38. Vivi il presente

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Hawk

«È colpa loro, è tutta... colpa loro.»

Uscii dalla doccia e mi avvolsi un' asciugamano intorno alla vita, mi tolsi i capelli lunghi e gocciolanti da davanti gli occhi provando a ignorare il flusso di pensieri che quel giorno mi occupavano la mente.

Oltrepassai la porta del bagno ed entrai in camera mia, avevo visto le registrazioni di Victoria, mi vergognavo ad ammetterlo anche solo nella mia testa ma avevo passato ore e guardare quella roba.
Storsi il naso dandomi dello stupido, Eron aveva trovato le registrazioni, le aveva portate qui e poi se n' era andato, così sapevo.
Provai a placare la mia mente, ancora le parole di quella pazza mi rintonavano nel cervello, assurdo...

Eron non era tornato, non ancora, mi ero svegliato in un silenzio tombale e forse proprio per quello, o per quei stupidi video di quella pazza di turno, ero di malumore quel giorno.

Lanciai uno sguardo allo specchio, i capelli sciolti e bagnati mi arrivano alle spalle, la mia pelle era cosparsa di goccioline lucide, i miei occhi un barlume di antipatia.

Sbuffai e mi misi le mani sul volto, quel giorno stavo proprio male, avevo una faccia troppo seria, pensieri troppo seri, nemmeno mi riconoscevo, mi odiavo quando ero in quel modo.

Mi avvicinai al cassettone e tirai fuori un paio di boxer, dei pantaloncini e una felpa, mentre le mie dita toccavano il tessuto dei pantaloncini blu cobalto risentii le sue mani, le sue grandi mani in confronto al mio corpo piccolo e indifeso al tempo, scossi la testa e buttai i vestiti sul letto, mi accarezzai piano lo stomaco così da rilassarmi, percorsi gli spigoli che il mio addome allenato creava naturalmente, poi spostai la mano come ustionato, le sentii di nuovo toccarmi in punti che dovevano appartenere solo a me, le sentii di nuovo privarmi di ciò che ero io, di ciò di cui avevo bisogno.
Rividi Charlotte e risentii il suo tocco, la violenza che aveva scelto di esercitare su un ragazzino.

«Perchè ti fai questo Hawk?» sussurrai disgustato.

Ero lì, ero sopravvissuto, mi aveva fatto del male ma non era riuscita a spezzarmi, mi dissi che non era successo niente.
Grande bugia di cui però amavo il suono, di cui per il momento avevo bisogno, sapevo bene che se qualcosa non uccideva rendeva più forte, quello bastò per calmarmi e non rivivere quelle sensazioni all' infinito.

Odiavo i giorni come quello in cui ricordavo quanto male ci fosse al mondo, in cui sentivo il peso di ciò che avevo vissuto e mi chiedevo come facesse ancora a non schiacciarmi, che forse più ci pensavo più mi avrebbe ucciso, proprio lì, in quello stesso momento.

La porta principale si aprì e il mio cervello si resettò, Eron attraversò il corridoio e mi guardò dritto in faccia, offrendomi un sorriso.
La mia mente fu come vuota, il mio cuore felicemente funzionante.
Forse vivere faceva male ma era un bel dolore.

«Fratellino» mi disse.
Osservai il suo vestiario, era letteralmente in pigiama, maglietta bianca e pantaloni della tuta, il mio sguardo si fece malizioso.

«Finalmente riprendi a scopare» dissi con un sorriso smagliante.
Prevedetti già la sua faccia farsi di marmo e un "smettila" detto col suo tono più gelido e da stronzo, invece Eron strabuzzò gli occhi in un' espressione imbarazzata.

«... Santo dio! Dove sei stato?!»
«Non ho scopato, smettila.»
Appunto, il suo volto si fece di marmo e il suo tono fu da perfetto stronzo.
«Ti prego tutte ma non Chloe! Non c' è nulla di male a rilassarsi una notte, insomma, te lo meriti...»
La sua espressione facciale era incredibile.
«...ma non con Chloe.»
«Non mi sono rilassato, proprio per nulla»
«Ok ok, e chi le capisce le donne? Dove sei stato tutta la notte quindi?»

In the ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora