12 - Insieme a te

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La stanza sembrava essersi fatta più piccola, e nel suo insieme le mura sembravano stringersi attorno ai loro corpi. Peter stava scrutando la giovane donna dinanzi a lui notando ogni singolo dettaglio che messo insieme formava la sua persona. I suoi capelli scuri erano gonfi e sparsi fino a ricoprirle il viso pallido, mentre i suoi occhi erano cupi, rattristiti, ma al contempo anche curiosi e vivi. Indossava la classica tuta scura che indossavano tutti i ragazzi lì, ma nonostante ciò il suo fisico maturo era messo ben in risalto. La squadrò con noncuranza dalla testa ai piedi, per poi alzare gli occhi al cielo e sollevare le sopracciglia mordendosi il labbro.
«Questa è la tua camera..» quella di Tammy non fu una domanda, ma nemmeno un'affermazione. Era per lo più un mezzo per rompere quel silenzio tanto imbarazzante. Guardando il ragazzo notò che era imbarazzante solo per lei, lui sembrava non essere soggetto a nessuna emozione.
«Già» le si avvicinò lentamente, stringendola per la parte bassa della schiena per avvicinarla a sé. Dei brividi di freddo percorsero ogni angolo del corpo della ragazza, che si sentiva più smarrita che mai. «Pensavo non ti sarebbe dispiaciuto venire qui» allungò la mano verso il suo viso, scostandole i capelli di lato. «volevi che stessimo da soli, no?» fece scendere la mano lungo la sua pelle candida, accarezzandole la guancia per poi scivolare lungo il suo collo caldo, fino all'attaccatura della felpa.
Tammy aprì la bocca per parlare, ma un'altra volta uscirono fuori suoni privi di un nesso logico. Deglutì, annuendo mentre guardava le lunghe dita di lui giocherellare con il colletto della felpa, sfiorandole di tanto in tanto la pelle. Iniziò a sudare, non ne capì il motivo ma oltre a farsi più piccola sembrava che la stanza si fosse anche trasformata in un forno nelle più recondite zone dell'inferno.
«Ti va di bere qualcosa?» le chiese, allontanandosi da lei. Sembrò aver assunto una spontanea gentilezza che la giovane non aveva mai visto in lui. Lo guardò per un attimo confusa, impietrita, per poi sorridere.
«Non pensavo fosse consentito» disse.
«Non lo è, ma qui non ci disturberà nessuno.» le accennò un sorriso freddo a labbra strette, per poi voltarsi verso un mobiletto bianco non molto distante dalla porta.
«E se dovessero scoprirlo?» chiese. Arrossì leggermente e un sorrisino si formò sul suo viso; le sembrava tutto così normale, così diverso.
«Non è una cosa di cui dovrai preoccuparti tu» chiuse il discorso così, inumidendosi le labbra con la lingua. Sembrava non volesse parlarne più di tanto perché per qualche strano motivo non era più in grado di mantenerlo completamente sotto controllo. «Quindi? Vuoi bere?» le chiese. La giovane annuì, mordendosi le guance dall'interno. Peter uscì dal mobiletto una bottiglia di Gin e due bicchieri di plastica. I bicchieri in vetro erano banditi in quella struttura per motivi di sicurezza, ed ovviamente lo erano anche gli alcolici. Ma quelli erano gli anni del Gin, e Peter Ballard non aveva problemi a procurarsene un po'. Era sicuro che nessuno gli avrebbe creato problemi proprio perché lo temevano, nessuno si sarebbe mai azzardato ad interessarsi alle sue giornate o ai suoi movimenti.
Versò la bevanda nel bicchiere e glielo porse, per poi fare lo stesso per sé. Sbatterono i bicchieri l'uno con l'altro e bevvero. L'alcol ebbe uno strano effetto su Tammy, che non solo non beveva da un bel pezzo, ma era ancora sottoposta a medicinali che controindicavano gravemente l'uso di alcolici. 001 lo sapeva bene, ma non poteva fregargliene di meno. Ciò che non sapeva era che dopo la condivisione del DTH gli alcolici avrebbero avuto conseguenze fuori dal normale controllo anche per lui.
«Non ti facevo uno che beveva» disse lei. Sembrò una normale conversazione tra amici di vecchia data, e Tammy non seppe se fu grazie all'alcol o grazie a quello strano momento di euforia fuori regola ad aver reso tutto così apparentemente vivo, diverso dal laboratorio. Si sentiva quasi sana, con emozioni che si avvicinavo non di poco alla felicità e alla tanto bramata e dimenticata libertà.
«Non lo sono» disse, girando il bicchiere nella sua mano. Dopo il primo sorso non aveva mandato giù più nulla, a differenza della giovane che ormai aveva sentito il nodo alla gola sciogliersi per via del calore che quella magica bevanda rilasciava dentro il suo corpo, con il potere di rilassare anche la sua mente scombussolata. A 001 non piaceva bere, non gli piaceva quando le cose sfuggivano fuori dal suo controllo, dalla sua autorità, e gli effetti dell'alcol non erano altro che questi. In quel momento lo trovò però un pretesto perfetto per avvicinarla a lui, per portarla a fidarsi e a farsi piacere, e magari perché no, anche per passare del tempo con lei. «Ma ho pensato che a te avrebbe potuto fare piacere» sorrise. Voleva ovviamente aggraziarsela, e lei ci stava credendo in pieno, seppur rimanendo comunque vigile e distaccata. Per quanto potesse apparire ingenua era molto sveglia.
«Non è una cattiva idea allontanarsi dalla realtà» lei sorrise per cordialità, ma non c'era niente di simile ad un sorriso in quella smorfia.
«Allora hai accettato questa come realtà» abbassò leggermente lo sguardo per poi tornare a fissare gli occhi lucidi della ragazza. «Mi aspettavo ci avresti messo più tempo»
«No, non l'ho accettata. Non potrei mai» prese un respiro profondo e mandò giù un altro sorso di Gin. Sembrava che l'alcol le facilitasse i pensieri e le parole, la alleggeriva come mai prima di allora. Sembrava addirittura fuori dal suo corpo, come se stesse assistendo alla conversazione di qualcun altro mentre lei si trovava realmente sul soffitto, ad osservare se stessa parlare con quello strano individuo dal fascino criminale. «Ma dopotutto cos'è la realtà? Nessuno è in grado di accettarla, qualsiasi essa sia. Almeno non io. Io non l'ho mai accettata» non seppe perché si stava aprendo così tanto, ma le veniva facile, le veniva talmente facile che una voragine dentro il suo petto si aprì. Non si era mai aperta in quel modo con nessuno, nemmeno con la sua migliore amica. «Tutta la mia vita ho vissuto in una realtà che non avrei mai voluto vivere e che non ho mai accettato. Sono stata da sola, sempre, e ce l'ho fatta. O almeno credo» rise per non piangere e si passò le mani sulla fronte, per poi bere ancora. Posò il bicchiere vuoto sul tavolino e Peter glielo riempì senza distogliere gli occhi da lei. «Non ho mai accettato la realtà, e non lo farò nemmeno adesso. Per questo credo che nessuno la accetterà mai, perché io non lo farei mai. È impossibile credere che il mondo esista per davvero nel modo in cui è, non credi?» Era sicura di aver formulato un discorso senza senso. Aveva perso il filo che reggeva in piedi le parole e le univa tra loro in un nesso logico, eppure c'era qualcosa che in quelle sentenze catturò l'attenzione di Peter. Lui le sorrise, abbassando per un attimo lo sguardo, ridendo. «Ho detto una stronzata? Nella mia testa non suonava poi così male» rise anche lei, in preda all'imbarazzo. Bevve un altro sorso, come se l'alcol potesse essere il rimedio alla sua follia del momento.
«No, hai detto proprio quello che penso. Solo con altre parole» si morse il labbro e la guardò con occhi diversi, dolci.
Non era il tipo di persona a cui piaceva passare del tempo con gli altri, eppure in quel momento qualcosa di strano stava succedendo. Stava apprezzando la sua presenza, la sentiva simile a lui, compatibile a quello che da tanto tempo aveva creduto unico al mondo, isolato.
Deglutì e si avvicinò alla ragazza, prendendole il bicchiere che teneva stretto tra le mani. Lei lo guardò dal basso mentre posava il bicchiere sul tavolo e la avvicinava a sé. Premette il bacino contro di lei, stringendola e posando una mano sulla parte bassa della sua schiena e l'altra mano sul suo fianco, scoprendolo leggermente alzando la felpa. I suoi occhi penetrarono in quelli di lei, denudandola con il solo sguardo. Si sentiva strano anche lui, non sapeva come comportarsi. Per una volta non era in grado di controllare nemmeno sé stesso, per una volta non aveva tutto scritto filo e per segno nella sua scaletta. Stava improvvisando, non sapeva vivere senza tenere tutto sotto controllo nel suo copione.
Tammy sentì l'alcol nuotare nel suo sangue e raggiungere il suo cervello prendendo il comando al più presto su quello che stava per fare. Senza alcun preavviso si avvicinò ancora di più al giovane che la teneva stretta, avvolgendo le braccia attorno al suo collo. Peter fece scivolare la mano che teneva sulla sua schiena più in basso, infilandola nella tasca posteriore dei pantaloni della tuta.
Non sapeva cosa stava facendo, era del tutto nuovo per lui. Sapeva bene dove stava andando a parare però, l'unica cosa strana era che lo stava facendo come se esistesse ancora un po' di umanità in quell'involucro dalle fattezze di un uomo. Tammy rabbrividì quando le toccò il fondoschiena, scopandola con il solo sguardo. Era completamente paralizzata. Si sporse in avanti, mettendosi in punta di piedi per baciarlo.
Quando le sue labbra incontrarono quelle carnose di lui sembrò quasi che scattò un allarme. Un allarme che sembrava gridare "va via", ma che Tammy non volle ascoltare. No, non lo avrebbe ascoltato per nulla al mondo. Il ragazzo dal numero Uno tatuato sul polso la strinse ancora di più a sé mentre le loro lingue danzavano in un bacio senza fine. Fece scivolare la mano che le aveva accarezzato viso e collo sul suo petto, stringendole con delicatezza un seno per poi scendere ancora più giù. Sollevò la felpa con furia, levandogliela di dosso. I loro visi si separano per riprendere fiato per poi incontrarsi di nuovo mentre Peter si sbottonava con escandescenza la camicia, gettandola a terra insieme alla felpa di Tammy. Fece scorrere le mani sulla pelle nuda della giovane, accarezzandola e sfiorandola, fermandosi di tanto in tanto per formare dei disegni con le sue lunghe dita. La ragazza ansimò quando si separano dal lungo bacio. Peter premette le labbra sul collo di lei, continuando ad accarezzarle la pelle. Morse un punto tra il collo e la clavicola, facendola sussultare. Pressò le labbra bagnate sulla zona, mordicchiando delicatamente, per poi lasciare dei baci su per il collo fino a finire dietro l'orecchio. Tornò nuovamente sul punto per poi iniziare a succhiare violentemente. Tammy strinse le spalle nude del giovane, graffiandole con le unghia mentre ansimava. Era una sensazione strana, un dolore piacevole. Si morse le labbra ed affondò le dita tra i capelli biondi di lui, portando avanti il bacino per sentirlo premere su di lei. Il giovane si staccò, lasciando una scia di baci sul punto ormai arrossato e dolorante.
«P-Peter» ansimò lei quando le afferrò le cosce, alzandola dal pavimento. La fece cadere di peso sul letto, distendendosi su di lei mentre continuava a stringerle le cosce.
«Shh, sta zitta» portò l'indice sulle labbra di lei, mostrando un ghigno mentre lo guardava con gli occhi gonfi. Spinse con forza il bacino su di lei, divaricandole le gambe. Con una forza inimmaginabile le strappo di dosso i pantaloni per poi abbassarsi verso il suo inguine. Tammy tremò quando le lasciò una scia di baci sul ventre fino a scendere all'altezza delle sue mutandine. Soffiò delicatamente su di lei, mordicchiando il tessuto per poi rimuoverlo. Le mani della ragazza tastarono il materasso alla ricerca di quelle di lui mentre affondava la testa nel cuscino. Sentire la sua lingua e le sue labbra su di lei la mandavano in estasi. Sembrava tutto così pericoloso, così proibito, e per qualche motivo le piaceva da impazzire. Quando incontrò la mano di lui cercò di stringerla, ma lui la spinse via afferrandola rudemente per il polso. Lasciò dei baci nel suo interno coscia umido per poi tornare verso il suo principale obiettivo, massaggiando il punto con la lingua, per poi soffiare sulla zona bagnata. Avvicinò l'altra mano verso di lei, massaggiandola con le dita, spingendole leggermente verso l'interno per poi farle uscire senza farle entrare mai del tutto. La ragazza si spinse in avanti, divaricando ancora di più le gambe. Lui rise vedendo la sua reazione tanto esasperata. Tornò su, dandole un bacio sui capezzoli turgidi per poi guardarla negli occhi. Le pupille erano dilatate così come quelle di lui.
Cosa diavolo stava succedendo?
Tammy lo odiava, eppure in quel momento era lì a bramare il suo tocco. Era tutto così fuori posto, ed allo stesso modo sembrava così giusto. Possibile che due pezzi di un puzzle sbagliato riuscissero ad incastrarsi perfettamente?

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