Vorrei rispondere. Vorrei zittire quella lingua d'aspide e quella bocca di veleno. Una vertigine. Un grigio d'ombra mi si stende di fronte, vapore e nebbia che velano gli occhi. Le ginocchia di colpo molli mi sembrano incapaci di reggermi. Scivolo piano riuscendo solo a puntare le nocche nella terra gelida e dura, il capo ciondola e il mento cozza sul petto. Non ho fiato, le tempie pulsano, il mondo attorno vortica. Non sono più, questo credo mi sembri. Ed attorno è tutto nero. E poi, di nuovo, tutto nuovo, per nuove immagini, nuove visioni, nuovi mondi che mi si svelano dopo un baglio di sole.
Alzo il capo, piglio fiato.
Di fronte, la vita di uno dei villaggi da cui questi barbari sono arrivati. Quello che guidava la carica contro i tarantini lo vedo furioso. In ginocchio, lordato di sangue, con le trecce incrostate e la pelle sulle braccia stracciata. Sul viso, i lividi gonfi di una punizione spietata. Di fronte un vecchio, coperto da un vello nero di capra. Tiene in mano il teschio di una di quelle bestie, lo guarda nelle orbite vuote e dentro chissà che ci vede. Di fianco, alcuni guerrieri con le lame snudate, l'incavo volto ad offesa su quel corpo inginocchiato.
Blatera in appulo, il vecchio. Eppure, non so per quale scherzo odioso, mi sembra di capire tutto.
- Metti i monti tra te e noi, sciagura! Porta via le tue genti e prova trovarti un pascolo nascosto agli occhi degli dei, bestemmia soffiata nell'uomo. Perchè per te e quelli che ti hanno caro, tra noi, mai ci sarà posto.
La colpa di cui si è macchiato dev'essere talmente empia da non essere buona nemmeno la morte, a pulirla.
- L'aveva detto Bathios. Verrà sangue e sciagura, su navi malferme. E voi lo accoglierete come un signore caro a noi dei. Sfuggito al mare su legno spaccato. Fuggito al mare e alle serpi degli abissi, ai gorghi profondi. E non sarà vero. Neppure Jates l'ha voluto. Figlio di Enji e Thanà, col ventre pieni di sventura e seme marcio.
I giovani armati, attorno, riprendono a scalciarlo. Lo calpestano, senza che i fili delle loro spade neppure conoscano il puzzo della sua pelle guasta, del suo sangue.
- Nei villaggi del mare t'hanno aperto le porte. Come un figlio tornato dai campi di guerra. Hai versato bugie nelle coppe e fatto piovere menzogne sulle braci che cuocevano i banchetti. Venti lune hai vagato, sui nostri sentieri, mentendo ad Ekat dei crocicchi e a Tautor dal martello di fuoco. Pane e sale hai mendicato. E ti hanno sfamato, t'hanno spento la sete.
Le parole del vecchio si incrinano, mentre nel cielo si spandono altre grida. Sottili e taglienti. Grida di una figlia ai primi schiocchi del sangue. Ed ecco altri giovani, muscoli tesi e facce feroci. Trascinano una ragazzetta tirandola a forza dai capelli lerci. Ha solo cenci logori addosso. Tiene le mani strette su un grembo troppo grosso per i giunchi che ha di sotto, al posto delle gambe. Fanno così con le pregne? O pure quella cagna è una bestemmia sputata fuori dall'Orrido?
- Keres l'aveva baciata. Gliel'avevamo consacrata che ancora non faceva che piangere e succhiare. Lavata nel latte delle capre più sante. Solo il tempio conosceva. E il calore del fuoco sacro l'atea protetta dai morsi del freddo e dalle grida della notte. Per ogni luna che era salita in cielo...
La cagna scalcia, strizza i polsi di chi la tira, provando a spegnere un po' il dolore infuocato che le scuote la testa, i capelli. I graffi delle pietre e della terra dura le grattano via la scorza e le strappano le vesti. Ha la pelle nuda, il grembo offeso che sanguina. Quando la scaricano a fianco del guerriero, uno dei giovani le sbatte una pedata dritta in pancia. Poi, piovono sputi e vergogne, sul suo viso e sulle sue spalle.
- Con la scusa dei sacrifici a Keres e Tautor hai infilato nel suo cuore puro i tuoi sibili di veleno. Hai piantato erbacce e rovi nel suo cuore pulito. Hai sputato su ogni preghiera e sparso vergogne sui sacrifici. Fino a piantarle tra le cosce il tuo seme nero, come un innesto di morte. Bestemmia.
Punta i pungi in terra, quel barbaro massacrato di tagli e lividi. Ringhia e resta in piedi, tra i calci e i pungi di chi gli sta intorno.
- Io sono Graah - Lish, padrone di quel che si tocca. Così mi avete chiamato, quando sono sceso dalla nave. Questo, altri vecchi come te, hanno detto che era il mio nome. E questa è Keria. E la posso toccare. Tu hai sotto le mani quel che non si può vedere. Solo quello ti è dato governare. Solo su quello tu hai potere...
- Lei è come me. È signora di quel che non puoi vedere. E su di noi, l'unica mano è quella degli dei. Tu, Jllir, sciagura di genti, sei vanato. E dannata è lei, Keria, cagna di Jatès. Dannata è la bestemmia che le hai seminato in pancia, dannata è la sciagura che le cresce tra le cosce.
Il guerriero scaccia con un rantolo furioso i giovani che gli stanno attorno. Gattona lo spazio che lo divide dalla ragazza e se la tira al petto senza grazia. Poi pianta gli occhi che sembrano una fiamma nera di furia dritti nelle orbite cieche del vecchio lì di fronte.
- Ammazzaci adesso, allora. Scannaci qui, come capre sporche, lontano dai cerchi, sulle pietre di presso alla cloaca. Scannaci qui se lo vogliono gli dei. E se hai sangue caldo abbastanza a comandarlo.
Il vecchio sputa in terra e sopra, a memoria, ci passa il calzare. Per cancellare anche quella traccia di disprezzo.
- Nemmeno la cloaca vuole il sangue tuo. Raccatta gli empi che ti seguono e lascia i nostri villaggi. Stringiti attorno i disperati che hai comprato in giro, promettendo menzogne e soffiando sulle braci dell'invidia e dell'arroganza. Se quando la luna sarà sorta sarete ancora tra le nostre case, a ciascuno di voi spezzeremo le gambe. E premeremo i vostri corpi, fino alla cintola, nelle porcilaie. Vi avranno le mole dei porci. E quando si saranno riempiti gli stomaci, della vostra carne guasta, offriremo loro a Keres e Bathios. Per lavare la bestemmia e pregare il loro perdono.
Con un cenno stizzito comanda ai giovani di mollare la presa.
Vedo quel guerriero cadere d'affanno sulle spalle della ragazzetta. Piange sommessa, lì sotto. Lui recupera il fiato, la stringe, solo adesso, con qualche oscura tenerezza.
- Oltre il mare, gli dei vogliono questo...
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Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1
FantasyBoschi dell'Italia meridionale. A spanne e braccia, gli stessi anni in cui Roma veniva fondata. Queste le coordinate di spazio e tempo. I Lucani sono un popolo di guerrieri feroci che abita la terra compresa tra il fiume Bradano e le coste del Tirre...