XII

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Olivier Poe, ritrovatosi all'improvviso con l'ufficio pieni di colleghi, non riesce a pensare ad altro, se non alla sfuriata di Morlatto.
Per quanto è contento di essersi finalmente tolto di mezzo l'agente Sanchez, è in parte dispiaciuto per lei. 
Immedesimandosi infatti, inizia a pensare che avrebbe compiuto le medesime azioni. Dato soprattutto il suo passato, per certi versi molto simile.
E mentre gli altri agenti, palesemente in attesa di ottenere notizie importanti, non sembrano intenzionati a considerarlo, lui si avvicina alla grande tavola e afferra il fascicolo su Javier Sanchez.
Finge di ispezionarlo, e non appena nessuno lo guarda, se lo infila sotto la giacca.
In fretta, prende il cappotto e si assicura di avere le chiavi dell'auto in una delle sue tasche.
Esce dall'ufficio alla velocità della luce, come se avesse dimenticato qualcosa di importante e di molto urgente, tanto che alcuni colleghi lo guardano curiosi. Ma nessuno di loro è realmente intenzionato ad andare oltre a quella semplice dimostrazione di fretta.
Sta scendendo le scale, quando, svoltando ad una delle curve strette, si scontro contro il collega O'Nile, appena rientrato dal fitto traffico della capitale.
<Oh, dove vai così di corsa?> domanda questo, notando la fretta del collega.
<Da Sanchez>, risponde lui finendo di indossare il cappotto.
E, nel fare ciò, la cartella che ha appena rubato, cade a terra.
Matthew, la nota ancora prima che essa tocchi il pavimento. E, intenzionato a nascondere la cosa, si china rapido per riordinare tutti i documenti che ne sono usciti.
<Ma che cazzo stai facendo?> domanda O'Nile, non capendo cosa sta succedendo.
<Senti, Sanchez potrebbe perdere il lavoro e non voglio che non sappia la verità sul padre>, spiega frettolosamente Olivier.
<E per questo motivo ti metti a rubare dei documenti su un'indagine in corso? Ti sei bevuto il cervello?> esclama l'agente, impegnandosi nel mantenere un tono di voce basso.
<Le dirò che potrà tenerli fino a domani mattina. Poi, in mattinata, tornerò da lei per prenderli. Li metterò a posto e nessuno si accorgerà di niente>.
Neanche il tempo di terminare la frase, che già si è rimesso a correre per i corridoi.
<Certo, non lo saprà nessuno... all'infuori di me, ovvio>, commenta Matthew, ben conscio che il collega è troppo lontano per poterlo sentire.

E mentre O'Nile si dirige nell'ufficio, dove tutti gli altri agenti fremono dallo scoprire qual è il messaggio cifrato, l'agente si rende conto che il collega, nella fretta, si è scordato il cellulare sulla propria scrivania. E, assieme ad esso, ancora più importante il cercapersone che ogni agente deve avere con se.
Idiota.
Intenzionato a consegnare a Poe i due oggetti, sapendo quanto soprattutto il cellulare sia importante per lui, prima che questo esca dall'edificio, si appresta nel prenderli, infilarseli in tasca, ed uscire dall'ufficio per tentare di fermare la volante prima che esca dal parcheggio.
Corre talmente veloce che è certo di lasciarsi alle spalle anche un polmone.
Ma, per il rotto della cuffia, riesce a fermarlo poco prima che esca dal commissariato.
<Ma che cazzo hai?> domanda Poe, notando il fiatone del collega.
Questo, di tutta risposta, ansimando come solo una persona che ha appena terminato l'iron man saprebbe replicare, estrae i due oggetti dalla tasca del cappotto.
<Idiota> si dice da solo l'agente.
Scende dalla macchina e si appresta a riprendere le cose quando, come se fosse un segno del destino, il cellulare inizia a squillare.
L'agente risponde immediatamente e, terrorizzato da quello che l'interlocutore sta dicendo, salta al volante della macchina, facendo cenno al collega di seguirlo.
Questo esegue e subito si ritrova per le vie della città, a sfrecciare sui 90km orari di media.
<Ma cos'è successo?> domanda O'Nile, preoccupato anch'esso per la situazione.
<Mio figlio> risponde l'altro, intento a schivare le macchine, sfruttando le luci e le sirene accese del veicolo.
<Tuo figlio cosa?>.
<L'hanno ricoverato. Ora è in reanimazione>.
<Cosa?! Che diavolo è successo?> esclama sorpreso Matthew, il quale ha visto poche volte il collega, sfrecciare in quel modo con la macchina. Non curante dei segnali, dei semafori e di tutte le altre persone che vi navigano.
<Qualcuno ha tentato di ucciderlo>.
Questo basta all'agente per rimanere di stucco.
Ma lo sarebbe ancora di più se entrambi avessero fatto caso al furgone anonimo, parcheggiato in uno dei posti riservato agli agenti, nel parcheggio del Quartier Generale.

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