3. Le parlerò di te

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Mor

Incanalai frettolosamente aria quando lo sconosciuto mollò la presa sulla mia bocca, alzai lo sguardo e trovai due occhioni verdi intenti a guardarmi con un misto di serenità e sorpresa nello sguardo, come di meraviglia.
Il ragazzo aveva un viso piccolo, zigomi alti che gli contornavano gli occhi verdi e lo sguardo ribelle, un naso piccolo e dritto, le mascelle ben delineate, in quel momento tese, che gli conferivano mascolinità al viso fine. I capelli leggermente ondulati e di un cioccolato fondente gli cadevano poco dopo la linea della mascella e gli accarezzavano i lineamenti del viso.
Si allontanò di qualche passo e mi scansionò da testa a piedi con un luccichio negli occhi.
Aveva spalle muscolose e ampie, braccia tatuate e vari piercing che riuscii ad intravedere attraverso i capelli lunghi e sciolti, mi superava in altezza di dieci centimetri o più.
«Dio, non ci credo»
Mi guardava meravigliato, come se fossi trasparente o la mia pelle emanasse luce, io d' altro canto rimasi fissa sui suoi occhi, impossibilitata a non guardarli.
«Sei... così diversa e dannatamente tu»
Il ragazzo sorrise e il mio cuore fece un balzo, era il sorriso più luminoso e bello che avessi mai visto, che avevo già visto.
«Ragazzina» disse la sua voce piena di dolcezza e affetto.
«Sei Hawk» e la mia voce raggiunse una tonalità più cristallina che scosse anche me.
«Sono Hawk, si» e il suo sorriso si ampliò spaventosamente illuminando anche una parte di me.
Mi accarezzò una guancia e socchiuse gli occhi sorridente.
«Sei bellissima, dio guardati! La mia Mor è cresciuta così tanto!»
«Hawk» gli occhi mi iniziarono a pizzicare e lui mi attirò al suo petto, chiusi gli occhi e mi persi del suo odore e nella sua pelle, le sue mani mi accarezzarono i capelli e sentii una parte di me tornare a respirare.
Era lui, il mio migliore amico, il ragazzino all' orfanotrofio che mi trattava quasi come una sorellina. Una parte di me e di ciò che avevo considerato famiglia.
«Siamo di nuovo insieme ragazzina, devi raccontarmi tutto».

Entrammo in un bar e ci sedemmo su due sgabelli, mentre ordinavamo trovai il suo sguardo intento a osservarmi.
«Hawk, la donna che stavo per seguire era lei?»
Abbassò gli occhi sul bancone e assunse un' aria turbata.
«Era lei, vero?»
Alzò le sue gemme verdi su di me e forzò un piccolo sorriso senza denti.
«Non te ne devi preoccupare, non ti riguarda»
Il cameriere ci servì i caffè che avevamo ordinato.
Provai a ribattere, aprii la bocca ma non riuscii a dire nulla.
«Davvero, non te ne devi preoccupare, tutto succederà a tempo debito»
Inarcai le sopracciglia confusa da quella frase.
«Ma tu cosa ci fai qui? E lei?»
Iniziò a sorseggiare il suo caffè, per poi fare una faccia schifata.
«Annacquato. Be' ci vivo, come molti di noi,»
Fece una pausa e il suo sguardo divagò sul mio viso.
«molti di noi non sono stati adottati, ma non ti preoccupare, stiamo bene e viviamo qui in città, e tu come stai?»
Restai zitta e il suo sguardo si fece preoccupato.
«Be', è complicato»
Hawk mi guardò con un sincero affetto e conforto negli occhi.
«Riguardo a lei, ci vive»
«Se n' era andata, se n' era andata lontano.»
«È tornata, Mor.»
Allungò una mano e sfiorò le mie dita
«non ci faranno più del male, te lo assicuro»
E quella, fu una promessa.

___

Salii in camera, con la compagnia di Black affianco, iniziai a disfare tutti i bagagli, anche quello contenente tutti i ricordi del Canada, una foto mi guardò dal fondo della valigia.
Una ragazza sui vent'anni con un caschetto biondo e allegri occhioni oceano sorrideva in camera, mentre ciocche scure, color carbone, andavano davanti alla camera.
Sotto la scritta a pennarello
"M & L".

Continuai a svuotare il bagaglio, quando un pezzettino di carta sgualcito e scritto a penna mi finì fra le mani, una rabbia ceca e vecchia mi infiammò il corpo per pochi istanti.

*

Mor

Contavo i battiti che segnava lo schermo del macchinario fino a che la sua voce fin troppo debole mi richiamò.

In the ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora