Il cinque ottobre del 1978 un nubifragio infranse le giornate soleggiate di Hawkins, causando numerosi incidenti nel cuore della cittadina.
Il municipio era stato colpito in pieno dalle forti piogge dovute al temporale, ritrovandosi presto allagato e con una decina di feriti. Le scuole erano state chiuse per precauzione ed era stata emessa un'ordinanza che invitava i cittadini a non uscire di casa e ad evitare di prendere la macchina. Hawkins era devastata, ma non l'unica a subirne le conseguenze. Anche il laboratorio stava riscontrando dei problemi, come la mancanza di corrente elettrica.
Quando saltò la luce Tammy si trovava in camera sua, rannicchiata in un angolino lontano dalla porta con le gambe strette al petto e il viso nascosto tra le ginocchia. Quel giorno si sentiva più triste del solito. Quello che le aveva detto Peter il giorno prima sulla sua famiglia l'aveva scossa talmente tanto da rendere la sua stessa mente una trappola per se stessa. Aveva smesso di parlare da un momento all'altro, come se le parole non fossero più un mezzo di comunicazione adeguato, o come se la stessa comunicazione fosse inutile. Ritrovarsi nei suoi pensieri immersi nel silenzio erano l'unica cosa a cui ora aspirava. Non parlare era confortante. Dopotutto le sue parole non sarebbero servite a niente, quindi perché sforzarsi? Stava bene così, nel suo dolore. Avrebbe ripreso a parlare, ma quel giorno aveva bisogno di non dire nulla, di spegnersi per un po'.
Peter Ballard trovò nella tempesta il pretesto per continuare il suo piano. Il caos era un buon alleato dopotutto. Rimase qualche minuto nella stanza arcobaleno a fissare coloro che gli avevano incasinato le cose, 15 e 8, prima di decidere sul da farsi. I suoi occhi scavavano come picconi sulle schiene dei ragazzi, scrutandoli nel peggior modo possibile con il suo solito sguardo fermo e pacato. Avanzò lentamente verso di loro, fino a ritrovarsi faccia a faccia con 8, il quale stava giocando a scacchi con il suo amico. Peter si chinò leggermente in avanti, mostrando un sorriso privo di espressione.
«Va tutto bene ragazzi?» chiese, continuando a spruzzare veleno con gli occhi. Il ragazzo di fronte a lui non rispose, ma incrociò con coraggio il suo sguardo penetrante.
«Si, va tutto alla grande» 15 rispose, continuando a rivolgere il viso verso un punto nel vuoto oltre la spalla dell'amico seduto di fronte a lui.
«Vi consiglio di fare attenzione» i suoi occhi gelidi scavarono dentro quelli di entrambi, tanto da venire percepiti addirittura dal ragazzo non vedente in tutta la sua freddezza. «Le cose potrebbero cambiare da un momento all'altro» accennò un sorriso falso, minaccioso in tutta la sua tranquillità. Smise presto di sorridere, per poi fissarli un'ultima volta prima di voltarsi ed allontanarsi, dirigendosi verso l'uscita.
Sapeva bene che le cose erano sfuggite dal suo controllo meticoloso, e sapeva bene chi fossero i colpevoli. Per quanto avesse cercato di convincere Tammy che le cose stavano diversamente sapeva altrettanto bene che non gli avrebbe creduto facilmente. La fiducia che provava nei suoi confronti era sempre stata vacillante, il che non andava bene. Lo perseguitava il fatto che non fosse in grado di capirne il motivo; lui era sempre stato bravo a manipolare le persone, eppure con lei era tutto più difficile. Quando credeva di averla in pugno la vedeva allontanarsi sempre di più. L'unico modo per averla finalmente sotto il suo comando era stravolgere completamente le cose.Bussò alla sua porta con fermezza. Aveva un tocco delicato ma allo stesso tempo deciso. Rimase qualche istante fermo ad attendere prima di bussare una seconda volta. Non aveva intenzione di aprire la porta ed entrare senza essere accolto come si deve, avrebbe fatto le cose diversamente, con gentilezza. Aveva già pianificato tutto, e tutto sarebbe andato nel verso giusto. Tammy aprì qualche secondo dopo. Non appena vide Peter rimase ferma sul ciglio della porta ad osservarlo. I suoi occhi da volpe incontrarono quelli incavati di lui, che le mostrò presto un sorriso da angelo.
«Posso?» chiese dolcemente. La giovane si mise di lato, lasciandolo passare. Non distolse lo sguardo da lei nemmeno per un istante, mentre la giovane lo teneva fisso sul pavimento. Peter chiuse la porta alle sue spalle con una calma senza eguali. I suoi occhi cerulei penetrarono dentro di lei, questa volta senza avvelenarla o annegarla, ma innalzandola dal punto in cui era sprofondata. Avanzò cautamente verso di lei, poggiandole la mano sulla spalla. Aveva un tocco dolce e paterno. «Buon compleanno, Tammy» fece scorrere la mano sul braccio di lei, accarezzandolo. Le si avvicinò ancora di più, chinandosi alla sua altezza per darle un bacio caldo sulla fronte. La giovane sussultò timidamente, pur sempre rimanendo imperturbabile in tutta la sua sensibilità. Il ragazzo dal numero Uno tatuato sul polso allungò la mano verso il suo viso candido, facendola scorrere lungo la sua guancia rosea. «A cosa stai pensando?» i suoi occhi scavarono ancora più in profondità dentro di lei. Le volse un sorriso gaio, analizzando ogni emozione che i suoi occhi finivano per trapelare. Era così difficile da leggere.
Tammy mantenne lo sguardo fisso sui suoi piedi. Erano tante le cose a cui stava pensando.
Quel giorno era il suo diciottesimo compleanno, e si sentiva così male. Era fin troppo giovane per vivere una cosa del genere. Prese un respiro profondo e deglutì. Le parole sembravano un così lontano ricordo. Non era in grado di aprire bocca, non era in grado di fare nulla. Era un giorno tremendamente grigio, e a lei le andava pure bene così. Alzò lo sguardo, si sentiva intimidita come mai prima di allora, troppo nervosa al suo cospetto. La intimidiva in tutta la sua bellezza.
Avrebbe tanto voluto zittirlo, non fargli dire alcuna parola in più, avrebbe voluto abbracciare il silenzio e perdersi nei suoi occhi.
«Non parli?» fece scivolare la mano sul suo collo, avvolgendolo delicatamente tra le sue lunghe dita. Posizionò il pollice e l'indice negli angoli della sua mascella, spingendola in sù in modo che potesse guardarlo. C'era qualcosa in lei che lo faceva sentire drogato. Scrutò ogni singolo dettaglio sul suo volto, muovendo velocemente gli occhi sulle sue labbra gonfie. Fece scivolare la mano sul suo petto, sfiorandole le clavicole con le nocche. Avvicinò il viso al suo, scostandole i capelli di lato in modo da scoprirle un orecchio e le si accostò, poggiando le labbra su di esso. Accennò un sorriso soddisfatto vedendola rabbrividire al contatto. «Va tutto bene» le sussurrò dolcemente. «Andrà tutto bene» le cinse la vita con l'altra mano, avvicinandola delicatamente a sé. Lei lo lasciò fare. Si sentiva così vuota, così lontana dal suo corpo. Le lasciò una scia di baci umidi sulla guancia e sul collo.
Si allontanò lentamente, afferrandole le mani tra le sue. Era così pallida e così dolce. Le sorrise, dandole un bacio sulla mano.
Avrebbe fatto le cose diversamente, quel giorno era un angelo fatto per essere venerato da lei.
«Andiamo» face qualche passo indietro, trascinandola avanti con lui. La giovane lo guardò curiosa, con occhi da cerbiatta. «Ti porto via, andiamo via da questo inferno» le sorrise. Tammy sgranò gli occhi, stava avendo le allucinazioni? Aveva sentito male? Il sorriso sul bel volto di Peter si fece più ampio e luminoso. «Ho finalmente trovato il modo. Ti porto a casa» le disse. Fu come se qualcosa in lei si riaccese.
«Stai dicendo la verità?» La sua voce era spezzata. Stava piano piano perdendo la luce, annegando sempre di più nell'oscurità; in normali circostante non gli avrebbe creduto, ma era disperata.
«Si» le sorrise, «Te lo avevo promesso, ricordi?»
Lo guardò con gli occhi di chi non hai mai visto il mondo e di chi certezze non ne ha. Si gettò addosso a lui senza preavviso, avvolgendo le braccia attorno al suo collo. Per quanto Peter Ballard fosse una persona fredda e distaccata si sentì avvolta da quell'abbraccio, al sicuro. Sembrò quasi che a quel contatto fossero tornati bambini, innocenti e privi di colpe.
«Ti salverò io, Tammy» le accarezzò i capelli. Stava andando tutto bene. Ce la stava facendo. L'avrebbe presto portata a fidarsi ciecamente di lui, e nessuno al mondo gli avrebbe impedito di continuare, non più.
Le afferrò la mano e la trascinò fuori dalla stanza, per poi guardarsi intorno. Il corridoio era vuoto, nessuno avrebbe interferito. Aveva fatto in modo che tutti seguissero la recita alla lettera, senza obiezioni. Il temporale era il pretesto perfetto, per fare in modo che la fuga andasse male. Era quello l'unico modo per convincerla che per lei era disposto a tutto, addirittura alla morte.
Solo così l'avrebbe convinta, solo così l'avrebbe resa sua.
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Under 001 - Stranger Things
FanfictionCome sarebbero le cose se nel momento in cui Undici creò il sottosopra fosse nato un distaccamento temporale parallelo? Una parte di 001 resterà intrappolata in un tempo diverso, dove nel quale riesce ad evitare la sua sorte maledetta, ritrovandosi...