26.

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Devon.

Quello che stavo per chiedere a Connor era la cosa più stupida che avessi mai fatto in vita mia. Non sapevo nemmeno da dove mi fosse uscita quella fottuta idea.
Mi ero presentato nel suo appartamento alle due del pomeriggio, dopo essermi dato una ripulita ed essermi ripreso dalla notte passata, in cui mi ero distrutto fisicamente e poi avevo cercato rifugio in lei. L'unica luce che in quel momento vedevo infondo al tunnel.

Connor mi guardò intontito dal sonno, confuso e ancora mezzo sbronzo. «Ma che cazzo, Devon?» Mi ero appiccicato al campanello da circa dieci minuti, sapevo che stava dormendo. In quella casa c'era puzza di alcool e sesso, bottiglie gettate sul pavimento e avanzi di cibo d'asporto lasciati disordinatamente sul tavolo privo di tovaglia.
Avevo il voltastomaco. Se non fosse stato per sua sorella, che di tanto in tanto dava una ripulita a quell'appartamento, Connor avrebbe vissuto come un barbone, ma in casa sua.

«Che schifo.» Dissi inorridito,scalciando una bottiglia di rum vuota che gocciolava sul pavimento nero.

«Posso sapere che cazzo vuoi?» Mugolò, con la voce impastata dal sonno e dall'alcool, strusciandosi le mani sui boxer.

Mi sedetti sul divano nero, nonostante non mi andasse a genio. «Butta fuori quella troia che hai nel tuo letto, ora.»

Lui mi guardò confuso. Poi come se gli avessi appena dato un ordine alla lettera, camminò fino alla stanza da letto, e dieci minuti dopo ne uscì seguito da una tipa dai capelli biondo platino, che aveva il trucco completamente sbavato e un vestito che non lasciava niente all'immaginazione. Per la prima volta in vita mia, guardai con orrore una tipa che sicuramente mi sarei scopato senza esitare un attimo, visto le curve da urlo e il culo che gridava mordimi.

Lei mi guardò infastidita per quello che avevo appena rovinato, poi fece lo stesso con Connor.

«Che c'é?» Gli chiese lui, non capendo il motivo per il quale si fosse fermata sulla soglia a braccia conserte ad aspettare.

La tipa scrollò le spalle, e alzò il palmo della mano voltando lo sguardo da un'altra parte.

Serrai le labbra più che potei, capendo subito. Ma alla fine scoppiai in una risata, quando Connor sbuffò, e dopo aver preso il portafogli le passo cento dollari.

«Che cazzo, amico. Ti scopi anche le puttane adesso?» Lo presi in giro.

«Non ricordo un cazzo.» Borbottò, chiudendo con forza il portone blindato. «Non so nemmeno dove l'ho trovata.»

Scossi il capo e rilassai le spalle. Quella storia aveva dell'assurdo, Connor non aveva bisogno di andare a puttane. Aveva abbastanza tipe che gli strisciavano ai piedi anche per avere una sola notte con lui.

Aggrottò le sopracciglia, si tirò verso di me e mi fissò meglio. «Ma che hai fatto?» Sbottò.

«Gli uomini di Trevor, ieri sera.» Gli spiegai.

«Cristo Devon!» Si passò le mani sul volto. «Avrebbero potuto ucciderti, se é come penso.»

Scoccai la lingua contro il palato e mi accesi una sigaretta.

«E Klaus?»

Aspirai avidamente e appoggiai la schiena alla spalliera. «Quel figlio di puttana é riuscito a scappare, ma non so se é stata per sua fortuna o perché l'hanno lasciato andare volutamente.»

«Che intendi?» Aprì il frigo, tirando fuori una birra.

«Klaus sta spiando mio padre.» Diedi voce ai miei pensieri. «E mio padre sta pestando i piedi alla persona sbagliata.»

Fino ai tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora