Ostili (6)

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- Si rimetta in cerchio la nostra alleanza. L'anello dei Signori lucani oggi sarà forgiato di nuovo. E porterà in battaglia il sangue migliore delle nostre genti.

Pare che i vecchi ciechi, in conciliabolo fitto, abbiano preso questa decisione. Santificano l'alleanza tra i tanti villaggi che guardano a Grumentum come padre e fratello più forte. Come nelle guerre contro le genti d'Irpinia. Come nelle battaglie contro i nasoni del Sannio. Era da tempo che un anello così santo non veniva forgiato. Da che sono vivo, mai. L'avrà forse ascoltata mio padre, qualche storia simile a questa. Ma s'è scordato di raccontarmela.

- Ogni villaggio lucano donerà il sangue di tre dei suoi figli migliori. E se quel sangue tornerà, lo benediremo su questo cerchio. E se quel sangue si spanderà, farà feconda e cara a Cerere e Mamerte la terra che riprenderemo.

I padri battono la terra coi fondi dei margiali, i giovani urlano di furia. E di fame. E di guerra. Alcuni tra i Signori buttano avanti i figli, perchè il vecchio grumentino li senta più pronti, vicini. Qualche altro, tra quelli che contano, legge negli occhi del suo sangue la paura, ascolta i denti sbattere di sgomento, sente le mani che cercano i polsi. E si schiarisce la voce. E prende la parola.

- Non possiamo permettere che il sangue per terra sia quello dei Signori e dei loro figli. Non senza prima aver chiesto oracoli su quel che sarà.

- Di che temi, Parisse?

Temere. Uno dei vecchi delle ville disperse sull'altro mare, con a spanne le stesse lune del mio Signore, le sceglie con cura la parola da usare. Perchè quella di Parisse, adesso, è paura.

- La mia donna non ha più grembo da figliare. E di sangue, solo questo m'è rimasto.

Spinge avanti Manterio. E prega gli dei che almeno in quel momento non gli manchi il fiato e le ginocchia sappiano restare salde.

- E di quel sangue ti fidi così tanto da temere che non sappia ritrovare la strada di casa?

Qualcuno tra quelli che contano, in mezzo ai Lucani dell'altro mare, trattiene a stento una risata. Altri mormorano. Di là dai noccioleti, sull'altra costa, sul nostro mare, c'erano cerchi giovani di Signori che avevano preso la via del bosco lasciando il loro villaggio per tracciare da soli un nuovo spazio. Per scrivere la loro storia lontano. Proprio come Mamerte aveva giurato che io avrei fatto, quando Murajo m'avesse liberato. Quei nuovi Signori avevano donne giovani, di primo sangue. Non era il terrore di perdere un figlio a spaventarli. Dopo il pianto e la pira, altro sangue sarebbe arrivato. Altri figli. Alcuni ancora non ne avevano e non sapevano cosa fosse la paura di combattere.

Altri, magari, come quello che per primo aveva parlato, conoscevano Parisse. E meglio ancora sapevano quanto amasse vivere nell'ombra. E quanto il sangue, lo scontro, la guerra, gli facessero terrore.

- E cosa farete dunque? Fuori dal grande cerchio di questo anello?

Non è la demonia alle mie spalle a parlare. Se n'è già sgusciata via. Non la vedo ma sento chiara l'artemisia di cui odorano le sue parole farsi più forte dalle parti del fuoco, dove si assiepano i signori più giovani. Posso giurarlo, è lei, a soffiare sulla brace di questa discordia. A suggerire quello scherno.

E non so dire cosa mi prende, non so da dove vengano fuori le parole che mi ritrovo a spingere in gola. Ma a quelle domande, mentre Parisse va cercando negli occhi vitrei di Murajo un'imbeccata, sono io a rispondere. Senza che nessuno, se non un qualche dio che solo io potevo aver visto, m'abbia sciolto dalle catene del silenzio.

- Manderà noi. Credeteci, prima che lo dica un anziano. Prima che una dea lo soffi nell'orecchio a quel vecchio veggente. Noi, manderà. Come ha sempre fatto. Me, Aurio qui di fianco che io posso chiamare fratello. Forse Marno, il maggiore dei figli di Variano, che non m'è padre ma ha in bocca anche la voce del mio, di Marso.

E si fa brusio. Le voci si rincorrono fitte, basse, puntute. Come sterpi nella boscaglia. Buoni a sfregiarti i calcagni e annodarti le caviglie. Buoni a tagliarti il cammino e sbatterti in terra, per ogni passo falso. Manterio cerca i miei occhi minacciando tragedie tra i sospiri con cui non parla. Glieli ricaccio bassi, a terra.Come un cane, buono solo ad abbaiare dal serraglio.

- Ho forse peccato? Ho mentito con queste parole, Manterio, figlio di Parisse, Signore di Bantia? Partirai al fianco mio, di Aurio e di Marno? Guiderai tu il nostro passo e sarai la voce che ci comanderà la carica?

Non risponde. Parole non ne ha. E gli occhi gli restano premuti tra le zolle, bassi.

- Sarai tu, quello.

Dicono a me. La voce arriva dall'altro lato del Cerchio. Dal tronco su cui stanno seduti i giovani Signori della costa.

- Sarai tu, Vurro, che sei caro a Mamerte.

Palnio, questa volta è lui a parlare. Suoi sono gli occhi e le orecchie di Grumento, di tutti noi Lucani. A lui per primo, gli dei suggeriscono le vie per leggere il futuro. Nel volo degli uccelli, nelle ceneri sparse dentro i cerchi sacri.

- Murajo, dico il giusto? Vurro è caro a Mamerte?

- Così dice il fabbro guerriero.

- Parisse ha salvo il sangue. E Mamerte avrà salvo il bottino, allora.

Di nuovo brusio. Più forte. Dalle parti di Parisse. Non è più il tremito delle ginocchia a far rumore. Adesso gli borbotta la pancia, che pregusta il digiuno.

- Non s'è parlato di saccheggio. Non s'è detto di bottini. Forgiamo l'anello per lavare la vergogna, Vecchio. O forse le mie orecchie antiche hanno inteso male le tue parole?

I Signori più giovani si danno di gomito. Puntano il muso avvizzito di Parisse, fatto ancora più rugoso dall'invidia per quel che si perderà. Nessuno parla. Sarà Palnio a trovare la voce giusta. Io guardo negli occhi di Variano la vergogna per la nostra gente e per il nostro cerchio, che ha per Signore una vecchia cagna avida e senza coraggio.

- Ti è caro il sangue, che non rischi. Poi t'è caro pure il bottino, che ti fa gola. Dimmi Parisse, cos'è che lasci per terra?

Murajo prova a parlare in sua vece, ma l'anziano grumentino gli taglia la voce con un gesto secco. Parisse solleva il bastone coi fregi di Bantia e lo poggia per terra, a un palmo dai suoi piedi.

- Se ho offeso gli dei, per non aver capito, chiedo perdono...

- Riporta a casa i tuoi uomini. Come faranno tutti gli altri. Ripartite domani, assieme al sole oltre i monti. Torna al tuo cerchio, nella Bantia che tanto t'è cara. E almeno, se questo ti riesce, offri carne e latte agli dei perchè veglino sul sangue migliore della tua gente.

Palnio scioglie il cerchio con gli stessi gesti lenti e studiati con cui l'aveva benedetto. Solleva gli occhi e me li ritrovo puntati in faccia. Si riscalda la gola e punta il dito.

- Murajo...

Si fa silenzio. Non stacco gli occhi dal grumentino, ma sento dentro, sicuro, che il vecchio della mia gente sta ascoltando.

- La brace che provi a spegnere, non si farà soffocare. Se Vurro è caro a Mamerte, dovrai sciogliere le sue catene. Più costringi il fabbro guerriero a battere sulla lama, più il filo sarà affilato. E tagliente.

Nel vento forte, che di colpo arriva a scuotere le fronde del noccioleto, al limitare del cerchio sacro, i Signori del Lucani sentono gli dei felici del nuovo anello forgiato. A me arriva solo l'eco della voce di quella demonia. Lo sussurra una volta di più.

- Tu sei Vurro, signore dei Lucani e padre di re.

Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora