Scuse inaccettabili

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Conosco a memoria ogni singolo centimetro del pavimento si questo salotto a forza di averlo percorso avanti e indietro per svariati minuti.

Nell'aria riecheggia un sentimento di disagio e ad interrompere il nauseante silenzio è un telefono che squilla.
Il mio telefono.

La voce di una donna dall'altra parte della chiamata fa capolinea nel mio orecchio.
"Perfetto, cercherò di essere puntuale, arrivederci" chiudo la telefonata durata una manciata di secondi.

"Quindi è questa la tua risposta?" domanda con la mandibola serrata e lo sguardo fisso sulla mia figura.

"Esattamente, farò l'incontro e se verrò presa rimarrò qui" affermo schietta, con un tono di voce privo di emozioni, ma che esprime piena sicurezza e controllo.
"Se dovesse andare male, sarò disposta a partire".

"Non voglio essere la seconda scelta di nessuno" stringe sempre di più i denti e così anche il cuscino tra le sue braccia.

"Neanche io voglio essere la seconda scelta di me stessa", lo vedo sospirare e il suo viso corrugato si rilassa.

Dopo la mia conclusione mi avvio verso l'uscita, prendo il cappotto e mentre lo infilo, sento i suoi passi dietro di me.

"Posso aprire la porta, oppure per te non sono abbastanza capace di prendere decisioni per me stessa?" domando retorica, il mio tono è acido e il mio intento è che queste parole gli arrivino dritte al cuore, che lo colpiscano come le sue affermazioni hanno colpito il mio.

"Aurora-", lo interrompo.

"Stupida domanda da porgere a chi ha manie di protagonismo, perdonami", apro la porta con energia e allo stesso modo la sbatto dietro di me.

Vengo prima io.

Mentre percorro la strada che mi separa dalla mi auto ho dei ripensamenti, sono stata cresciuta con l'idea che il dialogo sia sempre la soluzione migliore, ma vale anche quando qualcuno prova a boicottare il tuo futuro?

Durante il tragitto il telefono squilla di nuovo, interrompendo la canzone di Bruno Mars che più preferisco, ovvero Locked out of Heaven e quando vedo il nome comparire sul display tiro un sospiro di sollievo.

"Ciao mamma"
"Ciao tesoro, come stai?" la sua voce mi fa venire un groppo in gola, mi manca casa.

"Bene, sto andando a fare il colloquio con il rettore universitario" dicendo queste parole ad alta voce realizzo cosa sto per fare e le mani iniziano a tremarmi.

"Allora buona fortuna, io credo in te".

Supero la segreteria dopo il controllo dei documenti e mentre percorro il corridoio striscio nervosamente le mani sui pantaloni per asciugare il sudore.

"Mi scuso ancora per il disguido, il mio
appuntamento è stato cancellato per errore" accenno una risata nervosa mentre stringo la mano dell'uomo.

"Non si preoccupi, possiamo iniziare", pronuncia tale sentenza con un tono di voce che si addice perfettamente ad un soggetto come lui: composto, il completo stirato alla perfezione e senza nemmeno un capello fuori posto.

***
"Cosa ci fai qui?" incrocio le braccia mentre mi avvicino alla sua persona.

"Volevo parlarti" si protende verso di me e tenta di afferrarmi una mano.

"Non oggi, voglio andare a casa, sono stanca" rifiuto il contatto, prendo le chiavi dell'auto e lui mi segue.

"Mi dispiace davvero, non volevo" si giustifica.
Non vedo il suo volto e lui non vede il mio, se mi girassi lo vedrei con le sopracciglia incurvate e l'espressione da cane bastonato.
Se lui vedesse me, noterebbe solo il mio volto ieratico e sono sicura che peggiorerebbe la situazione.

"Non volevi cancellarmi l'incontro con il rettore? Cavolo ti è proprio scivolata la mano sulla cornetta e per sbaglio hai telefonato alla segretaria annullando tutto...ma per piacere" rido salendo poi in macchina, sbatto la portiera e quando il motore inizia a cantare lui si avvicina al finestrino, lo ignoro e parto.

***
Dopo cena esco a fare due passi con Loki e passando davanti a casa degli Holland vedo Tom seduto sulle scale.
Lo guardo e lo saluto fredda, sono arrabbiata con lui ma non voglio ignorarlo del tutto.

"Vuoi una pausa?" domanda lui dopo che l'ho superato di circa mezzo metro.

I miei passi si bloccano e con essi anche i battiti del mio cuore.
"Ho detto che ho bisogno di riflettere, non di una pausa" affermo voltandomi.

"E se io ne avessi bisogno?" balbetta mentre si guarda le scarpe.

"Allora saresti un incoerente", il mio orgoglio fa si che io ritorni sui miei passi verso il parco.
Non proferisco altra parola e impedisco che anche lui lo faccia.
Una discussione portata avanti con le emozioni che mi stanno dominando in questo momento non porterebbero a nulla di buono.

Perché dovrebbe volere una pausa? il pensiero mi rimbomba nella testa anche mentre cerco di staccare il cervello e di concentrarmi sulla natura che mi circonda.

Ammetto che nel mio ritorno a casa, la speranza di trovarlo ancora seduto sulle scale che mi aspetta è tanta, ma purtroppo non c'è nessuno.

Una delle mie finestre da sul loro giardino mentre l'altra sulla camera di Tom, o meglio, ex camera dato il suo recente trasferimento.
Ho sempre apprezzato che lui tornasse a casa dei suoi genitori nei giorni in cui non mi era permesso stare da lui...solo per starmi più vicino.

Forse ora tocca a me fare qualche sforzo per lui.

"Non andare oltre"||Tom HollandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora