2.

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Devon.

Avevo passato gli ultimi millequattrocentosessanta giorni chiuso in una cella fatta solo di cemento freddo. Quattro anni esatti, non un giorno più, non un giorno meno. Era per quello che la musica mi rimbombava forte nella testa, quasi a spaccare i timpani. Non c'ero più abituato a quel casino, e soprattutto non ero più abituato al viscido odore che mi pizzicava continuamente il naso. C'era puzza di alcool, fumo e sudore.

Il Glown's era strapieno. Il locale di mio padre spaccava ancora come il primo giorno che aveva aperto, quasi cinque anni fa ormai. Era diventato da subito il posto fisso della zona, per chiunque avesse voglia di sballarsi o passare una piacevole serata.

Passai le mani sulle natiche della rossa seduta sulle mie gambe e strinsi forte facendola gemere, stava ancora sotto come un treno per me dopo tutto quel tempo. Mi venerava come un Dio sceso in terra, e quattro di galera mi rendevano solo più affascinante ai suoi occhi. In realtà era così per tutte, non solo per lei.

Mi portai la bottiglia di whiskey alla bocca e ne bevvi un lungo sorso, poi mi asciugai le labbra con il dorso della mano. Mi faceva schifo il sapore della sua saliva sulla lingua dopo che mi aveva ficcato la sua in gola, dovevo cancellarlo in qualche modo.

«Quanto cazzo ti è mancato tutto questo?» Connor sbatté sul tavolo una bustina piena per metà di quella che chiamavamo polvere magica, e sogghignò.

Mugolai per il piacere e mi scostai Daisy di 'dosso per abbassarmi verso il tavolino di vetro nero. Arrotolai una banconota da cinquanta dollari mentre Ash divideva la roba in strisce fini, e non persi tempo a tirare non appena lui finì.

Aspirai avidamente per primo, tanto da farmi sanguinare il naso e sentire le narici bruciare e atrofizzarsi. Gettai la testa indietro e chiusi gli occhi aspettando che facesse l'effetto desiderato, era quello di cui avevo bisogno per mettere a tacere il mio cervello caotico. Brividi di freddo attraversarono il mio corpo e poi la testa si riempì di trip. Off. Si,cazzo, quanto mi era mancata tutta quella merda. Mi ero appena spento dalla realtà che odiavo, ogni giorno mi consumava lentamente per farsi sentire il dolore strisciare sulla mia pelle, mi faceva schifo, dal quale non avevo via di scampo e che mi avrebbe fatto marcire fino alla fine dei miei giorni. E Cristo, amavo quella sensazione di adrenalina che mi percorreva i muscoli non appena cominciava a fare effetto.

«Allora Devon, non ci hai ancora raccontato come cazzo sei riuscito ad uscire di galera così in fretta. Trenta fottuti anni, e dopo quattro invece sei già fuori.» Connor teneva in bocca uno spinello e un bicchiere di rum in mano. Era già ubriaco marcio e continuava a tirare il ciuffo nero dei capelli che gli ricadeva sulla fronte appiccicandosi per il sudore.

A dirla tutta non ero completamente fuori. Avevo cinque anni di libertà vigilata addosso, ma sarei riuscito a ridurre anche quelli. Quei fottuti sbirri mi stavano attaccati al culo giorno e notte aspettando un mio passo falso, solo per il gusto di sbattermi ancora dentro. Ma sapevano che con me non potevano giocare come con chiunque altro, la maggior parte di loro erano corrotti ed erano bastati pochi spicci per far si che io uscissi molto prima del dovuto.

Ash mi la passò la canna che stava fumando ed io ne aspirai un avido tiro prima di ridargliela. «Evidentemente mio padre è riuscito a minacciare le persone giuste.» Sghignazzai.

Tutti temevano Johnny TJayden. Mio padre controllava il cinquanta percento degli affari illeciti di Bedford, l'altro cinquanta invece apparteneva ai Layton. Dei figli di puttana con cui c'erano degli accordi per evitare una cazzo di guerra, visto che Trevor Layton era molto più importante di mio padre. La parte sud era nostra, il nord apparteneva a loro.

«Ma che cazzo?» La voce alta di Ash mi strappò dai pensieri. Fissai il suo pugno possente sbattere contro il tavolino, tanto da far rovesciare il suo bicchiere di gin appena riempito.

Fino ai tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora