Il cerchio sacro: non è la prima volta che ci siedo.
Prima di stanotte, però, nessuno aveva mai aspettato che fossi io il primo a parlare. Il primo dopo Murajo, che deve benedire ogni sedile, con le saggine di nocciolo che bruciano a brace.
- Figli dei Padri...
È la prima volta che sono i giovani quelli seduti sulle pietre più vicine al fuoco. Non ci era mai stato dato l'onore di essere al cerchio da seduti. Murajo va avanti, con il gracchio del corvo a spaccargli la gola e rompergli la voce. Pesca dal catino dei ricordi i giorni antichi del villaggio, i passi suoi, di Parisse e dei primi Padri. Il mistero è come faccia a tenerci tutti, uno alla volta, sotto il suo sguardo. Non è solo l'abitudine a muovere le sue pupille vuote all'altezza di chi siede. Perchè per ciascun punto in cui il suo sguardo si sofferma, il nome sulla sua bocca è quello giusto.
- Il sangue nuovo è quello che ci serve. E più ancora che a noi, Padri e Figli, serve a voi. Perchè è il cerchio che traccerete che ne ha bisogno. È il posto che chiamerete casa che ne ha sete.
Murajo continua.
Le parole sono una cantilena che racconta a ciascuno dei figli presenti la storia del nostro villaggio. Le gesta di guerra di Parisse, le visite di Mamerte, sotto forma di lupo e di cinghiale. Le amicizie coi villaggi vicini. Le guerre di capriccio, con quel Signore o quell'altro. Per un fiumiciattolo già secco, per un pascolo, per una sorella rubata o una cugina non divisa.
E io sono stanco.
Io fatico a tenere a freno i piedi, che scalpicciano nervosi.
Ho le gambe che fremono e non riescono trovare pace: ora dritte, ora rannicchiate con le ginocchia a premere sotto il mento.
Perché tutte queste storie, dieci e cento volte le ho già sentite.
Da Murajo attorno al fuoco, quando doveva rincorrere il passato per tirare fuori esempi e spiegare quello che ci aspettava, quello che Cerere e Mamerte avevano in serbo. Oppure, le stesse storie, ma con tinte e suoni diversi, le avevo sentite da Marso, al pascolo, lontano da tutti. Quando faceva in modo che non dimenticassi che Murajo era un infido storpio roso più dall'invidia che dal mestiere di veggente. E quando mi ripeteva che Parise era solo un vigliacco, uno che in guerra e al saccheggio arrivava sempre per ultimo, quando da schiacciare a terra sotto il piatto o il taglio della spada c'erano rimasti solo i vecchi o quelli senza un pelo addosso.
- Farete strage, perché il sangue è quel che di più sacro ha un villaggio. Perché il sangue è il simbolo dei giorni a venire. Il sangue è vita, prosperità. Il sangue è casa e certezza. E nessuno lascia andare via il sangue dei suoi cari senza versare il proprio.
Le parole di Murajo, adesso, si fanno più cupe.
Tagliano come minacce, pungono come maledizioni. Parla a tutti, il vecchio avvizzito. Ma la sua lingua, per primo, sfregia me. Perché è me che il cerchio metterà al comando. Perché Mamerte ha comandato che sia così.
- Farete strage e dovrete sapere dimenticare ogni pietà. Farete strage, perché sarete voi a morire, se non sarete pronti a spargere lutto e sciagura. Farete strage, perché così è caro a Mamerte, quando si traccia un cerchio nuovo.
Solleva lo sguardo, adesso. Per quelle che sembrano le ultime parole, quelle che gli rodono via le ultime forze. Quelle che quasi grida, invece di rantolare. Quelle che schiocca fuori come i versi impazziti di una faina.
- Farete strage per voi. E farete scempio per noi. Perché un sorso del sangue che porterete indietro, dovrete lasciarlo a chi resta qui. Perché non solo il vostro sangue, dovrà essere fresco. Ma anche quello che resta qui, dovrà essere lavato. È il vostro ultimo omaggio a chi vi ha protetto, nutrito. A chi vi ha fatti uomini.
E cala il silenzio, dietro al rombo d'approvazione dei Padri, dietro il tramestio dei loro piedi che battono furiosi e dei manici delle loro roncole appese alla cintura, scosse nei foderi.
Finalmente, il vecchio rimette a sedere le quattro ossa mangiate dal freddo e dagli anni. Parise non fa altro che sollevare la saggina mezza consumata dal fuoco e passarla a me. Non dice mezza parola, non si fa scappare un sussurro.
Perché, adesso, ora sta a me.
Sta a me scegliere, uno per uno, i compagni d'arme che trascinerò dietro. Quelli che faranno razzia, ruberanno il sangue, torneranno con onore e futuro. Quelli che saliranno al valico con me, dopo, in cerca di una terra nuova, quando Mamerte dirà a Murajo che ci è permesso.
Ho vissuto un anno, per questo momento.
Ho vissuto aspettando in silenzio. Pregando ogni notte che quel giorno non mi trovasse incerto. Ho consumato stecchi e sterpi, a furia di roderli, per l'ansia e l'impazienza.
Perché sapevo già quali spalle avrei toccato, senza dire una parola.
Perché del mio destino sapevo già tutto.
E ora, adesso, non serve fare un fiato.
Resto in silenzio.
Mi sollevo.
Alzo la saggina al cielo e abbasso il capo.
I fratelli che voglio accanto li conosco uno per uno. Li ho sentiti bisbigliare. Ho riconosciuto ciascuna delle loro voci, nelle preghiere che alzavano a Mamerte perché io li scegliessi. Non ho bisogno di guardare per indirizzare il fumo benedicente a ciascuno di loro.
Saremo in otto, domani. Saranno sette i miei fratelli al fianco.
Abbiamo fame di gloria e sete di sangue.
Saremo lupi. Come mai lo siamo stati. Feroci, come mai le genti del Sannio ne hanno conosciuti.
Di noi, domani, canteranno le genti.
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Vurro dei Lucani - Hylliria Vol.1
FantasyBoschi dell'Italia meridionale. A spanne e braccia, gli stessi anni in cui Roma veniva fondata. Queste le coordinate di spazio e tempo. I Lucani sono un popolo di guerrieri feroci che abita la terra compresa tra il fiume Bradano e le coste del Tirre...