Prologo- nuova versione

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La fenice, è un uccello mitologico, ed è simbolo dei cicli di morte e rinascita.
La parola "fenice" deriva dal greco phòinix che significa "purpureo", ovvero di colore rosso porpora, poiché nelle tradizioni dei miti antichi, spesso la fenice veniva rappresentata come un uccello infuocato.
Nell'antichità, si credeva, che la fenice fosse originaria di quella che oggi è l'Etiopia, e che vivesse molto a lungo, anche più di cinquecento anni.

Alla fine della sua lunga vita, la fenice si costruiva un nido di piante balsamiche, sulla cima di un albero, e vi si sdraiava prendendo fuoco ai raggi del sole.
Bruciava.
Dalle ceneri del suo rogo, la fenice sorgeva, e prendeva il volo per poi ricominciare la sua lunghissima esistenza sulla terra.

Io non so se questo bellissimo animale sia mai esistito, ma credo di capire cosa provasse nel rinascere dalle sue ceneri.

Rialzarsi dopo essere caduti, e farlo solamente grazie a sé stessi, è una cosa che non mi sarei mai aspettata di riuscire a fare. Già il rialzarmi non era tra le opzioni, ma farlo grazie a me stessa? Farlo per me stessa? No, questo non me lo aspettavo.

Credevo di essere senza speranza, come il sole, destinata a spengermi. A bruciare nelle mie stesse fiamme.

E sarebbe stato vero, perché nelle mie fiamme ci ho bruciato per troppo tempo. Ci sono nata, in quelle fiamme. Sono cresciute con me.
E non si sono dissipate come dicevano i dottori nelle loro metafore, sono cresciute fino a bruciarmi... fino ad uccidermi.

Ma proprio come quell'animale mitologico, sono riuscita a riprendermi proprio grazie alle ceneri che ho rilasciato durante la mia morte.
La morte è stato un percorso lento, di cui neanche mi ero accorta. Nessuno se n'era accorto.

Ripensandoci, nessuno si accorgeva mai di nulla quando si trattava di me. Ed era meglio così, perché non avrebbero mai capito.

Cosa si prova ad essere distrutti dentro? Non lo avrebbero capito, o almeno non come lo ero io. A cercare costantemente attenzioni da parte di una persona che dovrebbe darti la priorità su tutto? Non lo avrebbero mai capito. Ad essere oggetto di costanti analisi, farmaci, terapie? Non avrebbero mai potuto capirlo.
Essere l'inferno di se stessi? Neanche questo avrebbero capito, perché alla fine ero solo una ragazza malata.

Ciò che dicevo non era credibile, ciò che vedevo spesso non era reale, ciò che sentivo era solo nella mia mente. Le mie percezioni erano ampliate, non erano veritiere.
Non ci si poteva fidare.

E questo è il motivo per cui mi sono sentita morire a poco a poco, appassire lentamente. Ad ogni visita, ad ogni diagnosi, ad ogni seduta, ad ogni medicinale preso e non preso, mi sono sentita morire un po' di più. Uccisa da me stessa.

Mi sono accorta solamente in un secondo momento, che non era stata la malattia ad uccidermi, ma era stata solamente Maelle.
Io mi ero autodistrutta, e io avevo segnato la mia fine, che poi sarebbe stata solo l'inizio di tutto.

Per una volta avevo fatto una cosa buona per me stessa, e per una volta non ero considerata solamente una malata mentale.
Ero Maelle Jones, e questo gli bastava.

𝐼𝑛 𝑜𝑢𝑟 𝑠𝑖𝑙𝑒𝑛𝑐𝑒 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora