18. Come metallo fuso

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Mor

Sentivo solo il suo respiro fuso con il mio, la mia bocca sotto pochi centimetri la sua schiusa e in cerca d' aria, sentivo il suo cuore e il mio, battere a un ritmo accelerato.
«Mor?» Il suo tono era traballante, incerto. E la sua voce... Profonda. E rauca.

Sollevai lo sguardo su di lui, sui suoi capelli scompigliati, sulla fronte libera perché il panno era scivolato e ora sfiorava l' angolo del letto, guardai le sue sopracciglia arcuate e gli occhi chiusi in modo forzato.
Era caldo, bollente, ed io mi stavo rammollendo.
Mi resi conto solo dopo che la sua mano stringeva il mio polso, lui mi aveva presa.
«Eron, devo vedere se avete dei medicinali, devo alzarmi...»
Lasciò la presa.
«Lo... Lo sportello i-in alto»
Sussurrò appena e poi sospirò pesantemente, la sua voce era carica di dolore e angoscia.
Mi alzai e corsi in bagno cercando dove mi aveva detto, presi in fretta una scatola di pillole e andai in cucina per riempire un bicchiere d'acqua.
Corsi in camera sua e pensai che sarebbe stato meglio portarlo in ospedale se la situazione fosse peggiorata.
Entrai in fretta e mi sedetti nel bordo del letto, misi una mano dietro la sua nuca e provai a sollevargli la testa, feci uscire una pillola dalla confezione che scivolò nel mio palmo.
«Eron, apri la bocca»
Sfiorai le sue labbra con il pollice, incitandolo a schiudere la bocca.
Gliela posizionai come meglio potevo, cercando di farla arrivare nella zona centrale della lingua, presi il bicchiere e lo inclinai per fargli entrare un sorso striminzito d' acqua, deglutì a stento e gli feci scivolare la testa sopra il cuscino.
«Eron, la felpa è troppo pesante, io... Forse è meglio levarla»
Mi alzai e spaesata diedi un' occhiata approfondita alla sua camera provando a orientarmi.
Aprii un cassettone e presi la prima maglietta che avevo sotto le mani.
Gli portai entrambe le braccia all' insù, all'altezza della testa, gli alzai l' orlo della felpa e mi bloccai un attimo nel vedere che il suo corpo era... cambiato, ovviamente.
L' ultima volta che lo avevo visto aveva forse, quattordici? quindici anni?
Mi dovevo concentrare.
Gli sfilai con non poca difficoltà la felpa e gli misi la maglietta.
Per fortuna non aveva brividi di freddo, segno che la febbre non stesse salendo.
Spostai il panno e gli tastai la fronte, era ancora bollente.
Mi sentivo impotente perché non sapevo che altro potevo fare, e lui stava male.
Mi alzai dal bordo del letto ma sentii i suoi polpastrelli circondarmi il polso e bloccarmi.
«N-no... Resta»
Iniziarono a bruciarmi gli occhi.
«Forse non ti rendi conto neanche di chi stai toccando»
Il mio sguardo scese sulle sue dita affusolate a contatto con la mia pelle, rabbrividii.
«Ti racconto una storia»
Deglutì.
«Se vuoi»
Schiuse gli occhi in cerca del mio volto.
Il silenzio fu interrotto da un singhiozzo, il mio.
Appena me ne resi conto era troppo tardi, le mie guance erano già bagnate e bruciavano dopo essere appena state attraversate dalle mie lacrime bollenti.

«Non riesco a dormire e-e ho p-paura»
«Se vuoi ti racconto una storia»
«Sei sempre costretto a raccontarmi storie per farmi dormire... scusa»
«Te le racconterò fino a che non smetterai di fare incubi e io non avrò più voce.»

Un altro singhiozzo uscì dalla mia gola e la vista, ormai, era completamente appannata.
Perché lui ricordava. Ricordava quelle storie. Quei momenti così luminosi che mi avevano dato un senso.
Cercai di bloccare il mio pianto, ma uscì solo un verso stridulo di puro dolore.
Ripercorsi la morte di Mia, l' abbondono di Walter. Tutte quelle volte che il dolore mi lacerava il petto ma non usciva mai. Ricordai quegli anni, passati in orfanotrofio.
Quelle storie erano tutto. Lo erano state in passato e lo sarebbero state ora, per sempre.
E lui, me le sussurrava dolcemente quando gli incubi mi divoravano dall' interno e diventavo un corpo senza vita che desiderava solo il gelo e il silenzio. Perché avevo paura.

Quello che c' era stato forse era ancora vivo.
«Ero io che piangevo sempre e tu mi consolavi»
La sua voce mi arrivò debolmente alle orecchie, dovevo smettere di piangere. Lui stava male ed io piangevo.

In the ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora