25.

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Rylie.

Ero avvolta dal buio della notte, in camera mia, con la voce di Lana Del Rey nelle cuffie che rendevano più triste il silenzio che mi circondava. Un soffice raggio di luna attraversava la finestra chiusa e tagliava a metà la stanza, erano le due del mattino, faceva più freddo del solito ed io non riuscivo a dormire.

If you go, I'll stay
You come back, I'll be right here
Like a barge at sea
In the storm, I stay clear
'Cause I've got my mind on you
I've got my mind on you

Canticchiai quella canzone mentre le mie dita tastavano il piumone rosato che mi avvolgeva il corpo. Mi spostai su di un fianco e osservai il cielo buio pieno di stelle attraverso il vetro, arrotolando il filo delle cuffie tra le dita, con il cuore a pezzi che non smetteva di sentirsi così solo.
Chiusi gli occhi sperando che potessi prendere sonno, sperando di cacciare via dalla mia mente tutto quello che mi faceva male, ma un rumore assordante attirò la mia attenzione.
Mi alzai a sedere e guardai la finestra, una mano macchiata di sangue strisciò sul vetro facendomi arrivare il cuore in gola.

«Devon.» Mormorai subito, alzandomi.

Mi precipitai alla finestra e l'aprì. «Ma che ti é successo?» Terrorizzata, guardai il suo viso tumefatto e imbrattato di sangue.

Con un espressione di dolore scavalcò il davanzale. Si teneva una mano all'addome e cedette sulle gambe non appena fu dentro,  sedendosi di botta sul pavimento e appoggiando le spalle al muro.
Puzzava di alcool, fumo e sangue.

Mi portò una mano sulla guancia toccandomi solo con le dita sporche e mi guardò con gli occhi spenti e vuoti, come se la sua anima fosse evaporata dal suo corpo. «Mi odi, piccoletta?» Strinse la presa.

Sbattei più volte le palpebre. «Io... Io non ti odio Devon, non potrei mai odiarti.» Sussurrai sconfitta, mentre il suo pollice premeva sulle labbra.

Mi guardò confuso. Come se si aspettasse tutt'altra risposta, come se non fosse quello che voleva, come se mi stesse implorando di odiarlo con tutta me stessa.

«E invece, dovresti.» Serrò le labbra e portò la testa indietro lasciando il contatto con la mia pelle, mugolando di dolore.

Rimasi immobile con il fiato in gola, non riuscivo nemmeno a respirare, guardandolo conciato in quel modo. Mi morsi con prepotenza le labbra e mi alzai, uscì dalla mia stanza e andai in bagno, dove tenevamo un kit con tutto l'occorrente, visto che mio fratello non faceva altro che ferirsi all'officina.

Tornai da Devon e mi inginocchiai vicino a lui, presi delle garze e il disinfettante, gli presi il viso tra me dita, girandolo verso di me.

«Ti brucerà un po'.» Lo avvisai, prima di premere sulla ferita profonda allo zigomo.

Storse le labbra, infastidito. Gli angoli della bocca salirono all'insù. «Niente brucia più di quello che ho dento.» Mormorò a denti stretti.

«Devi smetterla di distruggerti, smettila di crederti invincibile. Perché non lo sei.» Un improvviso brivido di rabbia si accumulò nelle mie parole. Poteva cambiare se stesso ne ero certa, ma la realtà era che non voleva farlo. Era un masochista, credeva che il dolore fisico avrebbe alleviato quello che sentiva dentro. Avrebbe continuato a giocare con se stesso, fino a quando si sarebbe disintegrato completamente.

Strinse la sua mano intorno al mio polso e mi guardò con gli occhi contornati di rosso, le vene sul suo collo si gonfiarono facendo accelerare il respiro.

«Che cazzo ne sai tu?» Digrignò a denti stretti, accusandomi. «Che cazzo ne sai di quello che sento?»

«Forse, hai ragione.» La sua presa intorno al mio polso si fece ancora più salda. «Non sono dentro di te, non so quello che senti, quello che hai passato.» Gli ficcai gli occhi nei suoi. «Ma so che non hai bisogno di tutto questo, non hai bisogno dell'alcool, della droga e di distruggerti quando qualcosa va male.»

Fino ai tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora