Sta nascosta dietro il solito, dannatissimo cencio, logoro di morte e verde di sporco. Sta nascosta dietro il cappuccio appuntito che le vela il viso, ancora una volta. È lei, la demonia che si era finta viandante e Mandriano qualche giorno prima, quando ho scannato i due sanniti sotto la Vetta di Parise. Ed è forse la stessa demonia che stava nascosta nel corpo di quello stesso viandante, il giorno che ammazzai mio padre Marso.
Lei: è stata lei a far scattare avanti Ombra e Fiamma perchè attaccassero per primi tirandomi dentro a quella lotta. Lei a soffiare nelle loro teste la voglia di ammazzare, di far strage, di divorare le viscere di quei due ragazzini. Lei, ne sono sicuro, a truccarmi la vita con quella zidera impestata perchè invece di Marso vedessi di fronte una belva, un abominio. E lo uccidessi.
Sta nascosta dietro il cappuccio.
Solleva appena una mano, facendo scivolare fuori l'incarnato diafano, le dita lunghe, la pelle bianca di latte e liscia come scaglie di serpe. È la sua, la mano; riconosco le unghie nere di notte e di sciagura, lunghe e affilate come zanne di lupo.
Sta nascosta dietro il cappuccio e scivola piano, in mezzo ai Padri e ai figli. Scalpiccia senza toccare terra, come fosse fatta di vapore, infilandosi pure tra i battiti di mani delle donne.
Sta nascosta sotto quelle vesti di straccio finché non mi è letteralmente addosso.
E solo allora si scrolla di dosso quel mantello cencioso.
Solo allora, a due palmi dai miei occhi, si mostra. Finalmente.
Per la prima volta da che vivo, di fronte, sento di avere l'immagine di qualcosa di molto simile a un Dio. E sotto gli occhi, per la prima volta, mi ritrovo una demonia, un essere incantato. Qualcosa che va oltre, molto oltre, l'essenza stessa dell'umano.
È la prima volta che capisco, davvero, cosa significa la paura. E l'orrore, quello più puro.
Sento le sue unghie sotto il mento. Solleticano e pungono. Sollevo il viso, non per il coraggio di metterle gli occhi in faccia ma per il terrore che mi scanni anche solo sfiorandomi la gola. Del suo vero volto posso vedere solo le labbra, bluastre, come quelle di chi muore. E il mento, gentile, bianco come la pietra. Il naso è un'idea che appena posso intuire, mentre gli occhi e il resto del volto si perdono nell'ombra che il suo elmo le impone. Sulla fronte, come una celata, il fregio di un teschio umano. I denti, i fori del naso, le orbite vuote e terrificanti. E il crine della sua chioma, lungo, a coprirle le spalle dello stesso colore delle labbra.
Abbasso gli occhi, non riesco a sostenere quella visione, quel vuoto attraverso cui mi fissa.
Mi ritrovo le sue dita di fronte. L'incarnato pallido. E sotto, lì dove si disegnano le vene, mi sembra di poter vedere il sangue che scorre, sotto la pelle. Mi pare di scorgere ogni singola goccia. Come fossero tanti piccolissimi demoni che si affaccendano sotto quella scorza.
Vene nere, sangue morto.
Muovo un passo indietro, uno ancora. Sollevo il pugnale e provo a farmi scudo dietro la lama. È tutto inutile. La demonia lo scansa piano. Avanza, mi ruba il tempo, mi serra il polso.
- Scegli. Fa sangue. A Mamerte non importa: non esiste l'errore. Scegli!
Tremo, non mi schiodo. Sembra quasi mi debba crollare via un ginocchio, per quanto deboli sento le gambe. Non ho mai sentito una paura così distinta, forte e bruciante. Il fiato della demonia è una lama gelata che mi taglia la gola, mentre si china a sussurrarmi sciagure colandomele dritte nell'orecchio.
- Scegli, forza! O Mamerte berrà il tuo, di sangue.
E le unghie taglienti mi si artigliano al collo.
Guardo spaurito la folla intorno.
Nessuno? Nessuno.
Nessuno la vede, la demonia. Sta nascosta dietro un sortilegio, si mostra solo a me.
Tremo. Vorrei solo che tutto finisse. Voglio solo che tutto finisca!
Faccio un passo, uno ancora.
Di fronte, sulla pietra sacra, i due esserini si dimenano. Piangono strepiti e sembrano sul punto di scoppiare di sangue, per quanto sono gonfi. E rossi.
Sollevo la lama.
Le urla, il pianto, il muggire disperato del vitello. E quel battito di mani, quel rombo di piedi sbattuti in terra. Mi vortica in testa il sussurro di quella demonia, il sibilo delle sue parole. Nella testa, impazzito, il rullo di un tamburo che non smette di picchiare.
Ho Mamerte che picchia dritto in testa, con il piatto della spada.
Sollevo la lama e calo. Affondo violento. Affondo disperato un colpo solo, giù, nella carne.
E tutto quel mondo impazzito di suoni e di rombi si trasforma in un suono di stupore.
Un'onda che si gonfia e si sfascia. Proprio come il getto bollente di sangue che m'investe la faccia.
Il vitello crolla sulle zampe, mi schianta la testa sulla gamba.
Sollevo il pugnale e calo di nuovo, alla gola dell'agnello.
Un colpo secco: non piange più, non urla più.
Finalmente è solo silenzio.
Sollevo il pugnale che gronda sangue. Lo metto sotto gli occhi di tutti. Lo faccio scorrere sotto lo sguardo di ogni Padre, di ogni figlio, di ogni donna.
È una voce che non conosco, quella che mi parla piano. E muove le mie mani, adesso.
Quando sollevo la lama e lascio che faccia gocciolare sangue sui volti dei due infanti. Sulle guance, sugli occhi, dritte nelle bocche affamate di aria e straziate di paura.
Sento il vitello dare l'ultima scalciata alla vita e crepare lasciando fuggire l'ultimo respiro, l'urina e le vergogne. Sento il caldo invadermi i pantaloni. Sento il duro della carne premere sotto, contro la stoffa, contro la scorza. Sento la testa che gira e la schiena che frigge, sotto il calore che sembra impiastricciarmi, sotto le vesti.
La testa vortica e il piacere bollente di un tremito che non conoscevo mi invade.
Crollo a terra, con gli occhi che cercano luce. Sento le unghie affilate della demonia che m'artigliano con tenerezza tra i capelli, dietro la testa.
Torna il suo sibilo, il verso dell'aspide che soffia fuori dall'ombra sotto il teschio.
- Sei caro a Mamerte, Vurro di Marso. Sei caro a Mamerte, sarai padre di Re!
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Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1
FantasyBoschi dell'Italia meridionale. A spanne e braccia, gli stessi anni in cui Roma veniva fondata. Queste le coordinate di spazio e tempo. I Lucani sono un popolo di guerrieri feroci che abita la terra compresa tra il fiume Bradano e le coste del Tirre...