14 - Il potere

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«Presto, muoviti» il giovane le intimò di affrettarsi a vestirsi. Il tempo scorreva e Tammy doveva sostenere un esame importante. Le disse che aveva ricevuto la comunicazione da poco, e che essendo il suo responsabile era suo dovere fare in modo che andasse tutto per il verso giusto. La verità era che Peter decise di farle fare proprio quel determinato esame in quel momento per via della conversazione che avevano avuto.
Il DTH aveva avuto il tempo di agire ed era arrivata l'ora che agisse anche lui. Aveva perso fin troppo tempo e si stava legando fin troppo ad una persona che era già segnata. Non poteva cambiare le cose, e la fine che avrebbe fatto una volta utilizzata per riavere indietro i suoi poteri era ovvia. Aveva sin dal primo momento immaginato che sarebbe stato impossibile interessarsi a lei, ma allora le cose stavano per cambiare. Il rischio c'era, e ne aveva già viste le conseguenze in quell'esatta stanza.
Tammy si vestì senza proferire parola. Il suo sogno di vita normale era andato infranto in quegli ultimi istanti. Si era illusa che le cose potessero cambiare, e per poche ore si era sentita una ragazza normale, libera, lontana dal laboratorio. Purtroppo la fantasia si era conclusa facendola risvegliare nella realtà che si era rassegnata ad accettare.
Seguì presto il giovane fuori dalla stanza. Il corridoio in quella sezione era vacuo e poco illuminato. Trovarono i primi inservienti e le prime guardie una volta svoltato il secondo angolo a sinistra, giunti alla sezione di corridoio nella quale erano diretti.
«Aspetta qui» le disse, avvicinandosi alle due guardie che sorvegliavano una porta. Sussurrò loro qualcosa di inaudibile alle orecchie di Tammy.
«Avviso subito il dottore» disse uno di loro, facendo segno di saluto con la testa per poi voltarsi ed entrare nella stanza. L'altra guardia rimase immobile davanti il ciglio della porta, ad osservare un punto oltre la spalla di Peter. Quest'ultimo fece segno alla ragazza di avvicinarsi e lei così fece, seppur riluttante. La guardia uscì dalla stanza accompagnata dall'uomo tarchiato che Tammy aveva già incontrato un paio di volte.
«Presto 27, è il momento» la invitò ad entrare e volse uno sguardo severo al giovane inserviente, chiudendo poi la porta alle sue spalle. «Il signor Ballard mi ha detto che sei pronta» accennò un sorriso forzato. Tammy si voltò verso Peter, curvando le sopracciglia. Non aveva idea di cosa stesse parlando ed era spaventata, ma lui sorrise dolcemente e le si avvicinò. Le strinse la mano da dietro la schiena in modo che il dottore non potesse rendersene conto. Aveva un tocco confortante, e Tammy si sentì anche se per poco al sicuro. «Ti avrà anche detto quanto questa prova sia cruciale per il nostro percorso condiviso» la guardò duramente. La giovane rabbrividì. "Non vogliono pesi morti", le vennero subito in mente le parole di 001. Deglutì con forza e sentì per un attimo il respiro venirle a mancare. Sapeva bene quali sarebbero state le conseguenze. «Bene, è il momento» disse. Si voltò e andò a chiamare altri inservienti, lasciando i due ragazzi da soli in quella stanza vuota.
«Va tutto bene, io sono qui con te» Peter le strinse le mani tra le sue, sorridendole. «Non permetterò che ti torcano nemmeno un capello, ricordi?» la avvicinò a sé, dandole un bacio sulla fronte. Ancora una volta Peter Ballard era una figura misteriosamente incomprensibile. Un attimo era un angelo e l'attimo dopo un demonio. Certamente Tammy non lo capiva, ma non era neppure in grado di capire se stessa. Lo aveva odiato fino a quel giorno, eppure in quel momento si sentiva al sicuro in sua presenza.
Il medico rientrò quando i due si allontanarono, con un aggeggio pieno di fili e sonde tra le mani. Quando incaricò Peter di effettuare lo studio Tammy ne fu stranamente felice. La fece sedere su una sedia e le strinse le cinghie ai polsi e alle caviglie per mantenerla ferma. Le sorrise debolmente, cercando di tranquillizzarla e le posizionò lo strumento sulla testa, attaccandole le sonde sul petto. Non faceva più male ormai, sembrava per lo più un pizzico comunque sopportabile.
«Va bene così, va indietro» disse il medico. Peter curvò le sopracciglia, guardando confuso la giovane ragazza, che ricambiò lo sguardo preoccupato vedendolo allontanarsi da lei. Sarebbe stato qualcun altro a farle l'esperimento, e da lì lui non avrebbe potuto aiutarla in alcun modo. Serrò gli occhi, non voleva vedere. «Oh no, devi aprire gli occhi tesoro» la voce del medico era insopportabile ed inquietante. La giovane obbedì e strinse le labbra. Se fino a qualche minuto prima era riuscita a calmarsi in quel momento si sentì completamente smarrita, abbandonata a sé stessa. Si voltò alla ricerca degli occhi chiari che l'avevano accompagnata fino a lì, alla ricerca di un sostegno, di qualcosa a cui aggrapparsi. Aveva paura. Sgranò gli occhi quando vide un'infermiera avvicinarsi alla sedia alla quale era stata legata con una gabbia arrugginita con all'interno un ratto. Tammy si ritrasse, imprecando. Cosa volevano farle? Quell'animale sembrava avere la rabbia e i suoi occhi erano completamente rossi. Non aveva alcun senso, cosa cazzo aveva a che vedere con l'esame? Le scoprirono la pancia e avvicinarono la gabbia alla sua pelle. Si dimenò ancora di più, cercando di ritrarsi, ma le cinghie erano troppo strette e non riusciva neppure ad allontanarsi di un centimetro, figuriamoci a scappare via. Ma che razza di esperimento era? Stavano già cercando di ucciderla? Aprirono la gabbia da un lato, appoggiandola alla pancia della giovane. Uno degli inservienti accese una fiamma e si avvicinò alla gabbia. Il ratto che vi era all'interno corse verso lo stomaco di lei, cercando una via di uscita dal fuoco. Urlò e si dimenò, non voleva che le facessero questo. Perché dovevano torturarla in quel modo? Sentì un forte bruciore e la pelle calda ferirsi ed infettarsi. Serrò gli occhi, cercando ancora una volta a ritrarsi, inutilmente. Il dolore era atroce, ma mai quanto quello che le stava colpendo la testa. Sentiva tutti i suoi sensi in subbuglio, non riusciva a capire cosa le stesse succedendo. Un ratto stava per rosicchiarle lo stomaco e tutto quello che riusciva a provare era vuoto, vuoto totale.
«NO!» Tammy urlò, ma si trattava di un urlo strano, acuto ed assordante. Ogni cosa in quella stanza tremò e le luci si staccarono. Riuscì addirittura ad allentare le cinghie e sentì il suo corpo distaccarsi dalla sua essenza, estraniandosi completamente dal suo io. Sentiva migliaia di emozioni e non riusciva a capire quale di queste le appartenesse. L'unica ad essere vivida con non mai era la rabbia, una rabbia che Tammy non aveva mai conosciuto prima di allora.
Quando tornarono le luci la stavano fissando tutti. I vetri si erano rotti e così anche le cinghie che la tenevano legata. Si alzò dalla sedia, sporgendosi in avanti. La gabbia era distrutta, e del ratto non era rimasta altro che una carcassa nera e rossa di sangue sparsa lungo tutto il pavimento bianco. Si guardò intorno, sentendosi indebolita. Quanto si voltò verso Peter vide nello sguardo compiaciuto un sorriso malevolo e gli occhi iniettati di sangue. Fu l'ultima cosa che vide prima di cedere le sue forze e cadere per terra.

Era fatta, era riuscito nel suo esperimento più grande: trasformare il DTH in una persona.
I poteri sarebbero stati presto suoi.

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