I giorni del Titolo (3)

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Al fine, arriviamo nei pressi del primo bivio, tra il sentiero che conduce ai pascoli e al dorso della valle e quello che si infila nel bosco, verso le grotte sacre. Murajo prende per la mancina, verso la bocca di Euclo, spalancata a inghiottire i morti.

Si sono messi in testa di ammazzarmi?!

È questo che ha comandato Mamerte Padre a Murajo nella visione?

È questo che vuole il Signore delle guerre e della battaglia?

Il mio sangue per ripulire il bottino grasso ed empio?

Infami: Mamerte si accontenta del sangue di qualcuno e loro offrono il mio; hanno la scusa del Lutto violato, delle teste mozzate. Mandano me, a morte. Me che nemmeno c'ero, all'ultima razzia. Infami!

Nessuno, tra quelli che aprono il corteo, si ferma a rendere omaggio alla signora dei crocicchi. Sarà un viaggio breve, allora!

L'ordine di Mamerte basta, forse, per sentirsi sicuri di non chiedere nemmeno la benevolenza di uno sguardo, ad Ekat.

Quando vedo le pietre e i sassi cari alla Dea dei sentieri sfilarmi accanto, forzo i piedi e ancoro i talloni.

Alzo le mani e do uno strappo alla cavezza. Murajo quasi caracolla indietro: questo, Mamerte, non glielo aveva suggerito. Sotto gli occhi sorpresi dei figli e dei padri, mi lancio in ginocchio sulle pietre. Non ho fatto in tempo nemmeno a sollevarle che due dei padri mi riacciuffano dalle spalle. Murajo si rimette dritto, riagguanta il capo della corda e se lo rigira intorno al polso secco. Ha un sorriso beffardo

- Non è a lei che devi chiedere aiuto, Vurro di Marso. Ekat non sta nemmeno guardando...

Continuano a trascinarmi, infilandosi nel bosco, lungo il sentiero.

Le torce rischiarano quello che il sole non riesce ancora ad illuminare. L'alba, alle spalle, adesso, è un presagio che brucia di fuoco e tinge di sangue.

La bocca di Euclo: manca poco.

Mi volto, senza azzardarmi a fare resistenza.

Cerco indietro lo sguardo di mia madre Lorra. La cerco lì, indietro, tra le facce cupe dei Padri e quelle furiose dei Figli. Non c'è una donna, nemmeno una, dietro di noi.

Oltre le siepi e dietro i fusti dei noccioli, vedo le rocce grigie e nere di muschio della grotta. Vedo il megalite grigio di pietra e rosso del sangue di tanti, prima di me.

Ci siamo.

Lorra: non l'ho nemmeno salutata. Non uno sguardo, mentre mi buttava fuori dalla porta in mezzo alle onde impazzite di questi infami.

Creperò solo: meglio arrendersi e prepararsi.

Creperò solo: la gola squarciata e il petto strappato, perchè quel vecchio vigliacco possa frugarmi da dentro e tirarmi fuori il cuore. Lo bruceranno sul fuoco, mentre queste ossa e questa scorza senza vita finiranno lanciate nell'orrido che si apre oltre la bocca di Euclo. A placare la fame del Signore di quello che c'è sotto. Almeno: nei racconti di Marso era sempre così che andava.

Di fronte alla pietra sacra, Murajo lascia la corda. Mi afferrano dai gomiti in quattro, due per lato. Un padre ed un figlio a destra, un figlio e suo padre a sinistra.

Parisse scalcia dietro le mie ginocchia, per piegarmi a terra. È lui. Più che dai calzari, lo riconosco dal rombo della voce.

- Portate le bestie. Portate gli omaggi. Portate i frutti.

Ed eccole, le donne. Eccoli gli anziani.

Rispondono all'ordine del vecchio veggente. Escono fuori piano dal fitto della boscaglia. Salgono dal sentiero nascosto, quello permesso solo a Murajo, nel suo vagare sghembo in cerca di risposte.

La moglie di Parisse apre la fila, assieme a Lorra, mia madre. In braccio portano due bambini. Sono i figli di Dello, il più giovane tra i Padri. Dietro, la madre dei piccoli tira la cavezza di un vitello bianco. Tutte le altre donne seguono, accerchiando un agnello nero. La riconosco, quest'ultima bestia: è una delle mie.

Il corteo delle donne mi sfila di dietro. Mia madre, davanti, non mi degna di uno sguardo. Assieme alla moglie di Parisse poggia i neonati sulla grande pietra, poi va ad unirsi alle altre. Del vitello e dell'agnello si occupano due Padri. Pigliano le funi che li tengono e se le rigirano attorno alla vita, per tenerli fermi e buoni. È in questo momento che Murajo ricompare. Mi si para davanti, sollevando al cielo una lama ritorta. Abbassa il pugnale sacro, ci sputa sopra, me lo mette sotto il naso.

- Mamerte ha chiesto un omaggio. Mamerte ha chiesto un dono, prima che la neve si sciolga e scoppino le gemme. Mamerte pretende un sacrificio. E vuole sapere se sei degno, davvero.

Il Vecchio mi mette la roncola tra le mani. Libera lo spazio tra me e la pietra sacra, senza aggiungere nemmeno un respiro. Sollevo gli occhi. I due lattanti, sull'ara, si muovono scomposti. Piano, di scatti che sembrano sussulti. Alzano le mani verso il cielo, perdono gli occhi in voli e sguardi che non indovino. Di fianco, il vitello muggisce con gli occhi gonfi. L'agnello scalcia, bela disperato e fa perno sugli zoccoli anteriori, provando a liberarsi.

- Io... Murajo...

Invoco il vecchio.

Sotto gli sguardi di quelle bestie mi trema la mano. 

Mi ritrovo riflesso nelle pupille enormi del vitello. Sento il pianto disperato dell'agnello che mi graffia il petto, da dentro. E sotto il coltello, ho i vagiti dei due neonati che si fanno frigno e pianto disperato, quando le urla delle bestie cominciano a risuonare.

- Madre...

Mi scivola via quell'altra preghiera.

La lingua e la voce prendono forza e vita propria. E nel terrore di quel che vivo non le controllo più. Alzo gli occhi, cerco lo sguardo di Lorra. Cerco un cenno, un sussurro amico. Qualcuno che mi dica cosa fare.

Attorno, solo un battito che cresce e cresce e cresce.

Si gonfia dei colpi di tallone che i Padri battono in terra. S'ingrossa dei tonfi delle lance che i Figli premono sui sassi, intorno. S'infittisce del battito di mani delle donne, che monta senza sosta. Ed è allora, solo allora, mentre il mio sguardo vaga attorno ancora più spaurito di quello del vitello di fronte a me, che la vedo.

Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora