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Il ritorno a casa mia, l'Alaska, è stato strano. Certo, non sempre è piacevole tornare lì, ma solitamente vado lì per pensare e quando torno una decisione l'ho presa.
Questa volta è diverso, credo di essere partito avendo già deciso, e dopo essere stato lì ho capito qual'era la cosa giusta da fare.

Di solito con me vengono anche mio padre e Ladis, questa volta ho insistito per andare da solo; perché solo nella solitudine riesco a rendermi conto di chi sono, e di quanto sia importate una persona, o una cosa per me.

Loro non hanno opposto resistenza, mi conoscono e sanno che ne avevo bisogno, sanno che dovevo tornare alle origini per rendermi conto che ormai tutto è passato.

Ignoro le chiamate di Anika da una settimana, parlo poco con tutti in realtà, mi sono chiuso in me stesso a pensare.

Con papà cerco di non parlare perché so quale sarebbe il suo consiglio, e so che lui capirebbe a pieno la situazione; questo mi spaventa. Non è lei il problema, sono io e le mie paure.

Ora sto scendendo dall'aereo, sono tornato a Miami, e l'aria calda mi investe come un treno in piena corsa.
Ormai mi ero abituato alla neve, al freddo glaciale dell'Alaska, e tornare all'ala di qui mi provoca un gran mal di testa, dovuto allo sbalzo termico.

Mio fratello e mio padre mi stanno aspettando fuori, ho lasciato la macchina a casa perciò sono dovuti venire a prendermi in aeroporto.

Quando mi avvicino però, noto un'altra chioma rossa accanto a Ladis.

Oh no, Anika.

<< com'è andato il tuo ritorno alle origini? >> chiede Ladis appena gli arrivò davanti, Anika mi guarda male, ma non riesce a nascondere un sorriso quando capisce il motivo del mio viaggio.

<< bene >> rispondo soltanto accennando loro un sorriso.

Il viaggio fino a casa è breve, Ladis e Anika nel sedile posteriore non fanno altro che litigare, e ringrazio mio padre per aver preso casa vicino all'aeroporto, perché per più di dieci minuti non li avrei sopportati.
Discutono su quale sia il gusto di pizza migliore; Ladis dice la margherita mentre Anika il crostino. Certe volte mi chiedo se abbiamo davvero la loro età.

Quando arrivo a casa non disfo le valige, vado direttamente nella mia vecchia stanza, quella in cui non entro da tempo, in cui non vorrei entrare neanche ora, ma devo farlo.

Se voglio davvero andare avanti, devo varcare questa porta, e devo ricordarmi chi era davvero lei.

10 anni prima

La nascita di un fratello dovrebbe essere uno dei momenti più belli della vita, quello in cui nasce il tuo compagno di giochi, il tuo complice, la persona che ti starà accanto sempre.

Per me lo era, ero davvero felice per la nascita di mio fratello, gli ho voluto bene dal primo momento in cui l'ho tenuto in braccio.
Ma come i mesi in cui mamma era incinta, la mia euforia è stata bloccata dalla sua presenza.

Da quell'episodio, dopo aver rotto il vaso, mia madre sembra aver perso tutto l'amore che provava per suo figlio, mi rifilava solo commenti sprezzanti, non faceva che parlare di quanto sarebbe stato migliore l'esserino che aveva nella pancia rispetto a me, diceva sempre che ero un insensibile, egoista e strano bambino.

Non mostravo mai l'effetto che avevano le sue parole su di me, non le facevo vedere quanto ci stavo male.

Quando mi diceva costantemente di stare zitto, perché a nessuno importava la mia opinione e ciò che avevo da dire.
Quando mi parlava sopra, perché quello che diceva lei era più importante di quello che dicevo io.
Quando condividevo i miei traguardi scolastici, e mi diceva che un nove era basso, che pretendeva un dieci altrimenti sarei stato un fallito.
Diceva sempre che non sarei stato nessuno, che da grande non avrei potuto fare niente se non lo schiavo.

𝐼𝑛 𝑜𝑢𝑟 𝑠𝑖𝑙𝑒𝑛𝑐𝑒 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora