5.

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Rylie.

Me le meritavo tutte quelle brutte parole. Mi meritavo tutta la sua furia e mi meritavo anche che mi guardasse con delusione. Sapevo che non avrei dovuto mentirgli, e invece l'avevo fatto ancora, manco mi divertissi a farlo. La verità era che mi sentivo soffocare e senza libertà. Ash mi aveva letteralmente cresciuta e mi aveva dato il mondo, e quello che pretendeva era solo che io fossi sincera con lui. Mi voleva proteggere, lo sapevo. Ma da quando avevamo scoperto della mia malattia aveva raddoppiato la sua protezione nei miei confronti. Per lui era come se mi sarei potuta spezzare da un momento all'altro, come se lui fosse l'unico responsabile se mi fosse successo qualcosa.

«Vieni con me.» La voce di Devon mi colpì alle spalle, mi toccò leggermente spingendomi fuori da quella stanza e mi afferrò per il polso stringendomi manco potessi scappare.

Mi trascinò fuori da quella casa, dove la musica troppo altra mi stava infastidendo la mente. Un conato di vomito mi attraversò la gola, ma riuscì a trattenermi per la vergogna.

Camminammo per qualche minuto, fino a quando non fece scattare la sicura di una macchina nera. Doveva essere nuova, si vedeva lontano un miglio.

«Un'auto? Tu?» Chiesi scettica.

«Purtroppo per certe situazioni mi serve, ma non tradirei mai la mia bambina.» Mi spiegò, riferendosi alla sua Kawasaki Ninja.

Devon aveva una passione stratosferica per qualsiasi moto. Purché fosse nera.

Nero, era decisamente il suo colore.

Aprì lo sportello e mi intrufolai nella macchina. Sentivo un freddo pazzesco, visto che Ronni mi aveva costretta ad uscire vestita in quel modo. La gonna a vita di jeans mi copriva a malapena il sedere, e la maglietta blu a maniche lunghe semplice e sopra l'ombelico era troppo leggera per quell'ora della notte.

Devon si sedette al mio fianco e gettò sui sedili posteriori un borsone nero. Non sapevo cosa ci fosse lì dentro, ma sicuramente niente di legale. Perciò mi limitai a farmi gli affari miei, ne avevo abbastanza per quella notte.

Portò leggermente il sedile indietro divaricando le gambe e abbassò il finestrino, rilassò le spalle contro lo schienale e si accese una sigaretta.

«Che gli prende?» Mi chiese con il filtro tra le labbra, quella cosa lo rendeva tremendamente affascinante. «Ad Ash intendo, che gli prende?»

Mi portai una mano al petto, e strinsi la maglietta. C'era tensione in quella macchina, e imbarazzo.

«Non lo so.» Mormorai. «Da quando ti hanno arrestato non è più lo stesso di prima.»

Era vero. Da quella notte mio fratello era completamente impazzito, era cambiato e la mia condizione di salute scoperta poco dopo non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.

Lui mi guardò confuso, sbuffando il fumo per aria. «Perché? Non ne capisco il motivo.»

«È davvero così difficile da capire?» Gli chiesi infastidita. «Siete cresciuti insieme, facevate tutto in simbiosi, sei l'unico nella sua vita su cui abbia mai potuto contare. Quando sei finito dentro si è ritrovato da solo.» Spiegai. «So che c'è anche Connor, ed è stato un grande aiuto, ma non sarà mai lo stesso per lui.» Parlai fredda, parlai come se fosse colpevole. Perché sì, in parte lo era.

«Questo lo so, ma non capisco. Sembra così incazzato con tutto quello che lo circonda.»

«È che sono successe tante cose, abbiamo passato un brutto periodo e...» Rabbrividì. «Sembra che non passi mai.»

«Qual è il problema, Rylie? I soldi? Siete al verde?» Indagò.

Mi voltai a fissarlo e, dovevo ammetterlo, se sarebbe stato un altro a dirmi una cosa del genere mi sarei anche potuta offendere. Ma lui era Devon, e sapeva tutto di noi. Il nostro passato e presente non era un mistero. Perché prima di arrivare dov'era, aveva vissuto la vita come la nostra.

Fino ai tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora