A me e alla schiava corre incontro solo mia madre. Ha gli occhi velati di una tristezza che all'inizio non riesco a comprendere. Quando lascia sfuggire qualche parola, tutto diventa subito più chiaro.
- Una schiava? E in quel cesto, solo tre ciuffi di pelo e pulci? Valeva questo, il sangue che hai messo nelle mani del fabbro guerriero?
Il bottino. A quello soltanto sa pensare. La spingo di lato sforzandomi di non scalciarla.
- Scostati, che mi togli fiato!
- Pure il figlio bastardo di quell'impura ti sei portato appresso?
La smorfia furiosa che le stampo in viso deve bastare a convincerla: meglio ingoiarsi le altre parole.
- Buda!
Tocca gridare, per richiamarla da quell'inverno di silenzio dove si tiene rinchiusa. Vedo appena il contorno sollevarsi dalle ginocchia accanto a fuoco e muoversi come un'ombra verso la porta.
Getto in terra il cesto. Quelle tre beste rotolano fuori e si accartocciano tra loro. Squittire di ratti, ancora, più che il latrare furioso della battaglia. A memoria, di fianco, muovo la mano ad agguantare il braccio della capraia. La tiro appresso e le strappo dal petto il fagotto. Giusto in tempo per vedere la chioma arruffata e le spalle rachitiche della mia femmina incorniciarsi sull'uscio.
- Mephti questo lo ha dato a te. Me lo ha dato perchè te lo portassi.
Le faccio penzolare di fronte quel fagotto che, sballottato a spanne da terra, stretto in quel cencio malfermo, piglia di nuovo a frignare.
Una scintilla le si accende nel fosco di quelle pupille spente.
C'è ancora vita.
C'è di nuovo vita in quegli occhi. E il sorriso è un movimento che non ha dimenticato. Pur in mezzo a solchi e rughe che il volto di mia madre ha appena iniziato a conoscere. Un tremito violento le spacca il petto, come se il cuore, vivo di nuovo, d'un botto provasse a rullare e farsi sentire anche qui fuori.
Quasi mi salta incontro.
Mi s'attacca alle scorze e alla veste con le dita ossute e le unghie che non rosica, scheggiate, lunghe. Sollevo il fagotto come un premio per un imberbe, un dono ambito, desiderato. E proprio come una ragazzetta che non ha ancora fatto sangue, scalza sulle punte dei piedi, si solleva per raggiungerlo. E non ha ancora parlato...
Perchè la voce che le viene fuori, quando si decide a ricordarsi come si fa, gela il sangue. Mio e di chi, di presso, la sente.
E sì che la conoscevo, la sua voce. E sì che la ricordavo bene.
Non è la sua. Non è quella che avevo imparato.
Forse il suono che le viene fuori, un tempo, è stato il suo.
Prima del suo primo sangue. Prima che la strappassi a sua madre e suo padre Massenna. Prima di me e Buda. Primavere e inverni prima. Tanti. Quella di Buda, ora, è la voce di stella e di luna di un tempo che fu. E anche le parole, sono quelle confuse e incerte di chi sta solo ora cominciando a dire.
- Mia, mia... la creatura... Mia!
E me lo strappa di mano, perchè sono lì col braccio che è caduto di fianco, di fronte a quel sortilegio. Lo snuda e con gesti d'istinto, i primi che fa, se lo porta al seno avvizzito e pendulo. Seguendo la voce del cuore che ogni madre riesce da sola ad ascoltare. E quando quelle labbra e quelle valve rosa si aggrappano affamate e disperate alla sua pelle, il suo viso non racconta dolore. Nemmeno il minimo fastidio.
Sotto gli occhi, in un battito di ciglia, prima di altri respiri, un sortilegio nuovo. Un segno di più, da qualche dio che non vuole smettere di giocare con me. È rumore di risucchio, quello che sento. È fame, è sete, è bisogno. Buda lo stacca, per pigliarselo al viso e morderlo e leccarlo dolce, come fanno le bestie coi cuccioli nati... e dal seno marcio le stilla giù un rivo bianco di latte.
Di fianco, il tonfo di mia madre, che crolla in ginocchio.
- Cerere, madre sacra...
Un grido che spezza gli abbracci intorno. E richiama le donne, richiama i figli.
- Cerere, madre e Mephti delle acque, cos'è che volete? Che cosa ci state dicendo?
È Gaba, madre di Aurio, di fianco, a gridare le parole più giuste.
- Murajo... Chiamate il Vecchio perchè chieda agli dei!
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Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1
FantasyBoschi dell'Italia meridionale. A spanne e braccia, gli stessi anni in cui Roma veniva fondata. Queste le coordinate di spazio e tempo. I Lucani sono un popolo di guerrieri feroci che abita la terra compresa tra il fiume Bradano e le coste del Tirre...