13 - Patto col diavolo

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Peter si rialzò subito, attraversando la stanza nudo, con solo le mutande addosso. Si passò una mano tra i capelli arruffati e si calò all'altezza del mobiletto alla ricerca di qualcosa tra i suoi ripiani. Quando si sollevò teneva tra le mani un pacchetto di sigarette e un accendino. Fumare era vietato lì, ma Peter Ballard era un eccezione. Tammy stava iniziando ad aprire gli occhi solo in quel momento. Com'era possibile che un semplice inserviente non avesse paura di infrangere le regole che tanto considerava sacre?
Estrasse una sigaretta dal pacco e lo lasciò cadere sul tavolino, facendola scivolare nelle sue labbra in modo che potesse restare ferma. Quando l'accese aspirò pesantemente, facendo entrare il fumo nei suoi polmoni. Inarcò la schiena, facendo cadere la testa all'indietro mentre buttava in sù la nuvola bianca.
«Fumi?» le chiese, avvicinandole la sigaretta accesa. Da quando era successo il tutto non avevano parlato, e ciò che lo rendeva ancora più strano era quel momento. Quella condivisione sembrava tanto affine alla normalità. Tammy deglutì e fece di no con la testa, coprendosi il corpo nudo con le lenzuola. Fino a quell'istante non aveva provato alcun imbarazzo, ma qualcosa era cambiato.
Peter alzò le spalle curvando le sopracciglia, aspirando ancora di quel fumo tossico, per poi voltarsi verso di lei a guardarla negli occhi spenti ed incavati; gli sembrava proprio di guardare dritto dentro i suoi.
«Quello che è successo..» iniziò lei. Non sapeva esattamente cosa dire, ma sentiva che farlo fosse necessario. Non sapeva nemmeno lei di preciso cosa e come fosse accaduto; qualcosa aveva preso il sopravvento e da lì erano scaturiti una serie di eventi. Era stato così anche per lui, per lui che da sempre teneva tutto sotto controllo per impedire di essere vivo, per non improvvisare. E invece in quel momento aveva fatto proprio l'esatto contrario dei suoi principi, aveva improvvisato e aveva lasciato che una infima parte di sé avesse preso il sopravvento. Nessuno dei due era in grado di spiegarselo perché nessuno dei due lo aveva previsto. Per Tammy non era un problema, ma per 001 era una prova del suo decadimento, e non andava bene. Doveva riacquisire il potere, o sarebbe andato in deriva.
«Già, mi dispiace» disse lui mostrandole uno sguardo freddo e distaccato. Ciò ad essere più inconsueto era che le sue scuse erano sincere, ma erano prive di un appiglio logico.
«Per cosa? Non mi è sembrato che nessuno dei due sia stato costretto» sorrise mordendosi il labbro. «A meno che tu non te ne sia pentito» arrossì serrando le labbra. Peter si avvicinò a lei, calandosi alla sua altezza.
«No, non me ne sono pentito» accennò un sorriso malinconico. Manteneva gli occhi fissi in quelli di lei, senza battere ciglia o senza distogliere per un attimo il contatto visivo. Era un ragazzo strano, più Tammy passava del tempo con lui più se ne rendeva conto. Un attimo sembrava buono e premuroso, l'attimo dopo vile e privo di emozioni, poi ancora buono e ancora misterioso e freddo. Era impossibile da decodificare e per quanto Tammy lo avesse disprezzato fino a quel momento sentì qualcosa di strano prendere forma nel suo petto. Era come una sorta di attenzione, di tenerezza o di legame, non lo sapeva per certo. Sapeva solamente di riuscire a vedere quel ragazzo con occhi diversi allora. Sembrava una persona affranta, distrutta, sembrava in preda all'istinto di sopravvivenza, sembrava solo.
Nel mondo siamo tutti da soli, ma spesso è più semplice credere di non esserlo. È quando si realizza la verità che le cose diventano più dure, più pesanti da sopportare.
«Stai bene?» chiese lei. Peter rabbrividì, diventando di pietra. Era una domanda strana, un interessamento strano. Non riusciva a ricordare l'ultima volta che glielo avessero chiesto e non riusciva a capirne il motivo. Dopotutto a lui non importava, perché per lei doveva essere diverso?
«Certo» rispose. Prese un respiro pesante e pensò a ciò che si era detto poco prima che i loro corpi si unissero in quel modo tanto particolare. «Tu invece?» le chiese. Era il momento perfetto per avvicinarla di più, doveva stare al passo e assecondarla, cercando però di non caderci troppo dentro. Non c'era cosa che temesse di più di restarci sotto, vittima del suo stesso gioco.
La giovane annuì, tenendo strette le labbra mentre alzava gli occhi al cielo. Si sentiva così leggera.
«Sono ancora in tempo per accettare la sigaretta?» chiese. I suoi occhi erano lucidi e sul suo viso brillava un sorriso mite. Peter si sfilò la sigaretta dalla bocca e sempre tenendola tra l'indice e il medio la rigirò, appoggiandola sulle labbra dischiuse della ragazza, pressandole con delicatezza mentre lei aspirava.
«Hai fatto uno strano discorso poco fa» disse, riprendendo la sigaretta tra le sue labbra. Si alzò dal pavimento e si sedette sul letto di fianco a lei. La giovane sussultò quando le riavvicinò la cicca. Le scivolò il lenzuolo di dosso, scoprendole parte del seno. Gli occhi del giovane caddero sul punto nudo, e dopo averlo scrutato con attenzione li alzò su quelli di lei. Aveva le pupille dilatate e sembravano iniettati di sangue. Deglutì, mordendosi il labbro.
«Si beh, credo sia stato l'alcol a parlare» si passò una mano sulla fronte imbarazzata, per poi sistemarsi subito il lenzuolo notando gli occhi grandi ed incavati di lui squadrarla in tutti gli angoli scoperti.
«Ormai gli effetti dovrebbero essere svaniti» disse lui. Ed in effetti era vero, ma solo in parte. L'alcol era andato via, ma gli effetti che aveva portato avevano amplificato la potenza del DTH e dei farmaci di Tammy, perciò non era finito nulla. Il bello doveva ancora iniziare.
«Avevi detto che in qualche modo aveva senso però» sorrise, abbassando lo sguardo. Lui le si avvicinò, accarezzandole i capelli.
«Lo avrei detto con altre parole, ma sì» sorrise. La giovane socchiuse gli occhi, e un'altra volta senza preavviso e fuori da ogni suo controllo agì, avvicinandosi ancora a lui. Appoggiò la testa sulla sua spalla e lui sussultò. Smise di accarezzarle i capelli e rimase immobile. Non sapeva come comportarsi, e Tammy lo aveva capito. In qualche modo voleva aiutarlo, ma non sapeva niente di lui. Se solo avesse saputo non avrebbe voluto passare con lui nemmeno un secondo in più. Eppure in quel momento era lì presente, a renderlo più umano.
«Parlamene» disse lei.
«Come?» fece scivolare la mano sul fianco di lei, inclinando leggermente la testa per guardarla.
«Parlami di cosa ne pensi tu della realtà» sorrise «mi hai detto un centinaio di volte di fidarmi di te, ma non hai fatto altro che darmi motivi per non farlo. Parlarmi di cosa pensi della realtà, potrei capirti» ma non poteva capirlo, nessuno poteva.
«Magari un'altra volta» respirò pesantemente. Non era un tipo molto loquace, preferiva il silenzio alle parole, ma con lei doveva sacrificarsi, o non avrebbe mai portato a termine il suo piano. «Va bene» si scansò leggermente, in modo che lei potesse allontanarsi da lui. «Ero d'accordo su quello che hai detto tu sul fatto che la realtà non è mai quello che vogliamo» spense la sigaretta sulla sua stessa mano. Non provava dolore. Tammy sgranò gli occhi, ma non disse niente. «Penso che la realtà dovrebbe essere cambiata» i suoi occhi si tinsero di rosso.
«E come?» chiese lei, non notando un'altra campanella di allarme che suonava nella sua testa. "Corri via" diceva questa volta, ma di nuovo lei non la volle ascoltare.
«Cambiando il mondo a nostro piacimento. Trasformandolo per eliminare gli schemi, eliminare tutto ciò che lo tiene insieme in un agglomerato di regole senza senso. La gente si autoconvince che nella realtà esiste il fato, che le cose hanno un significato preciso e che ci sia un senso della vita stessa scritto da qualche parte. Ma non è così, io so per certo che non è così, e sono stanco di queste regole del cazzo, di queste trappole. Sono stato in trappola tutta la mia vita, e adesso sono anche solo. Non mi resta niente Tammy, tutto questo per colpa della stupida realtà creata dagli uomini» disse.
I suoi occhi erano ancora più rossi e le sue pupille si erano dilatate mostrando tutto il veleno che gettava fuori. Era rimasto solo, senza i suoi poteri, ma Tammy credette ingenuamente di poterlo cambiare. Si avvicinò a lui nonostante l'avesse respinta più volte, stringendogli le mani tra le sue.
«Allora cambiamo la realtà» sorrise. L'allarme suonò ancora più forte. Non sapeva cosa intendesse, ma non era preoccupata. Non c'era motivo di avere paura, no? Lui strinse le mani con forza, mostrando un sorriso maniacale mentre i suoi occhi erano iniettati di un veleno fatale ed ipnotizzante. Si avvicinò a lei e le sussurrò all'orecchio.
«Avrò bisogno del tuo aiuto Tammy, non potrai più tirarti indietro» strinse ancora di più le mani e le diede un bacio caldo sulla guancia, fissandola imperterrito mentre si allontanava lentamente, mantenendo comunque la distanza tra i loro visi a pochi centimetri.
La giovane sussultò, inconsapevole di aver appena stretto un patto con il diavolo.

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