Buda ha il ventre marcio (4)

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Il fiato di qualche dio beffardo. Non ci sono altre spiegazioni.

Solo il volere di qualcuno dei figli bastardi sparsi da Mamerte in giro per le mille guerre può avermi condotto con l'inganno fino a questo crocicchio. Solo il gioco malsano di una demonia come quella che mi perseguita da che ho memoria può avermi confuso così bene il sentiero da farmi finire così tanto fuori strada.

Perché questo non è il bivio che conduce agli altari sacri del passaggio e alle gole di Euclo, verso il mondo di sotto. Questo è il crocicchio che conduce all'antico cerchio dei viandanti. È la testa del sentiero nascosto che presi il giorno in cui Marso mi trascinò lontano. Così lontano, perché nessuno sapesse che ero stato io ad ammazzarlo.

- Lo sai anche tu, vero?

Non capisco cosa mi chieda lo spirito di mio padre, o forse solo una volta di più quell'essere ripugnante.

- Lo sai bene che è il prezzo da pagare, Vurro.

Sì, lo so. Inutile fingere, inutile mentire anche a me stesso.

Non è stato un dio bugiardo a guidarmi qui. Non ci sono state lamie a confondere il sentiero.

Qualcosa, dentro, ha sentito il bisogno di arrivare fino qui.

Qualcosa ha pensato che fosse giusto chiudere qui, con un ultimo tratto di sangue, il cerchio che ho iniziato a tracciare anni fa.

Facendomi uomo. Ammazzando mio padre.

Ed è come se quella carogna che porto nascosta ad ogni sguardo nel fagotto lo sapesse, è come se quella bestia l'avesse capito. Perché adesso, invece che dimenarsi e mordere, senza grazia e senza rispetto, s'è fatta di colpo fredda, quasi immobile. Si finge morta, quella belva malsana. Prova a beffarmi anche lei. Come ha fatto pure il mio cuore fino ad un attimo fa.

Pizzico, senza rimorso. Stringo forte qualcosa, lì sotto. Stringo tra indice e pollice. Faccio un cappio con le dita e cerco la testa da stritolare. E quel mostro, invece di morire, mi sguscia sotto il palmo, fuori della morsa.

Solo qualche altro passo. Mi ripeto che bastano solo altri pochi passi e sarò tra le pietre sacre. Tanto vale avere pazienza. Tanto vale sopportare quel peso che è nulla tra le mie braccia e sotto le mani, ma è una cappa di metallo premuta sul cuore. Sopportarlo ancora per pochi respiri.

Arrivo alle pietre che non ho nemmeno finito di pensarlo.

Non rivolto via nemmeno la stoffa. Premo quel fagotto sulla roccia sporca, bordata di muschio e lordata di sangue.

È la stessa pietra su cui stava seduto Marso, quando il mondo è impazzito, quando io sono impazzito. Quando gli sono saltato addosso.

Premo sulla roccia quell'essere e snudo la roncola, senza nemmeno guardare. Non penso al nodo che la tiene stretta, non cerco a memoria di ricordare che passi abbiano fatto le corregge; le dita si muovono veloci; sanno già tutto. Sguaino la lama e nel rosso del cielo che le si spalma contro il piatto mi sembra già tingersi di sangue.

Il fagotto si muove, scalcia e si dimena. Morde ancora, un'ultima volta, feroce come mai.

La lama gli crolla sopra, tagliandolo per metà.

Pure la stoffa finisce tranciata sotto il filo impietoso.

Quello che cola giù, spurgato fuori da quel corpo, è sangue nero. Lo stesso che vedo scorrere tra le vene di quella demonia, ogni volta.

Abbasso gli occhi, su quei due involti separati da uno schizzo di tenebra. Le dita indugiano solo un istante sui lembi del mio mantello.

Mi manca il coraggio.

Mi manca la forza di rigirarmi la stoffa tra le dita e spogliare quei pezzi di corpo. Per guardare mio figlio almeno una volta.

- Pensaci bene, Vurro. Perchè Buda non potrà dartene altri.

Di nuovo il gracchio di quella megera. Ancora lei.

- Mamerte mi ha incoronato. Nessuno può spogliarmi...

- Sarai Signore, al tempo. Te l'ho forse negato?

Resto immobile. Come fosse una domanda, lo sguardo cade sull'altare e su quella cosa tranciata a metà.

- Già: la discendenza! Scaccia via Buda e il suo ventre marcio. Ne avresti tutti i diritti...

Occhi che cercano quel viso. Occhi pieni di disprezzo, devono essere. Perché la demonia a quello sguardo risponde con una bestemmia beffarda.

- Se non ti riesce di scacciarla, puoi sempre ucciderla... Non sei nuovo a certe empietà...

Parole che mi scorticano il viso e mi cavano gli occhi.

Serro le palpebre. Carico, disperato, la roncola alta che crolla alla cieca.

Quando apro gli occhi la demonia è solo un passo più in là.

- Toccherà frugare le porcilaie, allora. E trovarti un bastardo da crescere...

Per la prima volta, da che la conosco, le labbra color della morte sembrano incresparsi. Come fosse un sorriso, quello con cui accompagna quelle ultime parole.

Come fosse un presagio che s'avvera, in quel momento, a farla felice.

Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora