1 - L'inizio

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Era una calda notte di fine estate, e quasi tutti gli adolescenti del liceo di Hawkins si erano ritrovati ad una festa in casa per dire addio alle vacanze estive e salutare un nuovo anno scolastico. L'indomani, il primo settembre del 1978, le lezioni sarebbero iniziate per tutti, vecchi e nuovi studenti. Rupert Chrissyward aveva organizzato quella festa nella sua villa. Genitori ricchi e accondiscendi che avevano cresciuto un figlio viziato ed inevitabilmente popolare. Le sue feste erano famose in tutta la cittadina e tutti i ragazzi bramavano da sempre un invito. Quell'anno Rupert aveva organizzato la festa insieme ad un gruppo di amici, un po' meno selettivi rispetto a lui, tanto che la festa si rilevò un tantino più affollata del previsto. Erano presenti addirittura ex studenti del liceo o ragazzini che frequentavano ancora le medie. Quell'anno però si trattava di una festa speciale. O almeno così era per Tammy.
Si era trasferita ad Hawkins poco più di due anni prima. Per un motivo o per un altro non aveva mai avuto l'opportunità o la possibilità di partecipare a quella famosa festa di fine estate o di inizio anno scolastico. Ma non era semplicemente quello il motivo per cui credeva fosse una serata speciale. Quella sera si sentiva libera, più che mai. Si sentiva felice, padrona di sé stessa, potente. Niente e nessuno le avrebbe rovinato quella serata, ne era certa.
«Hey Tammy!» una delle amiche con cui più aveva legato in quegli ultimi mesi le venne incontro con due bicchieri di Punch. La giovane le sorrise, bevendo di corsa il suo drink. Si passò le dita sulle labbra e ammiccò.
«Ne vado a prendere un altro, tu lo vuoi?» le chiese, muovendosi leggermente a ritmo di musica. Dovette gridare per farsi sentire.
«Non appena vedrai la fila che c'è credo proprio che cambierai idea!» l'amica mandò giù il drink, saltellando contenta, guardandosi intorno. Era la prima festa in casa Chrissyward per entrambe.
«Credi ci sia qualcosa di più forte?» Tammy si dovette chinare leggermente e le si dovette avvicinare all'orecchio per farsi sentire. L'amica, Anita, era più bassa rispetto a lei.
«Possiamo chiedere a qualche ragazzo» rise, mordendosi il labbro inferiore. Tammy le lanciò uno sguardo severo, scherzosa. «Va bene, va bene,» rise la piccolina «credo che in fondo ci sia della Tequila»
«Si parte col botto» sorrise, battendole il cinque. Le due si avviarono verso il tavolo con gli alcolici.
La festa aveva iniziato ad affollarsi con l'avanzare della notte, la casa era gremita di adolescenti ubriachi e Tammy era quasi sicura che metà di questi non fossero studenti del liceo. Avanzarono facendosi largo tra i corpi ammassati e pulluli di sudore, sorridendo di tanto in tanto a qualche conoscente. Quando Tammy si voltò si rese conto di aver perso di vista Anita. Sbuffò, non voleva trovarsi sola in quel momento. Decise di avanzare ugualmente, l'avrebbe avvistata al bancone degli alcolici. Quando si avvicinò restò meravigliata dalla scelta di bevande, e rimase quasi stupita dalla quantità, chiedendosi se mai sarebbero arrivati i poliziotti. La festa era alquanto chiassosa ed era difficile che nessun vicino si lamentasse. Non esitò a versarsi uno o due bicchieri, in attesa dell'amica. Iniziò a guardarsi intorno, incrociando lo sguardo di uno strano ragazzo. Aveva i capelli biondi e gli occhi incavati, sembrava non dormisse da un pezzo. Si chiese se fosse quello l'effetto dell'alcol. Lei non era solita bere spesso. Quando distolse lo sguardo si sentì osservata. Era addirittura fastidioso, pungente. Quel ragazzo stava continuando a fissarla, senza battere ciglio, rimanendo immobile tra la folla. Brividi le percorsero la schiena, facendole venire la pelle d'oca. Cercò di evitarlo, imbarazzata, e decise di continuare a cercare la sua amica. Erano arrivate alla festa da meno di cinque minuti e si erano già perse. Trattenne il respiro. Era sicura di non aver mai visto quel ragazzo da nessuna parte prima di quel momento, eppure sembrava estremamente familiare. Il giovane le venne incontro, fissandola insistentemente. Poté giurare di non averlo visto battere le ciglia nemmeno un secondo da quando i loro sguardi si erano incrociati. Il ragazzo si versò da bere, distogliendo finalmente gli occhi dai suoi.
«Ti stai divertendo?»
«Come?»
«Ti stai divertendo?» le chiese, avvicinandosi a lei. Ora che lo guardava bene aveva un certo fascino. I suoi occhi erano chiari, cristallini. Tammy arrossì leggermente, e altri brividi la invasero senza alcun motivo apparente.
«Credo di sì» sorrise, mandando giù un sorso del suo drink. Sentì la gola bruciarle e le labbra seccarsi. «ho perso la mia amica» disse, imbarazzata. Non ne sapeva il motivo, ma provava ansia in presenza di quel giovane. Sembrava più grande di lei, e di certo non era uno studente del liceo.
«Vieni con me» le afferrò un polso. Tammy corrugò le sopracciglia, confusa. Le venne la pelle d'oca a quel tocco, e all'udire quelle parole sentì la sua mente svuotarsi. Era come se qualcosa di esterno stesse cercando di convincerla a fare qualcosa che non voleva, eppure era dentro di lei. Lei cercò di ritrarsi al tocco, ma fu quasi come un riflesso involontario. Il ragazzo ghignò, stringendo la presa. «Ti ho detto di venire con me» le si avvicinò, riducendo al minimo la distanza tra i loro corpi. Sentiva la sua pelle contro la sua, e più le si avvicinava più rabbrividiva.
«N-No, devo cercare la mia amica...» si dimenò, ma la presa si fece più salda. Il ragazzo fece scivolare una sua mano lungo la schiena di lei, avvicinandola ancora di più. Tammy sbatté la mano contro il petto di lui, per evitare di venire schiacciata dal peso del suo corpo. Poteva sentire il suo bacino premere contro il suo, il suo cuore uscire fuori dal suo petto. Ansimò, intimidita. L'alcol che aveva assunto stava iniziando a fare effetto in quel momento, rendendole impossibile reagire. Si sentiva paralizzata, e non ne capiva il motivo. Ma dove diavolo era finita Anita? Si erano allontanate poco prima ed in pochissimo tempo un ragazzo inquietante le era saltato addosso.
«Qualcosa non va?» Micheal Ford, uno degli amici del proprietario della casa si avvicinò a loro, guardando rabbioso lo strano ragazzo senza nome. "Grazie al cielo", pensò lei, tirando un sospiro di sollievo. Il ragazzo la lasciò andare, e subito lei si massaggiò il polso arrossato con le mani. Lui non rispose, ma lo stava guardando innervosito. «Tu non sei stato invitato, non ti conosco» Micheal si fece avanti. Era un ragazzo possente e muscoloso. Se i due avessero litigato avrebbe certamente vinto Micheal, senza alcun dubbio. Al confronto il ragazzo misterioso sembrava denutrito, e sembrava non chiudesse occhio da anni. Il giovane lo fissò con gli occhi vitrei, senza battere le palpebre, ma dopo qualche secondo accennò un sorriso.
«Hai ragione, vado subito» il sorriso meccanico si spense sul suo volto quando si voltò verso Tammy, guardandola fisso. Era agghiacciante. Dopodiché sparì tra la folla nel buio.
«Mi dispiace, ho proposto a Rupert di chiamare dei buttafuori, ma niente da fare» Micheal sembrava gentile, non era come il classico ragazzo popolare e adorato dal mondo. Sembrava umile. Tammy sorrise, rilassandosi.
«Grazie mille, davvero. Avevo perso di vista la mia amica e mi sono ritrovata quel ragazzo davanti» disse, arricciando le labbra. Si scostò i capelli dietro le orecchie, sistemandoli. Li aveva scuri e lisci, all'altezza delle spalle, con una bella frangia poco folta che corniciava i suoi grandi occhi color nocciola da volpe.
«Va tutto bene?» le chiese, passandole una mano scura sul braccio chiaro di lei. La giovane annuì sorridente.
«È meglio che io vada a cercarla, per evitare che succeda di nuovo» rise. Si allontanò dal tavolo, passandosi le mani sulla gonna, cercando di stirarla al meglio. Cercò di farsi largo nella stanza affollata. Si guardò intorno, cercandola tra i ragazzi che stavano ballando al ritmo di Stayin' Alive. Volse lo sguardo verso la veranda. C'era una possibilità che si trovasse lì. Se avesse voluto uscire a prendere un po' d'aria non avrebbe avuto tutti i torti. Con tutta quella gente l'aria era diventata rarefatta ed irrespirabile. Teneva alto il suo bicchiere, cercando di non buttarselo addosso mentre camminava. Gli spintoni che riceveva da gente che ballava erano inevitabili, e avrebbe preferito non macchiare i suoi vestiti di alcol per poi renderli una prova della serata. Sua madre non sapeva che era andata a quella festa. Sia lei che suo padre credevano che fosse andata a dormire da Anita, e i genitori di Anita credevano che invece stessero entrambe dormendo da Tammy. Si sentiva un po' in colpa per aver mentito loro, ma alla fine si disse che se certe cose non le faceva a quell'età non le avrebbe potute fare in nessun altro periodo. Attraversò la soglia della porta della veranda, uscendo in giardino. Si guardò intorno, nessuna traccia della sua amica. Ma dove era finita? Sbuffò, sedendosi sulle scale del portico. Posò il suo bicchiere di fianco a lei; lo aveva appena mandato giù ed era ormai vuoto. Aveva tanta voglia di bere ancora, ma pensò che forse non era una buona idea. Udì dei passi dietro di lei, ma non ci fece caso, erano tanti i ragazzi che uscivano per un attimo a prendere una boccata d'aria. Alzò lo sguardo al cielo, verso le stelle. Purtroppo le luci della città ne impedivano la visuale. Sospirò, socchiudendo gli occhi intenta a rilassarsi. Ma prima che se ne potesse rendere contro qualcuno la afferrò da dietro, coprendole naso e bocca con un fazzoletto. Si dimenò, ma la stavano tenendo stretta, le sue braccia erano ferme contro il suo petto, bloccate dal braccio di un uomo.
«Ti avevo detto che dovevi venire con me» abbassò lo sguardo verso il braccio che la stringeva, intravedendo uno strano tatuaggio al polso del ragazzo. Era un numero: 001. Si dimenò, cercando di liberarsi. Avvicinò il viso a quello di lei. Sentiva il suo respiro addosso. «Stai calma, finirà in fretta» le sussurrò nell'orecchio, facendole venire i brividi. Si sforzò a respirare, ma stava perdendo tutte le sue forze. Dopo un po' si lasciò andare, chiudendo gli occhi. In quel momento il mondo sembrava tanto piccolo, tanto pericoloso.

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