L'agente Sanchez, dopo più di due giorni di lavoro no-stop, è crollata sulla scrivania a causa della stanchezza.
Seduta sulla sedia girevole, è stravaccata su una quantità di scartoffie infinite.
L'ultimo caso, dal quale in teoria sarebbe esonerata, non fa altro che farle pensare al passato. E a causa di esso, non riesce a resistere all'arcaico richiamo della vendetta.
Sul bordo della scrivania, indecisa se cadere o meno, la tazza che negli ultimi giorni ha visto più caffè di ogni altra all'interno del QG. Ancora ha del caffè al suo interno, malgrado sia ormai freddo da un po'. Su di essa, vi è quel poco di rossetto color cremisi che la Sanchez usa solitamente.
Fa risaltare i miei capelli, commenta solitamente lei, quando qualche qualche collega fa degli apprezzamenti su di esso.

Il Cellulare ricomincia a vibrare e sul display appare lo stesso nome che nelle ultime due ore ha tentato inutilmente di mettersi in contatto con l'agente dell'Interpole.
La vibrazione viene percepita dall'addormentata, la quale ne è infastidita, ma troppo stanca per tentare di chiudere la chiamata. Cerca di allungare la mano sulla scrivania, per cercare il telefono, ma non ha neanche le forze di compiere questo semplice gesto. Troppo stanca anche per realizzare che sta dormendo sul posto di lavoro, e che deve ringraziare il fatto di avere un ufficio tutto per lei, così da non venir infastidita da possibili colleghi rumorosi.
Senza contare che in molti la credono in ferie.
Soprattutto dopo che l'assassino è abbastanza famoso all'interno dell'Interpole Italiana, a causa del suo operato di cinque anni prima.  Causa che fra l'altro, è il motivo della sospensione dalle indagini dell'agente Sanchez, la quale, testardamente, ha deciso ugualmente di indagare tenendo all'oscuro il suo superiore di questa decisione rischiosa.
Rischiosa non solo perché il l'assassino è molto pericoloso e ha dimostrato capacità mostruose, ma principalmente per il legame che l'agente ha con esso.

Passa un'altra ora prima che Martina Sanchez si desti dal proprio sogno.
Più stordita che riposata, alza la testa dalla scrivania e cerca di staccare uno dei fogli che le si è attaccato alla faccia.
Tira su di naso, come per respirare l'aroma di caffè che ancora permea nell'ufficio. Per poi strizzarsi gli occhi e sgranchirsi le gambe allungandole sotto la scrivania.
Quando prende in mano il telefono quasi perde un battito. Non solo per l'orario, 11:31, ma anche per le oltre ventinove chiamate perse dal suo superiore.
Elia Morlatto.
Appena si rende conto di ciò, scatta in piedi.
Si sistema il vestito grigio chiaro cercando di nasconderne le pieghe. Sistema i capelli alla meno peggio e tracanna le ultime gocce di caffè freddo rimaste sul fondo della tazza. S'infila il telefono in tasca e, non curante del trucco sbavato, esce dall'ufficio.

Camminando nei corridoi del Quartier Generale, ignora gli sguardi dei colleghi. Alcuni sono divertiti, altri straniti, ed altri sono solo sorpresi di vederli. Altri tentano di salutarla, mentre moltissimi altri preferiscono evitare di farlo.
Raggiunge infine l'ufficio del capitano, e stando davanti alla porta, si sistema nuovamente la giacca, cercando di mettere a posto anche il nodo della cravatta. Il quale è da rifare interamente da capo.
<Serve una mano?>.
La voce di Iris, la segretaria del capitano, fa voltare Sanchez di scatto.
<Il capitano Morlatto vuole vedermi> risponde l'agente, bussando alla porta e scansando la segretaria impicciona. La tipica signora anziana del palazzo che sa tutto di tutti ma non si sa niente di lei.
<Avanti>, si sente da dietro la porta. La voce sembra agitata, ma Sanchez è troppo stordita a causa del suo pisolino per accorgersene.
Apre la porta e la richiude dietro di se, nell'esatto momento in cui il capitano Elia Morlatto ripone il telefono fisso.
I due hanno si squadrano per pochi istanti.
Al contrario della trasandatezza della Sanchez, il capitano presenta invece un'apparenza impeccabile.
Vestito con un abito tre pezzi gessato blu, indossa una elegantissima giacca doppio petto, sotto la quale si vede bene una camicia bianco latte e una cravatta grigia chiara con una fantasia a righe.
<Sanchez>.
La voce del capitano è quasi pari a quella di un padre. Il quale è obbligato a vedere la figlia tornare all'alba dopo che ella si è spaccata di alcolici e droghe per tutta la notte.
<Capitano Morlatto. Voleva vedermi?>, domanda l'agente cercando di ignorare lo sguardo e la voce del superiore.
<Dimmi che non hai dormito in ufficio>.
<Non ho dormito in ufficio>, risponde lei, accontentando il suo volere.
<Stai lavorando sul caso?> domanda lui con tono severo, cercando di incutere in lei timore.
<Sì>.
<Perché?>.
<So che sono stata sospesa da quel caso, ma io ho bisogno di sapere> risponde lei, avvicinandosi alla scrivania.
Il capitano però alza la mano e le fa capire di stare ferma dov'è.
<I nostri migliori agenti ci stanno lavorando. Il tuo aiuto non è necessario> commenta lui, abbassando lo sguardo su alcuni documenti posti sotto i suoi occhi.
<I tuoi migliori agenti sono degli incapaci>.
<Modera i termini in mia presenza> la richiama lui, alzando la voce.
<Senza offesa capitano, ma l'assassino è ricomparso più di un mese fa, e ancora non ci sono piste. Per di più, è comparso in America, e non qui in Europa. Quindi perché deve essere proprio il nostro ufficio a doversene occupare? Sprechiamo solo tempo. Lasciamo che sia il Quartier Generale in Messico ad occuparsene, essendo che è stato la il primo episodio da quando è tornato>.
<Agente Sanchez> - la richiama Elia per farla tacere. - <Non sei tu al comando ne di questo edificio, ne di questa indagine. Pretendo quindi che tu ti faccia gli affari tuoi e non cerchi di immischiarti in queste cose. Come l'Interpole decide di compiere le indagini non è affar tuo. Ma giusto per rispondere ad una tua curiosità, c'è ne occupiamo noi perché il primo omicidio è stato compiuto qui in Italia. Ed ora, vattene a casa e riposa. Domani ti metterò su un caso>.
<Ma c...>.
<A CASA>.
La voce imperativa del capitano è facilmente udibile dal corridoio. Tanto che alcuni agenti, nell'udirla, s'arrestano. Rimangono immobili per pochi istanti prima di tornare a svolgere le loro faccende. E malgrado siano molto curiosi di sapere l'identità dell'agente all'interno dell'ufficio, sanno bene che non si tratta di una buona idea.
E quando l'Agente Sanchez abbandona la stanza, alcuni alzano gli occhi al cielo, come dandolo per ovvio che fosse a causa sua che il capitano ha alzato la voce.
Per quanto l'agente Martina Sanchez odi l'idea di andare a casa a riposare e lasciarsi questo caso alle spalle, non è una cosa alla quale può sottrarsi. Sa bene quando il capitano Morlatto abbia la fama di richiamare per insubordinazione gli agenti che si oppongono al suo volere. Ma non ha intenzione di starsene con le mani in mano, fino a quando l'assassino non verrà sbattuto in carcere, o freddato da un colpo di pistola.
Su una cosa sola il capitano Morlatto ha però ragione: lei è stanca.
Martina infatti si rende conto da sola che al livello attuale è troppo stanca per poter lavorare lucidamente sul caso, e l'idea di starsene a casa per qualche ora così da poter fare una vera dormita, non le dispiace tanto.
Passa dal suo ufficio per prendere il soprabito e si avvia verso il parcheggio sotterraneo. Sta per salire in macchina, quando vede arrivare l'Audi del capitano.
Si nasconde per vedere chi ne esce, ed il primo a scendere è l'agente Poe.
Lei lo odia: troppo serio e rigiro alle regole per poter fare davvero carriera nel caso di questo sicario, per il quale è necessaria una flessibilità che lui forse neanche conosce.
Il secondo è l'agente O'Nile. Stupidamente simpatico. Un bambino nel corpo di un quarantenne. Un individuo troppo ingenuo per lavorare ad un caso così impegnativo.
La terza persona a scendere dalla vettura, è un individuo che l'agente Sanchez non si sarebbe mai immaginata di vedere in questo luogo.
Non è possibile che sia lui.
Da grande fan dei suoi libri, Martina Sanchez è sorpresa di vedere che il famosissimo Dottor Watson è a pochi metri da lei.
Ma se si trova qui, per di più ci è arrivato scortato da due agenti che lavorano al caso del "Killer della Bibbia", non è certo un caso.
Anzi, tutt'altro.
Ci mette un po' a collegare i punti, ma alla fine capisce: una consulenza.

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