XXVII

1 0 0
                                    

<Giusto per sapere. Lei crede davvero nella pista del veleno, dottor Watson?>.
Olivier pone questa semplice domanda, come se dalla risposta ad essa, lui possa comprendere a pieno che tipo di persona ha davanti.
<Ci credo>, risponde l'uomo convinto delle sue capacità deduttive.
<Allora lasci che le dica una cosa. Mai essere troppo sicuro delle proprie supposizioni. Soprattutto se ci sono in gioco le vite delle persone>.
Anche questa seconda frase, è mirata ad ottenere una risposta precisa, e l'agente dell'Interpole è fermo sulla sua voglia di sapere che tipo di persona li si trova davanti.
<Sono dell'idea che un criminale in meno sulla faccia della terra, non sia esattamente un male>.
Poe tace.
Soddisfatto dalla risposta ottenuta, comprende che alla fine, per quanto cerchi di apparire diverso da lui, alla fine, sia il dottore che se stesso, sono composti della medesima pasta.
Anche se, per confermare con certezza questa affermazione, bisognerebbe sottoporlo ad un'esame finale.
Un'esame che però, al momento, può attendere.
<Ti aspetto alla macchina O'Nile>, se ne esce l'agente, abbandonando la stanza dell'hotel.
I tre rimasti all'interno, si guardano per pochi istanti in faccia.
Watson, malgrado stia cercando di combattere questa sua dipendenza, necessita di un cocktail da bere. Necessita di alcol per sentirsi bene con se stesso.
Matthew, controllando l'orario dal proprio smartwatch, si rende conto che deve assolutamente lasciare questa "riunione" poiché ha un appuntamento dall'avvocato per la questione divorzio.
Mentre Martina, infastidita per l'affermazione detta dal dottore, cerca di nascondere la cosa nella maniera migliore possibile, sicura che nessuno sia in grado di riconoscere questo suo stato.
<Io devo andare. Ma Dottore, le devo chiedere di non lasciare il paese. Potrebbero anche essere necessarie le sue conoscenze> comunica l'agente, pronto a levare anche lui le tende dalla stanza.
<Esistono i telefoni>, commenta l'uomo mostrando il proprio.
<In alcuni casi, è meglio non lasciare tracce digitali. Soprattutto con i tempi che corrono>.
O'Nile scandisce bene l'ultima frase, facendo ben intendere che probabilmente potrebbero spiare le chiamate ed i messaggi.
Il professore si guarda l'orologio e, notando l'ora, si rende conto di un problema.
<Io dovrei compiere il check-out fra poco meno di un'ora>, spiega.
<E non può permettersi qualche giorno in più?>, domanda Matthew, intenzionato a risolvere il problema in meno di un minuto.
<Le mie finanze non lo permettono>, risponde secco.
L'agente si guarda intorno, facendo cadere l'occhio sulla collega. Unica sua soluzione rapida.
<Sanchez...>, inizia a dire, ma lei subito lo zittisce prendendo in mano la situazione>.
<Può stare da me, ma solo per questa notte. Poi dovrà trovarsi un'altra sistemazione>, esclama lei, infastidita dalla cosa, ma pronta a compiere questo "sacrificio", scusando con la sua scusa preferita: lo faccio per un bene superiore.
<Grazie mille Sanchez. Dottor Watson, se sarà necessario un io intervento, mi farò sentire>, commenta l'agente uscendo dalla stanza e immettendosi nel corridoio dell'hotel.
<Arrivederci agente>, risponde l'uomo, quando già esso è sparito.
I due rimasti, si guardano con sguardi vuoti, fino a quando Martina non prende in mano le redini.
<Fra due ore al bar dell'hotel> e, detto questo, ella esce anch'essa dalla stanza. Ora mostrandosi palesemente infastidita.
Leonard se ne accorge, e passa le successive sue ore in compagnia di un paio di cocktail, le due valigie e la sua musica, seduto ad uno dei tavolini del bar, cercando di rilassarsi per i giorni che verranno.

Sulle note di Bloody Mary, di Lady Gaga, intenzionato a terminare il suo quarto cocktail fatto preparare dal barman appositamente per lui, il Dottor Watson si vede apparire la figura dell'agente Martina Sanchez.
Questa, esordendo con uno sguardo altezzoso, osserva il bicchiere quasi vuoto davanti all'uomo.
<Che numero è della giornata?>.
<Non importa quanti ne bevo. A patto che io abbia abbastanza alcol in corpo da sopportare le ore di veglia>, risponde lui, terminando il cocktail in un solo sorso.
<Sono così difficili?> domanda lei, cercando di mostrarsi apprensiva.
<Molto più di quello che voglio dare a vedere>, risponde lui secco.
Si alza in piedi e afferra entrambe le valigie.
Lei, capendo che non è un argomento del quale tiene a parlare, li fa strada.
Escono dall'Hotel e s'infilano in una delle vie adiacenti, fermandosi davanti ad una 500 bianca.
<Le apro il bagagliaio>, dice lei aprendo la portiera e cliccando un pulsante sulla plancia.
Fatto ciò, da dietro la macchina si sente un click, il che fa capire che il bagagliaio è stato sbloccato. L'uomo vi si avvicina e, appoggiando una delle due valigie sul suolo, lo apre. Ripone entrambi i bagagli al suo interno, e lo richiude. Assicurandosi di non picchiare eccessivamente lo sportello nel momento in cui lo abbassa.
Dopo di che, si avvicina alla portiera del posto passeggero. Si ferma a guardare la donna, già seduta e con il motore acceso. In attesa che l'uomo entri.
Lui si guarda intorno, come fosse terrorizzato che qualcuno lo stia spiando.
<Qualcosa non va?>, domanda lei incuriosita dal comportamento del professore.
<No. Tutto apposto>, risponde lui non del tutto convinto.
Si sistema il colletto tirandolo più su possibile, per poi entrare in macchina. La quale, appena la portiera viene chiusa, s'immette nel traffico della capitale italiana.

Il Cifrario di NiceaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora