Peter guidò Tammy nell'oscurità del corridoio sgombro. Teneva salda la sua mano destra, guidandola frettolosamente verso una direzione a lei sconosciuta.
Fidarsi era difficile, ma forse lo era ancora di più non farlo proprio.
La mente della giovane ragazza era incasinata più che mai, incontrollabile. I suoi pensieri vagavano come spiriti irrequieti, tormentandola istante dopo istante. Da quando aveva messo piede in quel laboratorio aveva dimenticato come si ci sentiva ad essere tranquilli.
Ma la verità era che lei non era mai stata tranquilla. Aveva vissuto una vita come tante, ma la sua mente si era da sempre presa gioco di lei. La normalità seguiva il suo percorso fin troppo distante dalla sua quotidianità.
Peter si fermò dopo un po', ma era troppo buio per vedere.
«Come ti senti?» le chiese. Riusciva a sentire il suo sguardo pungente su di lei e a vedere i ghiacciai nei suoi occhi nonostante l'oscurità. Sembrava che essi stessi fossero una fonte di luce a sé.
«Non lo so» rispose onestamente. Non sapeva come sentirsi. Non era spaventata e non era felice, ma non era neppure triste. Sentiva le sue emozioni in catalessi; l'unica cosa che la accompagnava sempre era l'ansia. Quest'ultima la affiancava ovunque andasse come una vecchia amica.
«Dobbiamo andare di qua» le accarezzò il braccio soavemente, facendole poi scorrere la mano dietro la schiena. Si mise dietro di lei, avvolgendole le spalle con le mani. «Ti guido io» le sussurrò all'orecchio. La sua voce era più roca e profonda del solito. Tammy avanzò guardinga. Stava letteralmente andando alla cieca, non rendendosi conto di essersi affidata completamente a colui che le aveva dimostrato più volte di non essere uno dei buoni. Più allarmi riceveva, più sembrava cadere tra le sue braccia.
La guidò verso una piccola scala, tenendola stretta per la vita e per la mano, camminando proprio davanti a lei in modo che non perdesse nemmeno uno scalino e non rischiasse di cadere. Quando arrivarono di sotto era ancora buio, ma delle luci rosse illuminavano la zona rendendola distinguibile al punto giusto. Tammy si guardò intorno. Era una specie di seminterrato colmo di attrezzature mediche e scatoloni.
«Che posto è questo?» chiese, sentendosi infiammare dentro. Temeva che l'avesse ingannata per davvero.
«La nostra via di fuga» le disse, guardandola dall'alto. Le sorrise dolcemente, tendendo il braccio in avanti. Lei esitò, per poi afferrare la sua mano e seguirlo qualche metro più avanti. Si trovarono presto davanti ad una grata. Ricopriva un piccolo corridoio, grande abbastanza da permettere a due persone di camminare strette strette. «Usciremo da questo condotto» continuò.
«E se ci scoprono?» chiese lei. I suoi occhi si dilatarono vedendo un sorriso tenero farsi largo sul viso scultoreo di lui.
«Farò in modo che tu non debba mai preoccuparti di questo» le si avvicinò sfiorandole una guancia con una carezza. «Non ti torceranno nemmeno un capello» fece scivolare piano le nocche sulle labbra schiuse di lei.
«Come?» chiese. Si morse il labbro inferiore quando lui ritrasse la mano.
«Garantirò sempre per te» le sorrise «Dovranno vedersela prima con me» le diede una carezza paterna, per poi afferrarle la mano. Tammy abbassò lo sguardo sulla stretta, per poi tornare a guardare gli occhi di lui. La luce rossa illuminava il suo viso in maniera del tutto disumana. Sembrava che brillasse di luce propria e che quel colore fosse fatto apposta per lui.
I suoi occhi demoniaci erano completamente immersi nel pallore del suo volto angelico, acceso dall'ebrezza sanguigna del momento.
«Grazie» un sussurro flebile infranse il silenzio formatosi in quegli ultimi istanti. «Grazie per quello che stai facendo» la sua voce era spezzata, non si era ancora ripresa.
«Ti avevo detto che ti avrei protetta» disse lui.
Peter avanzò fino alla grata, riuscendo a spostarla senza difficoltà. Lo stridio metallico era insopportabile, ma finì presto. Non appena terminò infatti si voltò in direzione della giovane, che si fece avanti titubante.
Sapeva bene che era da sciocchi fidarsi di lui, ma dopotutto aveva già fatto tutto ciò che si era ripromessa di non fare.
Il ragazzo la afferrò per i fianchi, camminandole di lato. Avanzavano cautamente, in silenzio ed al buio. La corrente elettrica non era ancora tornata e la luce rossastra di quel seminterrato non era abbastanza forte da illuminali fino a quel punto, diventando presto un quadratino in lontananza.
«Non manca molto» le sussurrò. Avanzavano l'uno di fianco all'altra. Tammy sentiva il respiro di Peter sul suo viso e il suo corpo schiacciato contro il suo. Non le dava neppure tanto fastidio, lo sentiva addirittura come un tocco nostalgico. Più lo sentiva vicino, più lo voleva di più. Era strano come potesse sentirsi intimidita ed affascinata da quell'individuo.
Era difficile capire se il percorso che stavano seguendo l'avrebbe portata realmente verso la tanto bramata libertà, ma se così fosse stato allora si era sbagliata su di lui, ed aveva in particolare sbagliato a fidarsi di due sconosciuti come 8 e 15. Forse Uno aveva ragione, forse non li volevano insieme, forse temevano che lei potesse scappare. I due ragazzi si erano dimostrati tanto amichevoli quanto misteriosi per manipolarla, per convincerla che il vero cattivo fosse Peter, per metterla contro l'unica persona disposta ad aiutarla. Si, doveva essere per forza così, o lui non l'avrebbe mai portata in quel condotto, o no? Era davvero così soggiogata da non riuscire a vedere la verità?
«Sento qualcosa» esclamò lei, avanzando più di fretta. «Sento la pioggia» c'era una felicità spezzata nella sua voce. Iniziò a piangere sentendo il forte rumore della tempesta. Tuoni, vento e pioggia echeggiavano in tutta la loro immensità nel condotto.
«Presto la vedrai» le sorrise. La spinse dolcemente di lato in modo da poter passare avanti. Si sporse verso l'alto ed aprì con forza la grata d'uscita, per poi chinarsi. «Vieni, ti do una mano ad uscire» Tammy non provò nemmeno imbarazzo quando Peter la prese in braccio, aiutandola ad uscire di lì. Fuori era buio e non c'erano stelle ad illuminare la zona, ma le bastava sentire l'aria fresca e la pioggia picchiettare sulla sua pelle per sentirsi di nuovo viva. Prese un respiro profondo ridendo d'isteria; si sentiva viva, ma non libera.
Diede subito una mano a Peter, ritrovandoselo di fianco a lei una volta fuori. Ce l'avevano fatta. Ce l'aveva fatta. Sarebbe subito corsa a casa, dalla sua famiglia e dai suoi amici. Le mancava tutto, addirittura la scuola.
Sorrise, voltandosi verso il giovane. Non sapeva cosa fare, come comportarsi. Peter era lì con lei, per lei, ma adesso? Si fissarono per qualche istante. I suoi occhi sembravano vuoti.
«Te lo avevo promesso» accennò un sorriso meccanico. I suoi occhi erano intrisi di veleno, ma era troppo buio per notarlo. Le si avvicinò lentamente, cingendole la vita con una braccio. Tammy non ne capì il motivo, ma rabbrividì. Aveva paura.
Lui fece scorrere lentamente la mano sulla sua guancia, sfiorandole le labbra schiuse. Le sue dita scivolavano come olio lungo il suo collo e il suo petto, finendo sul suo seno. Percorse lentamente le curve del suo corpo da giovane donna, per poi risalire di nuovo verso il collo. Le si avvicinò ancora di più, pressando il suo corpo contro il suo. Sapeva bene che effetto le faceva, sapeva bene di essere una droga per lei quanto lo era lei per lui.
Qualunque cosa fosse successa alla condivisione del DTH erano inevitabilmente legati da qualcosa di impeccabile.
Tammy deglutì; sentì un fastidio allo stomaco quando il naso di Peter sfiorò il suo. Si spinse in avanti, percependo il suo bacino schiacciato contro la sua pancia. Sussultò, alzando il viso verso quello di lui. Le loro labbra si incontrarono in un bacio senza tempo di lingue danzanti e cuori palpitanti. Erano fuori dal laboratorio, lontani da quell'inferno, e quel bacio sembrava rendere il tutto così reale. Quando schiuse le labbra lui le diede un morso leggero che fece ansimare entrambi. I respiri erano pesanti e sembrava che la pioggia intorno a loro non fosse un problema.
«Mi fido di te» disse lei inaspettatamente per entrambi. Tra un respiro e l'altro vide la realtà farsi sempre più viva.
Era fatta, era completamente fatta. Tammy era sua, e quello era il momento perfetto per fare tornare le cose nel verso da lui stabilito. L'aveva manipolata perfettamente, ma più la sentiva vicina, più sentiva di rischiare grosso. Peter Ballard non aveva mai provato emozioni del genere, perché provarle proprio per la persona che doveva sciupare per riavere indietro la forza?Delle luci di torce e delle voci in lontananza li raggiunsero presto.
«Bene bene, guarda un po' il nostro inserviente e la numero 27» disse una delle guardie con sguardo crudele.
«Siete in guai seri»
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Under 001 - Stranger Things
FanfictionCome sarebbero le cose se nel momento in cui Undici creò il sottosopra fosse nato un distaccamento temporale parallelo? Una parte di 001 resterà intrappolata in un tempo diverso, dove nel quale riesce ad evitare la sua sorte maledetta, ritrovandosi...