si ritrasse, socchiudendo gli occhi. Le accarezzò semplicemente una guancia rosea, e le si avvicinò tanto da ridurre al minimo la distanza tra i loro nasi. «Ma ho in mente qualcosa di meglio» fece scivolare un dito sulle labbra di lei, pressandole. Un ghigno si fece largo sul suo viso e i suoi occhi si illuminarono di uno strano ardore dello stesso colore del sangue. Era pazzo, lo aveva sempre saputo, ma era stata tanto sciocca da voler credere di poterlo aiutare. «Sono sicuro che piacerà anche a te».
«Tu non sei Peter» le parole uscirono fuori con un sussurro spezzato e tremante.
«Perspicace» ghignò, avanzando ancor di più ad ogni passo che lei faceva all'indietro con l'intento di scappare da lui. Era strano, a differenza di quell'essere che aveva visto in quella stanza, questo sembrava quasi incorporeo.
La giovane reagì in pochissimo tempo. Si voltò di fretta, iniziando a correre senza guardarsi indietro. Doveva andare via, prima che la prendesse. Doveva tornare da Peter.
Sentiva il suo corpo venire sempre meno, assalita da una pesantezza insopportabile. Delle catene la tenevano confinata a quel luogo, e stavano per sprofondare una volta per tutte. Aprì di corsa la porta della Stanza Arcobaleno, trovando Peter davanti a sé. Sembrava disorientato, e si stava guardando allo specchio. Era ricoperto di sangue, mentre il suo riflesso era impeccabile. Rimase ad osservarlo per qualche secondo che invece parve un eternità. Indietreggiò, lasciando che la porta si chiudesse da sola, ed andò a sbattere contro il muro alle sue spalle. Ricordava quella scena, la ricordava proprio bene. Deglutì, sentendosi ancora peggio. La sua testa elaborava cose che non avevano senso e più tempo passava più sentiva di perdere le forze.
Ora capiva tutto, aveva tutto più senso.

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